Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/05/2023 Qui - Quattro stagioni, per un totale di 43 episodi a base di sesso, violenza, vampirismo e blasfemia: in altre parole, un prodotto dissacrante (probabilmente) quanto il fumetto di partenza, un concentrato di follia che traduce (abbastanza fedelmente non saprei) la scrittura (indubbiamente) politicamente scorretta di Garth Ennis (non certo un autore qualunque). Notevole l'incipit: Jesse Custer è un pastore, un uomo di Chiesa sicuramente molto poco ortodosso, che diventa veicolo di un grande e pericoloso (super) potere, la voce di Dio. Insieme ad una altrettanto insolita compagnia (Cassidy, un vampiro irlandese, dipendente da ogni tipo di droga, esperto di pop culture, avendo vissuto più di un secolo, che non si spiega il successo de Il grande Lebowski, Tulip, una testarda criminale e assassina freelance, appassionata principalmente di auto, soldi e del suo mestiere) cercherà di risolvere il mistero legato alla sua nuova abilità, scontrandosi con forze ben più grandi di lui: scopriremo presto, però, che il nostro Preacher ha con sé più di un asso nella manica. Durante le quattro stagioni, le vicende sono completamente dominate dal caos, i personaggi ragionano in maniera delirante e contorta (tanto i buoni quanto i cattivi), in un crescendo di assurdità, molto ben studiate, che danno vita a scene di una frenesia che risulta quasi liberatoria per chi guarda, pur concesso che lo spettatore si privi prima di qualsiasi filtro morale. Il tutto è reso possibile da un'accurata selezione di personaggi, la forza e il cuore pulsante della serie. Episodio dopo episodio, stagione dopo stagione, la rosa dei personaggi si arricchisce infatti di elementi sempre più eccentrici, provenienti dal mondo della storia, del mito e della religione, reinterpretati e trasformati fino al punto da rendere una figura come quella di Adolf Hitler una delle meno esagerate. Ma a dominare la scena loro tre (Jesse, Tulip e Cassidy), che anche nei momenti più deboli, sono in grado di mantenerci incollati allo schermo del televisore grazie a un'alchimia palpabile e rovente. E quindi, imprevedibile, ironica e violentissima, sussultoria nel ritmo fra pause ed improvvise accelerazioni, ipercitazionista, con fotografia al bacio e colonna sonora adeguata: una serie imperfetta ma dannatamente divertente, compreso un riuscito finale, allo stesso modo malinconico, ottimistico e provocatorio. Voto complessivo: 7,5
mercoledì 24 maggio 2023
Preacher (Serie Completa)
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Irma Vep - La vita imita l'arte (Miniserie)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/05/2023 Qui - Come dice il suo protagonista: "film lungo in otto parti", mezzo remake mezzo sequel dell'omonimo classico indie del 1996 (che non ho mai visto) di Olivier Assayas interpretato da Maggie Cheung. Nella sua miniserie in 8 puntate (l'eclettico, sfuggente, che personalmente poco apprezzo) regista, sceneggiatore e showrunner francese infatti, amplia e arricchisce l'universo narrativo del suo film. Prodotto da HBO e A24 difatti e praticamente racconta il making of di una serie. La famosissima Mira Harberg (Alicia Vikander) viene scelta da René Vidal (Vincent Macaigne) per interpretare Irma Vep in un remake della famosa serie Les Vampires, di Louis Feuillade, film culto a episodi realizzato nel 1915, diventato un'icona per i surrealisti come esempio del fantastico che intride la società borghese. E quindi bizzarrie, narcisismi, insicurezze e nevrosi del dietro le quinte del mondo del cinema al tempo di algoritmi, piattaforme e dittatura dei cinecomic, ma anche un'ode all'eterna precarietà della settima arte come rituale magico e alchemico in cui "la luce è molto più difficile da raggiungere dell'oscurità" e i set in fondo non esistono mai davvero ma sono sempre, proprio come i sogni, una imitation of life. Tutto abbastanza interessante, anche alquanto intrigante, ma purtroppo pure poco coinvolgente, anche alquanto pesante, alla fine la visione ci sta, ma non aspettatevi chissà che. Voto: 6
Iron Fist (Serie Completa)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/05/2023 Qui - Serie Marvel dedicata ad Iron Fist, il quarto personaggio che forma assieme a Daredevil, Luke Cage e Jessica Jones il gruppo dei "Defenders", finalmente prossima alla visione. Ma c'è un problema, è la serie più deludente tra le quattro, tanto che non salverei né la prima né la seconda stagione. Passi la prima, che è comunque interessante per i personaggi contraddittori (l'amico e sua sorella, ad esempio) e il ritorno dell''infermiera Rosario Dawson, che sta diventando un prezzemolino come il Samuel L. Jackson dei film degli Avengers, ma la seconda proprio no (gli elementi di cui sopra diventano sterili, ed anzi un personaggio nel secondo filone proprio mediocre è). Colpa in entrambi i casi, dell'Iron Fist stesso, ovvero del giovane biondo miliardario Danny Rand (un altro, tanto per cambiare) che torna alla civiltà dopo un'assenza di 15 anni, infatti mi ha ricordato immediatamente qualcuno (parlo di Arrow ovviamente, che tra l'altro ha chiuso ingloriosamente) e la partenza quindi decisamente falsa. La caratteristica principale di quest'eroe è la conoscenza del kung fu (il pugno potenziato il suo potere), eppure i combattimenti sono pochissimi, peraltro girati in modo nemmeno speciale (anzi, piuttosto mediocre). Tutto il resto? Prolissi e pedanti spiegoni che in realtà non spiegano niente e soporiferi dialoghi che farciscono una trama confusa che si arrampica costantemente sugli specchi. E pensare che la seconda è ancora più e più rispetto alla prima, e dura incredibilmente (e davvero stranamente) pure tre puntate meno (ma è stato meglio così). Tra l'altro non ho apprezzato l'assenza di un costume, so che nella realtà sarebbe ridicolo, ma in Daredevil l'hanno messo, qui invece l'eroe si limita a mettersi malapena un cappuccio, il che toglie l'idea di supereroe e lo fa sembrare più un film di kung fu e basta. Un film, una serie (di pochissimi alti e tanti bassi) vista solo per completezza, in quanto appunto componente di una saga interconnessa (di cui rappresenta sfortunatamente la parte peggiore), perché altrimenti l'avrei certamente evitata. Voto complessivo: 5
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Cursed (1a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/05/2023 Qui - Una storia di formazione animata da terrorismo religioso, paura del diverso, razzismo, omosessualità, inclusione, assurdità della guerra, distruzione dell'ambiente e il coraggio di affrontare sfide impossibili (che banalità). Ma anche dalla rivisitazione (in chiave teen e femminile) della leggendaria storia di Re Artù. Una rilettura del ciclo arturiano che, in questo caso, ci porta in un viaggio intriso di violenza e avventura. Un'avventura che però non sempre riesce a mantenersi su livelli ottimali, mostrando il fianco ad alcune criticità. Il budget limitato e qualche soluzione discutibile, minano questa serie fantasy di Netflix, rendendo Cursed un prodotto che riesce a convincere solo a tratti. Sicuramente ci sono delle note positive, come un racconto che appassiona e personaggi credibili, con interpreti all'altezza (soprattutto Katherine Langford). Purtroppo però la trama non sempre sfrutta a pieno quanto seminato nelle premesse, ma soprattutto vengono lasciati molti dubbi e domande senza risposta. E poiché cancellata è, fregatura c'è. Insomma, la ciambella o la si fa col buco o non la si fa proprio. Voto: 6-
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venerdì 21 aprile 2023
Dirk Gently - Agenzia di investigazione olistica (Serie Completa)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/04/2023 Qui - Prodotto decisamente atipico. Serie che mescola comicità demenziale con elementi fantascientifici. Il tutto ha una sua logica, una logica assurda, ma c'è. Lavoro tecnicamente ben fatto, ma la sceneggiatura risulta fin troppo irrazionale. Un miscuglio tra un Rodriguez, un Wright ed un Del Toro, dove però gli autori decidono di metterci tutto ciò che li passava per la testa, con risultati volutamente nonsense e grotteschi da far impallidire un sanpietrino. Alla fine, si lascia seguire, ma serve una buona dose di pazienza. Difficile e faticoso in tal senso accennarne la trama, perché il tutto è davvero un'accozzaglia di buone idee ma progettate male. La prima stagione lascia spazio all'immaginario e devo dire l'ho apprezzata molto di più della seconda, che finisce con l'essere un Alice in Wonderland fatto male. Tanti effetti speciali e personaggi senza capo né coda, è davvero complicato comprendere a pieno tutto ciò che accade e più volte sono rimasto confuso da alcuni passaggi. Elijah Wood è sicuramente l'MVP del cast, ma non brilla e finisce con il rimanere in ombra, complice anche la trama che non lo coinvolge in scene epocali. Insomma mi da tutta l'aria di una serie che voleva essere qualcosa di importante, ma non riesce nell'intento e si trasforma in un calderone di idee, che cucinate insieme lasciano un sapore insipido e non convincente a pieno. Bizzarro e stravagante non sempre è la chiave, eppure mi ci sono davvero divertito, e complice l'intrattenimento che non è mai mancato dall'inizio alla fine, buona cosa risulta. Voto: 6,5
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Bloodride (1a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/04/2023 Qui - Difficile dare un voto univoco ad una serie che non ha una linea narrativa orizzontale ma che è un semplice collage di episodi autoconclusivi, tutto sommato comunque l'opera è in gran parte piacevole, scorre veloce ed intrattiene discretamente. Io questa serie antologica (che arriva dalla Norvegia su Netflix) non l'ho trovata infatti così brutta come dicono, è difatti realizzata in modo decente, non pretende di toccare argomenti "trascendentali", le recitazioni mediamente sono buone e soprattutto gli episodi durano pochissimo. Ma come di consueto in questo tipo di serie ci sono episodi più riusciti ed altri meno. Da salvare senza dubbio il primo, per l'ambientazione e l'atmosfera a là Pet Sematary, ed il quarto che è forse l'unico che avrebbe meritato una maggior durata, utile per approfondire le storie ed il passato dei vari personaggi, mentre il secondo si salva in corner grazie al twist finale tutt'altro che prevedibile. Gli ultimi due invece quasi da buttare. Carina la sigla iniziale, buono lo score musicale, location più che discrete. Alla fine non male, ma di meglio ce n'è. Voto: 6
Luke Cage (Serie Completa)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/04/2023 Qui - Un inizio subito col botto per il personaggio già conosciuto in Jessica Jones. Tipica serie dal retrogusto blaxploitation, ambientata interamente a Harlem e che funge spesso da denuncia/omaggio per il quartiere (condita splendidamente con buona musica di nomi noti della black music). Interessanti le origini dei poteri del protagonista (Luke, immune ai proiettili e dotato di forza sovrumana) a cui vengono dedicati un paio di episodi flashback. Ben raccontata la storia, buono il cast, con qualcuno che spicca maggiormente, niente male alcuni colpi di scena. Però lo sviluppo spesso si arena in lente situazioni ripetitive e/o condite da infiniti spiegoni talvolta forzati, manca di fluidità narrativa. Marvel's Luke Cage è infatti una serie con alti e bassi. La regia e scenografia sono ottime. Luke è davvero un bel personaggio, anche se Mike Colter proprio eccezionale non è, non male i personaggi secondari. Innovativo il fatto che, a differenza delle precedenti serie Marvel, questa è leggermente più comica. Vi sono battute e scene comedy che riescono ad eludere la gran tensione (molto apprezzata) delle precedenti Daredevil e Jessica Jones. Non mi hanno però convinto alcune cose, la trama con alcuni buchi, nemici di poco spessore e fin troppi dialoghi. Il finale è discreto. Tutto raggiunge una fine, ma come sempre la fine non esiste e si rimandano le faccende, alla seconda stagione. Una seconda stagione che replica la prima senza fantasia. Certo, c'è una notevole evoluzione dei personaggi e della sceneggiatura rispetto alla prima stagione, ma per il resto siamo sempre lì. In conclusione, un lunghissimo film blaxploitation dei nostri tempi, interessante, riuscito e meritevole, nonostante i tempi morti. Voto complessivo: 6,5
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Arrow (8a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/04/2023 Qui - Dopo otto stagioni, di cui quattro praticamente uguali tra loro, è finito Arrow, e non posso che essere contento, perché non vedevo l'ora che finisse. Le ultime stagioni sono state deprimenti e ripetitive, poca fantasia e poca voglia di uscire fuori da dei binari ormai stantii. Solo il finale della scorsa stagione ha mosso qualcosa e speravo fortemente che fosse un buono spunto per mandare avanti quest'ultima in modo diverso, invece è stata una marchetta per lanciare nuove serie che forse si potrebbero anche non vedere (e così farò). Solo dieci episodi (come già anticipato), in cui Oliver Queen appare principalmente nei primi otto (e in cui sempre le solite cose fa, le meccaniche dopotutto non variano granché) e poi lascia spazio a tutta una serie di eventi, dovuti ma scontati, che servono a preparare l'arrivo di altre serie (di cui sopra). Insomma tutto alquanto imbarazzante (il finale non rende giustizia). Critiche a parte (ma giuste e giustificate), tutta questa ottava stagione è orchestrata principalmente per presentare con una bella marchetta Crisi Sulle Terre Infinite, il crossover annuale (tanto atteso, anche da me) dell'Arrowverse che tuttavia ho mal digerito (non sono rimasto entusiasta del suo svolgimento), così tanto che alla fine ho preferito non vedere le puntate iniziali ma solo la fine. Ora lo scettro, come serie guida dell'Universo DC, passa nelle mani di Flash, ma visto l'andazzo questa sarà la parola fine. Voto: 5
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I May Destroy You - Trauma e rinascita (Miniserie)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/04/2023 Qui - In una (mini)serie fortemente personale e autoriale, Michaela Coel tematizza l'esperienza dello stupro e utilizza l'auto-narrazione come strumento psicanalitico di catarsi ed emancipazione. Ella scrive, dirige e interpreta questa (sicuramente interessante ma non del tutto convincente) miniserie drammatica che getta uno sguardo sorprendente sulla nozione di consenso e sulle relazioni moderne a seguito di un attacco sessuale. Uno sguardo che, lungi da me giudicare negativamente o non necessario (anzi), non resta (personalmente) impresso. Incapace data la sua complessità, di temi e nozioni, data la sua nevrosi narrativa ed ambiguità psicologica, di rendermi pienamente partecipe. Ma a parte questa mia opinione soggettiva, resta il fatto che I May Destroy You riesca, con intelligenza, genialità (in certi frangenti) ed imprevedibilità, ad eseguire egregiamente il compito d'aprir gli occhi. Voto: 6
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Gangs of London (2a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/04/2023 Qui - Il ritorno (non tanto atteso in verità) della più brutale fra le serie tv, dove si muore molto spesso e molto male. Ma questo destino vale solo per gli sgherri, mentre i protagonisti rimangono in gioco (i morti al contrario non muoiono in questo caso) in un rimestare di carte stantio e prevedibile. Ecco, questo il difetto principale, la seconda stagione di Gangs of London mantiene vivo infatti l'animo adrenalinico e violento della serie, ma lascia andare il resto. Proprio come accaduto per la prima stagione, ma molto più marcatamente, Gangs of London 2 si divide tra una scrittura approssimativa (che cede a risvolti banali, già visti e rivisti) e sequenze action adrenaliniche di elevata fattura, anche se il livello delle coreografie e delle riprese non è al passo con Corin Hardy, il fenomenale Gareth Evans (quello di The Raid per intenderci, oltretutto omaggiato) lascia al suo braccio destro il compito alquanto ingrato (ma ci sono comunque alcune sequenze impressionanti di brutalità). Una seconda stagione che parte piano per poi esplodere fragorosamente, peccato che lo scontro finale sia uno dei (momenti) meno memorabili, alla fine bene ma non benissimo, della classica minestra riscaldata, che si mangia anche se manca il sale. Voto: 6+
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venerdì 24 marzo 2023
Jessica Jones (Serie Completa)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/03/2023 Qui - Una serie tv (la seconda del filone) su un personaggio Marvel (questa volta) poco noto (personalmente sconosciuto infatti). In generale ho apprezzato Jessica Jones, anche se io preferisco di più l'idea di eroe mascherato con una doppia vita (qui ecco una ex-supereroina che fonda un'agenzia investigativa per avere una vita più normale in seguito alla fine della sua carriera come supereroe). In ogni caso non siamo ai livelli di Daredevil, ma mi ha lasciato abbastanza soddisfatto. In questo senso come Daredevil o forse (decisamente) meno, Jessica Jones è una serie (fatta di tre stagioni e 39 puntate) cupa, cruda, splendidamente sporca e metropolitana grazie all'insostituibile sfondo di Hell's Kitchen, a partire dagli splendidi titoli di testa che già da soli rimandano all'evoluzione Marveliana (e supereroistica in toto) anni '80 e oltre. Una serie che nonostante i difetti ho apprezzato. Nella prima stagione tuttavia, 13 puntate sono forse un po' troppe per riuscire appieno a raccontare in modo avvincente l'intrigante e perverso conflitto psicologico tra Jessica (una Krysten Ritter piuttosto adatta) e il villain Killgrave (un fantastico David Tennant), ma le atmosfere noir e la maturità dei temi trattati e degli ottimi e numerosi personaggi rendono comunque interessante la serie, divertente e inaspettato l'inserimento di scene "hot" in un prodotto Marvel, poco convincenti però le scene d'azione che in molti momenti dimostrano la povertà del budget, ma ci si passa tranquillamente sopra grazie alla cura riservata alla trama (che in ogni caso è un po' troppo ripetitiva) e ai personaggi. Siamo lontani dalla maestosità di Daredevil ma è proprio questa leggerezza a caratterizzare Jessica Jones e che, nonostante qualche puntata poco ispirata, ne rende la visione gradevole e stimolante. La prima stagione l'ho infatti guardata con piacere per la novità e per la bravura di una protagonista dalla forte personalità capace di delineare bene il personaggio che conquista anche con un fisico intrigante. Peccato che andando avanti con le stagioni qualcosa si perda, con personaggi quasi inutili e sotto-trame altrettanto inutili nonché tediosi. Apprezzabili invece i finali, della prima soprattutto, ma anche delle altre, finalmente "letali". Bisogna comunque dire che nella seconda manca un villain ricorrente, c'è pochissima azione ed è tutto (troppo) incentrato sul rapporto madre/figlia di Jessica, sul rapporto con l'inquilino e collega Malcolm e sulle origini dei nuovi poteri di Trish, nella terza peggio ancora, con alcune noiose puntate psico-drammatiche, un villain quasi senza senso e strane derive narrative, in alcuni casi forzate. Alla fine, nonostante alcune licenze fumettistiche discordanti (di cui in ogni caso ero all'oscuro), una buona serie, che seppure parte col botto e finisce come un fuoco fatuo, sicuramente riuscita e meritevole d'apprezzamenti. Voto complessivo: 7
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The Walking Dead (11a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/03/2023 Qui - Vedendo l'ultima puntata purtroppo si respira un sentimento generale di insoddisfazione verso quella che per molti è stata un'occasione mancata mentre per altri è stata una serie importante che si è però profondamente persa nel tempo, facendo cadere anche l'interesse dei suoi spettatori. La ripetitività della trama è stato il problema principale che ha penalizzato TWD (già dalla quarta stagione in poi, con uno schema che si è ripetuto fin troppe volte), e in questo senso quest'ultima stagione nel complesso non riesce a superare i limiti che sono maturati nello show sin da prima della dipartita di Rick Grimes. Un cast che si è fatto sempre più corposo ma altrettanto difficile da gestire e da rendere interessante in egual modo, una narrazione anti-climatica che non ci fa percepire l'importanza dell'epilogo e dei villain non all'altezza sono tutti gli elementi che tengono TWD 11 al palo. Il finale, poi, dall'ordinarietà della risoluzione, rivela ben presto la sua natura transitoria per l'intero universo espanso dei non morti. Una stagione conclusiva che ha una sua coerenza interna anche nell'epilogo, ma che non coglie l'occasione per migliorare e avvicinarsi, per lo meno, ai fasti del passato, per regalarci una conclusione davvero degna di The Walking Dead. Però, ci mancherà comunque, un po' per piacere, un po' per tradizione (non eravamo più amici come un tempo, ma è un fatto che per tanti anni ha fatto appassionare come poche altre serie), nonostante un'ultima stagione deludente e non all'altezza delle precedenti due, comunque in ripresa. Voto: 6
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Everything Sucks! (1a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/03/2023 Qui - Un po' ingenua, ma godibile e onesta. Lontana dall'essere sorprendente a causa della struttura tutto sommato banale e prevedibile, Everything Sucks! può comunque ed infatti essere considerato un prodotto gradevole e godibile, citazionista al punto giusto, costellato da momenti toccanti e scene che riescono a strappare qualche risata. Non ha grandi pretese (e questo è chiaro), ma diverte e fa sorridere, suscitando quei sentimenti di nostalgia (gli anni novanta, tra i preferiti di molti) che oggi sono tanto di moda. Inoltre, Everything Sucks! affronta varie tematiche onnipresenti nelle serie di questo stampo (quelle ambientate al liceo) con uno stile abbastanza innovativo, per l'epoca almeno (era il 2018). Anche capace di mandare un messaggio forte, l'amare sé stessi per quello che si è e fare del bene per le persone che ci stanno a cuore. Trattare un tema così complicato come la sessualità in pochi episodi è una prova riuscita per Ben York Jones, autore e personaggio ricorrente della serie. In Everything Sucks! sono la storia e i personaggi ad essere il centro della visione, a conferma di una buonissima qualità nella sceneggiatura e nella resa. Per quanto le vicende non brillino di un'originalità intrinseca, risultano gradevoli, piacevoli e piano piano conquistano, complice una scelta del giusto format (dieci episodi dalla durata media di 25 minuti) che rende la serie godibile in ogni sua parte, anche nei momenti meno riusciti. Stesso discorso per i protagonisti che, superati subito gli stereotipi iniziali, lentamente si fanno vedere per la loro profondità e diventano capaci di sorprendere, anche quando sembrano ormai perfettamente inquadrati da parte dello spettatore. A questo risultato contribuisce una prova attoriale pregevole da parte di quasi tutto il cast, soprattutto quello giovanile, tra cui spicca la canadese Peyton Kennedy ma soprattutto la già straordinaria Sydney Sweeney. Alla fine, Everything Sucks! riesce a raccontare una storia semplice e divertente che vede agire tanti personaggi, con le loro difficoltà nella crescita, della scoperta di se stessi, riuscendo ad intrattenere e divertire senza troppe difficoltà, portando così a casa un risultato non scontato. Non un capolavoro o un gioiello brillante, ma una serie ben fatta che non delude mai e di cui sarebbe (stato) bello vedere un seguito, sempre sullo stesso livello, ma non ci sarà, perché cancellata già. Voto: 6,5
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The Handmaid's Tale (5a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/03/2023 Qui - Ormai il distacco dal libro è completo, però la serie ha successo e si va avanti, solito ritmo, solite cose, ma sempre tutto ben fatto. The Handmaid's Tale in questa stagione, seppur con qualche piccola lentezza narrativa in più, si conferma infatti un gioiello televisivo. I nuovi episodi preparano il terreno per una stagione finale particolarmente forte, in arrivo probabilmente nell'autunno del 2024. Il nuovo ingresso di Esther (dalla scorsa stagione) è molto valido e potente nonostante il suo ruolo sia relegato a secondario. Anche tecnicamente la serie prosegue con una qualità difficile da raggiungere. La cura nello scegliere le inquadrature è eccezionale, mai scontata, così come il montaggio dona un ritmo cadenzato rendendo gli episodi scorrevoli e gustosi. La sceneggiatura attraversa ogni sensazione grazie a una messa in scena composita, passando letteralmente e in scioltezza dall'essere come il diavolo e l'acqua santa. A un certo punto accade qualcosa che mischia completamente le carte, qualcosa le cui conseguenze generano una serie di reazioni a catena dagli esiti tutt'altro che prevedibili o controllabili. L'ultima scena mette letteralmente i brividi e traghetta la serie verso un prossimo capitolo ancor più diverso dai precedenti con sviluppi del tutto imprevedibili dovuti alle mutazioni di determinate questioni e soprattutto di alcuni personaggi. Anche perché la sesta sarà l'ultima stagione e tutti nodi in un modo o nell'altro dovranno venire al pettine e chiudersi nella maniera più risolutiva e piena di liberazione possibile. Voto: 7
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Marianne (1a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/03/2023 Qui - Un prodotto nel complesso e nel suo genere sicuramente riuscito, senza grandi novità in sceneggiatura o virtuosismi di regia o ancora interpretazioni magistrali, riesce ad essere superiore alla media in quanto le atmosfere sono da brividi ed alcune sequenze spaventano davvero. Questa serie horror francese è stata infatti e davvero una bella sorpresa, molto interessante fin da subito, con una bella location, molto azzeccata per la storia. Una serie che nonostante presenti una trama che sulla carta appare piuttosto scontata, nel corso degli 8 episodi che la compongono dimostra di avere una sua personalità. Il regista si dimostra molto abile a costruire un alone di mistero che circonda la cittadina marittima, mantiene piuttosto elevata la tensione riuscendo a creare un'atmosfera di pericolo incombente. Riesce a gestire bene i momenti puramente horror e cruenti, alternandoli con altri intrisi di humor nero che se da una parte stemperano la tensione dall'altra creano anche una certa atmosfera grottesca che a tratti risulta anche inquietante. Buona la prova del cast, in grado di interpretare una serie di personaggi ben sfaccettati. Un horror ben sviluppato e piuttosto coinvolgente, che nonostante non mostri praticamente nulla di nuovo, e nonostante elimini il personaggio più inquietante a metà della storia, peccato poi che nella seconda intraprenda strade non solo già risapute, ma anche, a tratti, un po' puerili, e c'è anche una certa esagerazione nell'alternanza tra presente e passato (i flashback sono davvero troppi), merita visione e soprattutto un buon giudizio. Voto: 7
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Bellamine Abdelmalek,
Lucie Boujenah,
Mehdi Meskar,
Mireille Herbstmeyer,
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Patrick d'Assumçao,
Ralph Amoussou,
Serie thriller horror,
Tiphaine Daviot,
Victoire Du Bois
I delitti del BarLume (10a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/03/2023 Qui - La nuova stagione si fa in tre, anzi in quattro, c'è pure uno speciale di mezz'ora sui 10 anni della serie, una serie che cambia (al posto dei classici due episodi quest'anno ne abbiamo avuti ben tre: Indovina chi?, Resort Paradiso ed E allora Zumba!) ma che riesce a non mutare la sua natura, che da 10 anni riesce a coniugare brillantemente tradizione e cambiamento, mantenendo inalterata la propria discreta qualità. E I delitti del BarLume non cambia la propria formula di commedia/gialla sempre più comica e sempre meno "gialla", cosa che può far certamente storcere il naso ai puristi dei polizieschi come me, ma che riesce ugualmente a convincere ma soprattutto divertire. Dopo il finale della nona stagione, era lecito attendersi un ciclo di episodi incentrato sul triangolo amoroso fra Massimo, Beppe e Tizi. La decima stagione sterza invece in territori inaspettati, concentrandosi sui personaggi secondari e lasciando sullo sfondo questi tre personaggi, comunque fondamentali per le dinamiche narrative dello show. Un'operazione sulla carta rischiosa, ma che risulta, almeno in parte, vincente. Ormai I delitti del BarLume racconta le disavventure di un gruppo di amici di Pineta alle prese con situazioni criminali al limite, e va bene (ma non benissimo) così. Di conseguenza, fra fallimentari raccolte differenziate, elezioni comunali che si trasformano in vere e proprie faide private e future convivenze tutte da scrivere, ma anche intuizioni registiche e temi "corretti" affrontati col necessario tatto e con il giusto garbo, I delitti del BarLume fa ancora una volta centro, lasciandoci con la voglia di tornare al più presto a Pineta per divertirsi nuovamente con uno dei prodotti televisivi italiani più efficaci e longevi. Voto: 6+
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Alessandro Benvenuti,
Atos Davini,
BarLume,
Corrado Guzzanti,
Enrica Guidi,
Filippo Timi,
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Lucia Mascino,
Marcello Marziali,
Massimo Paganelli,
Roan Johnson,
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Sky,
Stefano Fresi
martedì 21 febbraio 2023
Daredevil (Serie Completa)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/02/2023 Qui - Serie fatta molto bene rispetto alle altre sui supereroi, anzi, è una delle migliori viste negli ultimi anni e forse una delle migliori Marvel di sempre (tutto è al posto giusto, a partire dalla sigla), ogni episodio è coinvolgente senza fronzoli come avviene spesso in altre serie del genere. Narra di un avvocato che da bambino viene contaminato da sostanze radioattive diventando cieco, ma acquisisce una capacità sensoriale maggiore degli altri, soprattutto l'udito. Compito come ogni supereroe che si rispetti sconfiggere il male, a New York. Charlie Cox è un convincente Matt Murdock e non poteva esserci scelta migliore di Vincent D'Onofrio per il ruolo di Kingpin, personaggio di brutale violenza ma dalla personalità assai complessa. Il regista non risparmia (giustamente) scene sanguinolente, caratterizza bene tutti i personaggi e ridà dignità a un fumetto precedentemente maltrattato dal cinema. Ogni stagione è un crescendo di azione e rivelazione senza annoiare lo spettatore, mai superficiale o banale. E in questo senso, ed entrando più nel dettaglio, bellissima la prima stagione, una stagione che raccoglie tutta l'essenza di questo personaggio tanto cupo quanto affascinante. In quanto agli sviluppi della trama principale, il ritmo è generalmente sempre buono anche se a volte un po' altalenante, ma nel complesso un fantastico primo giro. E dopo la prima buonissima quanto inaspettata stagione, il Diavolo scarlatto si ripete con una seconda stagione addirittura superiore per ritmo, qualità delle storie e personaggi (primari ma anche secondari). Manca forse un po' di poesia rispetto alla stagione precedente, e soprattutto si sente che l'impatto del villain per eccellenza Wilson Fisk non è fondamentale quanto dovrebbe, ma la presenza dei due comprimari The Punisher ed Elektra, senza contare le apparizioni di Stick e le prime battaglie con la Mano, permettono di alzare non di poco l'asticella del godimento. Il ritmo, infatti (che nella prima stagione era un po' altalenante, ma mai noioso) è costantemente eccellente. E poi arriviamo all'ultima stagione, terza che la si può considerare come una specie di "Rinascita", si torna all'introspettività della prima stagione, ma in modo ancor più incisivo. Atmosfere ancora più noir, meno ampiezza narrativa, ancora maggiore crescita dei personaggi. Il finale (allorché ben orchestrato) è la ciliegina sulla torta, difficile restare indifferenti a tanta poesia. E così si conclude (ma non definitivamente) nel migliore dei modi una saga straordinaria, una saga capace di farsi amare. Voto complessivo: 8
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Il metodo Kominsky (Serie Completa)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/02/2023 Qui - Serie molto particolare e insolita, questa di Netflix, interpretata (almeno inizialmente) da due grandi "vecchi" (più un terzo incomodo) di Hollywood ancora in ottima forma come Michael Douglas e Alan Arkin e scritta e prodotta da Chuck Lorre (quello di TBBT per intenderci) che ci regalano un prodotto dolceamaro capace di sfiorare in modo divertente (ma mai eccessivamente esilarante) e divertito diversi temi quali il lutto, la famiglia, l'amicizia e la solitudine, ma sempre filtrati attraverso gli occhi della vecchiaia, anche grazie a una narrazione sorprendentemente personale e mai prosaica o ridondante, anzi senza una vera e propria storia, costruita per lo più da tutta una serie di scenette, momenti e/o situazioni a volte drammatiche e a volte ironiche ma con idee molto chiare e lucide su dove andare a parare. Non esente da difetti (mai macroscopici) ma senza mai annoiare e soprattutto, grazie anche all'apporto sentito dei suoi principali interpreti, intimamente vera. Colpisce fin dal primo episodio (che per 3 stagioni 22 episodi non sono poi tanti), e in questo senso le puntate brevi permettono (soprattutto all'inizio ma anche successivamente) di non dilungarsi in inutili storie parallele per quanto qua e là faccia capolino qualche situazione non troppo originale e, in fin dei conti, un po' banale. Il ritmo tuttavia ne compensa. La 2a stagione narrativamente un po' più sfilacciata della prima, ma comunque di grande impatto non solo comico ma anche emotivo. Nella 3a stagione esce di scena Alan Arkin e conseguentemente cala il divertimento, ma si rimane su buoni livelli grazie alla verve inesauribile del protagonista e alla capacità degli sceneggiatori (l'introduzione di Kathleen Turner in primis) di rimanere sempre in bilico tra battute ciniche e piccole dosi di sentimentalismo. Non tutti gli episodi sono dello stesso livello ma si migliora verso la fine, con una chiusura degna, anche se lontana dalla 1a stagione. Gustosi i tanti camei sparsi nel tempo, per una serie davvero riuscita e sorprendentemente piacevole. Voto complessivo: 7+
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The Terror (1a & 2a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/02/2023 Qui - La ricerca del passaggio a Nord Ovest da parte di due navi della regia marina britannica (la Terror e la Erebus) nel 1845. Storia e fantasia si mescolano in un racconto umano e mistico. Parte bene e intriga ma purtroppo i dialoghi lunghissimi, e il fatto che non accada quasi nulla ne pregiudica la visione dopo qualche puntata. Se ho visto tutta la stagione è per i pregi che (per fortuna) equilibrano i difetti. Questi sono: un'ottima recitazione, un'atmosfera di tensione (più che di terrore), un certo coinvolgimento, una confezione generale eccellente con una cura per ogni particolare e con una ricostruzione storica e di costumi veramente ottima. Paesaggi convincenti. I lati negativi, come detto sono, i troppi dialoghi, la ripetitività dopo già 3 puntate. Buono il finale che tuttavia non spiega niente. Notevole, ma poteva essere molto migliore. Infamy è una stagione completamente diversa dalla precedente. In certi aspetti è più ambiziosa, mostrando tuttavia meno solidità rispetto alla prima stagione. In questo caso l'orrore è scomposto in due aspetti principali: un fantasma vendicativo che vuole vendetta da un torto subito e l'orrore storico dei campi di internamento della comunità nippo-americana. Ci troveremo quindi al cospetto della cultura nipponica e delle loro credenze sull'oltretomba. Una sceneggiatura curata che ti immerge nelle loro tradizioni ed una messa in scena a tratti eccellente. Se da un lato viene mostrato uno spaccato storico "infame" dell'America, certamente poco visto su piccolo e grande schermo (lo stesso George Takei è stato un consulente storico di questa serie, in quanto lui stesso internato da bambino), mostra qualche limite nella dimensione dell'orrore puro, certamente legato più alla convenzionalità del J-horror, pur offrendo un personaggio molto forte e sfaccettato come la yurei Yuko. Non siamo ai livelli della prima stagione, però il risultato nel complesso non è certo da buttare. In definitiva bella serie, anche se a mio avviso si poteva fare di più. Chissà cosa si inventeranno la prossima volta/stagione. Voto complessivo: 6,5
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Winning Time - L'ascesa della dinastia dei Lakers (1a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/02/2023 Qui - Le vicende sportive e non solo di una squadra che ha segnato un'epoca nel basket professionistico americano, raccontate in una serie prodotta dalla HBO. Dieci episodi che raccontano non solo lo sport, ma anche le vicende razziali, sociali e politiche dell'America di quegli anni, con particolare riferimento (grazie a una sceneggiatura di grande qualità) alle storie personali degli atleti e dei diversi componenti del team dei Lakers. Una magnifica fotografia vintage, che ci porta dritto a quegli anni (che riflette la cifra stilistica del bravo Adam McKay, regista di Don't Look Up e Vice, produttore anche di Succession), e grandi interpretazioni di tutti gli attori a partire dal magnifico John C. Reilly (visibilmente dimagrito dai fasti di Stanlio & Ollio, ma sempre in forma). Non a livello dell'ottima docuserie The Last Dance, che raccontava (seppur differentemente e forse meglio) di un'altra dinastia, quella dei Chicago Bulls e della vita del suo Re Michael Jordan, ma un prodotto curatissimo e di assoluto valore, consigliabile non solo ai fan. Voto: 7
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venerdì 27 gennaio 2023
Babylon Berlin (4a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/01/2023 Qui - Da period thriller con intense spruzzate di dramma a period drama in tutto e per tutto con le puntate che entrano nel vivo dell'ascesa del nazismo. Le circostanze privano così la serie del suo glamour e di molto altro, il risultato è sempre sì impeccabile, ma non più entusiasmante od interessante. La quarta stagione inizia con premesse che vanno ben oltre le già cupe trame delle stagioni iniziali. Ora la narrazione si è concentrata sull'ascesa del Partito Nazista ed è sempre più angosciante, forse troppo, e sono già troppi anche i nazisti. Ma non è solo più opprimente, pessimista e claustrofobica, è anche meno sontuosa. Non c'è più difatti il pretesto per gratificare il direttore della fotografia, il responsabile delle scenografie, il costumista e il make up artist, il che viste le stagioni precedenti (molto più affascinanti) un po' dispiace. Perché va bene che l'età dell'oro è finita, che ci sono solo mestizia, strade fangose e vestiti laceri, ma i delitti e le truffe (mai negate istanze politiche interessanti) così come il lato thriller dove sono finiti? Non basta una canzoncina, due balli e sparatorie tra gangster a stuzzicare più del dovuto, per una serie che rimane comunque da vedere, anche se ora mancano la follia e l'opulenza degli inizi, che mi avevano conquistato. Voto: 6
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The Rising - Caccia al mio assassino (1a stagione)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/01/2023 Qui - Il classico "giallo" whodunit in cui la tensione è tutta tesa alla ricerca del colpevole dell'omicidio, che però prende una deriva soprannaturale quando è la morta a dare la caccia al proprio assassinio. Se l'idea non è originale, non solo un precedente format belga ma addirittura un videogioco (Murdered: Soul Suspect), non banale è il risultato. La serie riesce infatti a trovare una propria strada tra allungamenti inevitabili (ma non tediosi) e riflessioni costruttive (sullo stato dei rapporti tra le persone, sulle verità nascoste, sugli obiettivi individuali che muovono il nostro agire). Un equilibrio d'intenti che funziona. Oltre agli aspetti soprannaturali e thriller (in buona parte efficaci ed inseriti) sono difatti e proprio le dinamiche interpersonali il motore della serie tv, quella voglia di riflettere, ancora una volta, sulla vita dei ragazzi e degli adulti, sul senso profondo dell'esistenza. The Rising cede a quella voglia di spingere lo spettatore a credere in una svolta improvvisa anche mutando improvvisamente l'atteggiamento del personaggio, dando un senso di artificiosità non necessario. Piccoli difetti per un prodotto ampiamente godibile, che se fosse stato prodotto da Netflix e non da Sky, avrebbe avuto più risonanza e valutazione. Voto: 6,5
Perché non l'hanno chiesto a Evans? (Miniserie)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/01/2023 Qui - La frase pronunciata da un uomo in fin di vita è il titolo dell'adattamento televisivo dell'omonimo romanzo di Agatha Christie scritto nel 1934 in una miniserie di 3 puntate ad opera di Hugh Laurie, qui nelle vesti di sceneggiatore e regista. Smaccatamente (o drammaticamente?) "british" la miniserie ci riporta alle atmosfere dei romanzi d'epoca di Christie cercando di attualizzarle attraverso uno stile fresco ma anche contemporaneo, risultando quindi anche più leggero ma anche piacevole e, perché no, genuino. Non mancando poi tutti gli stereotipi tipici del giallo (e creati per la maggior parte proprio dalla scrittrice inglese) che Laurie dimostra di conoscere piuttosto bene, giocando con loro ma senza mai banalizzarli troppo e se dal punto di vista dell'intrigo non si avvertono grosse sorprese (ma alcune soluzioni narrative appaiono fin troppo meccaniche) la narrazione procede spedita regalando anche qualche momento di spensieratezza (una riuscita componente comedy, quest'ultima garantita soprattutto dalla chimica dei due protagonisti principali interpretati da Will Poulter e Lucy Boynton). La serie convince molto meno invece nella sua componente tecnica e visiva, alla fine quindi bene ma non benissimo. Voto: 6
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Harry Palmer - Il caso Ipcress (Miniserie)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/01/2023 Qui - Un'elegante (in parte appassionante e coinvolgente) storia di spionaggio ambientata negli anni '60 nella tensione della Guerra Fredda (in un gioco vanesio in cui nessuno vuole mostrare la propria debolezza). Ma se da una parte abbiamo appunto una messa in scena elegante, efficace, con arguti cenni alla politica contemporanea (gli americani fanno sempre gli americani, con la loro voglia di prevalere e di controllare gli altri), immersi infatti nei colori pastello tipiche di quegli anni, la (mini)serie potrebbe quasi essere scambiata per un film di quegli anni tra una colonna sonora perfetta e una ricostruzione impeccabile, dall'altra un giovane (forse troppo) attore bravo (Joe Cole) ma poco carismatico, almeno in confronto a Michael Caine, nel film del 1965 che adattò il romanzo (qui ampiamente rielaborato) di Len Deighton per il grande schermo, e una storia forse un po' troppo aggrovigliata. Nonostante questo, nonostante le comunque classiche dinamiche, una miniserie che, perfettamente condita dal tipico cinismo britannico, non delude l'appassionato. Raffinata nello stile e (in parte) nella scrittura Il caso Ipcress è difatti una serie imperdibile, soprattutto per chi ama lasciarsi coinvolgere da un bel thriller. Voto: 6+
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