venerdì 19 luglio 2019

Riverdale (2a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/07/2019 Qui
Tema e genere: Seconda stagione per la serie teen ispirata all'omonimo fumetto in dote ad Archie Comics e messa in onda da The CW.
Trama: La seconda stagione riprende da dove si era conclusa la prima, con lo sparo a Fred Andrews (Luke Perry), padre di Archie, al Pop's, storico locale della zona. Archie (KJ Apa), in una corsa contro il tempo, guida il furgone del padre per portarlo all'ospedale. Ma presto si scoprirà che la rapina era tutta stata inscenata (da Pop's non è stato rubato nemmeno un centesimo), da qualcuno di ben più imprevedibile e pericoloso. Una trama giallo-mistery che ripercorrerà tutta la stagione finché non verrà svelata l'identità del presunto ladro, che sarà etichettato come Blackhood, il boia di Riverdale.
Recensione: Dopo un po' di attesa si ritorna nella città città maledetta, che sperava in un nuovo inizio, ed invece ha riscoperto solo paura e terrore, Riverdale. Un ritorno che avviene con una seconda stagione in cui le atmosfere si fanno decisamente più cupe e dark, con una seconda stagione di una serie che dopo il clamoroso (e giustificato) successo della prima stagione (qui) si è regalata l'ennesima occasione di sorprendere, sebbene rispetto alla prima diciamo che questa stagione non spicca tanto per la trama, di per sé intricata ma con un impatto notevolmente inferiore. Tuttavia ancora positiva è la sorpresa, per una serie, un piccolo gioiello, che continua ad appassionarci e sconvolgerci ad ogni episodio. Infatti, la sceneggiatura, il teen drama perfettamente shakerato al thriller, la splendida fotografia la cui cromatura rispecchia perfettamente quella di un fumetto, il talento del cast (vuoi quello giovane, vuoi quello un po' più esperto) e il timing attento della regia, hanno contrassegnato questo show come un prodotto di sicura qualità, un lavoro minuzioso e ben costruito, che si conferma anche questa volta, nonostante qualche piccola, più marcata, defaillance. La seconda stagione difatti, riparte dalle vicende lasciate in sospeso nella prima e introduce nuovi personaggi e idee, ma con risultati altalenanti. Se in precedenza avevamo due linee temporali (la trama principale e i flashback degli eventi direttamente prima o dopo l'’omicidio di Jason Blossom) con questa seconda stagione si raddoppiano le strane convenzioni narrative, aggiungendo momenti onirici che appaiono reali ai protagonisti, momenti che non sempre hanno molto da spartire con il clima cupo e oscuro della narrazione generale. Molti personaggi infatti, come per esempio Josie (Ashleigh Murray) e Kevin (Casey Scott), sognano di essere uccisi da Blackhood nei modi più crudeli. Spesso lo spettatore è tratto in inganno dalle scene oniriche, per poi tirare un sospiro di sollievo non appena la narrazione torna alla realtà. Il musical Carrie, scelto come modalità di messa in scena proprio nel segmento più cupo della stagione, appare invece abbastanza forzato, sebbene i ragazzi interpretino personaggi che somigliano alle loro personalità reali. La seconda stagione di Riverdale segue poi le orme della precedente, soprattutto per quanto riguarda la tematica principale. Il doppio, la tenebra che si annida nel profondo dell'animo umano, torna più forte che mai. Insomma qualcosa di già visto, e qualcosa che avrei preferito non vedere. Ma nel complesso questa stagione, che si fa più cupa e tetra, giacché ora Riverdale non è più la città del brio ma del caos e della confusione, dove nessuno si fida più di nessuno, dove tutti cominciano ad indossare una maschera, che ritocca tematiche in modo più approfondito (la tematica della gang e degli stupefacenti) e ne tocca altre nuove, l'altra faccia della malavita: la mafia immobiliare, è ugualmente riuscita e convincente. Perché anche questa stagione appassiona ed impressiona per profondità narrativa, messa in scena e cromaticità. Una seconda stagione che, anche questa volta fa delle citazioni cinematografiche una propria cifra stilistica riconoscibile, nella prima stagione i personaggi si servono continuamente di titoli di film per definire le azioni degli altri, ma nella seconda sono presenti vere e proprie chicche registiche persino troppo ambiziose (La notte del giudizio, lungometraggio diretto da James DeMonaco nel 2013, dà il titolo e le dinamiche a uno degli episodi, inoltre sono presenti palesi citazioni di altre opere di un certo spessore, come Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme o Shining di Stanley Kubrick), che questa volta è una discesa nelle tenebre in tutto e per tutto.

Il Trono di Spade (8a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/07/2019 Qui
Tema e genere: Giunge al termine la serie televisiva statunitense di genere fantastico più discussa, amata ed odiata di sempre. La serie infatti, adattamento televisivo del ciclo di romanzi Cronache del ghiaccio e del fuoco (A Song of Ice and Fire) di George R. R. Martin, finisce il suo ciclo con l'ottava stagione.
Trama: Ci eravamo lasciati (qui la recensione della settima) con il Re della Notte che attacca il forte orientale e si prepara a superare la barriera. Il Re del Nord, Jon Snow, è assieme alla Madre dei Draghi, Daenerys Targarien, a Roccia del Drago. La pace momentanea con la casata Lannister, e la regina Cersei, porta l'intero continente occidentale a preoccuparsi dell'effettiva minaccia che incombe sui Sette Regni: gli Estranei. Jaime Lannister, preoccupato dalla minaccia nell'estremo Nord, vorrebbe andare a Delta delle Acque per recuperare l'esercito dei Lannister e unirsi alla battaglia per difesa dei Regni. Cersei non sarà dello stesso parere e i due fratelli potrebbero essere per la prima volta divisi. Intanto Sam, dopo aver studiato e parlato con i maestri, scopre la vera identità di Jon Snow. Riuscirà a riunirsi al suo amico e svelerà il segreto sui suoi genitori. Ci sarà anche il duplice incontro tra Arya Stark e il Re del Nord e tra la Lady del Nord, Sansa Stark, e Daenerys Targaryen. Ma in tutto questo la domanda è: chi sarà il protettore dei Sette Regni?
Recensione: L'ultima stagione ha suscitato un'ondata di rabbia e giubilo, isteria ed euforia tali che si è arrivati addirittura a creare una petizione per fare in modo che gli sceneggiatori riscrivessero parte della trama, perché gli spettatori erano troppo scioccati e infastiditi da alcune pieghe della storia. I fan si sono scissi tra coloro che hanno approvato le scelte narrative e registiche e coloro i quali invece aspettavano l'happy ending. Ma a Westeros raramente il sole splende sui giusti e sempre più difficilmente gli eroi sopravvivono. Nonostante tutto, la storia ha avuto una conclusione. Che sia peggiore o migliore da quello che ci si aspettava è un pensiero del tutto soggettivo, l'ultima stagione possiede lati negativi e positivi, punti deboli e punti di forza. Le critiche che Il trono di spade ha ricevuto sono dovute soprattutto ad alcune incongruenze e alla mancanza di rispetto per alcune story-line concluse forse troppo in fretta. Anche aver velocizzato ed estremizzato la follia di Dany è sembrato ad alcuni una forzatura. Senza dubbio se appunto la trama e alcune sequenze di questa stagione finale sono discutibili è innegabile la tecnica e il grande lavoro del dietro le quinte. Il trono di spade non ha caso è stata una delle serie con il budget più alto mai speso. Immagini spettacolari e grandi effetti così come un cast straordinario fanno di questa serie una delle migliori degli ultimi anni. Un finale che nel bene e nel male è quello scelto dagli sceneggiatori e che dobbiamo accettare. Ognuno ha dato il suo personalissimo addio alla serie e al pubblico, concludendo in maniera coerente (ogni personaggio ha avuto ciò che doveva avere, ogni storia è andata così come doveva andare, tutti i cerchi vengono chiusi, uno su tutti il duello finale tra i fratelli Clegane sulle scale in fiamme del castello) uno show che, diciamolo, da qualche stagione a questa parte aveva perso tutto il coraggio che gli era rimasto. Non è un caso che l'ultimo episodio sappia troppo di politically correct in una serie che ha fatto dell'osare la sua parola d'ordine (anche se questo politicamente corretto ci rassicura circa il futuro di questo mondo, finalmente nelle mani di un concilio di menti perlopiù oneste e leali). Non un gran cosa inoltre, la volontà di allungare alcune scene a discapito di altre, questo durante tutta la stagione, e quella quasi inquietante di chiudere con un secondo finale più o meno aperto per dare adito ad uno, o più, spin off, il che non è proprio il massimo (anche se alta è la voglia di vedere ciò). Eppure parecchio bella, avvincente e divertente è stata questa stagione di questa incredibile serie, perché Il trono di spade ci ha restituito anche quest'anno un'esperienza visiva straordinaria e soprattutto ci ha dato una conclusione. Lacunosa, se si vuole, ma comunque ce l'ha data, ed è già tanto. Certo, sono più le perplessità che i pregi, non si può appunto negare che questa stagione conclusiva sia stata realizzata in modo frettoloso e, qualche volta, persino grossolano (si notano sicuramente alcune incongruenze nella sceneggiatura), ma tutto sommato soddisfacente è il tutto. Perché va bene che la svolta malvagia di Daenerys Targaryen è probabilmente l'esempio più calzante che si può fare per esprimere alcune perplessità, non che non potesse avvenire, era, però, una trasformazione che non poteva e che non avrebbe dovuto risolversi nell'arco di una sola puntata, la sceneggiatura (che ha sacrificato lei ma anche Cersei, l'eccezionale Lena Headey ha avuto soltanto 25 minuti di screentime in tutta la stagione) in questo caso ha affrettato un cambiamento cruciale che doveva respirare più a lungo, ma il finale (almeno personalmente) soddisfa parecchio, dopotutto, sarebbe stato probabilmente più scontato continuare a sterminare il cast solo per stupire gli spettatori, in una stagione conclusiva che doveva necessariamente chiudere le sotto-trame nelle quali abbiamo investito il nostro tempo per anni. E invece scelta coerente e giusta è stata fatta, e poi ho sempre fatto il tifo per gli Stark (a parte in certi frangenti), e quindi bene così.