Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/09/2019 Qui
Tema e genere: Chernobyl è la serie tv (miniserie per esser precisi) che racconta cosa è successo nel 1986 ricostruendo la storia fatta di errori e menzogne che hanno contribuito a causare il peggior disastro nucleare di sempre.
Tema e genere: Chernobyl è la serie tv (miniserie per esser precisi) che racconta cosa è successo nel 1986 ricostruendo la storia fatta di errori e menzogne che hanno contribuito a causare il peggior disastro nucleare di sempre.
Trama: Era l'1:23 del mattino del 26 aprile del 1986 quando una potente esplosione alla centrale nucleare di Chernobyl vicino Pripyat a 120 km da Kiev, sconvolse l'URSS, l'Europa e il mondo intero.
Recensione: Quanto è difficile parlare di Chernobyl. Sono quegli eventi che segnano la storia dell'umanità, la mettono in pericolo. Poi il tempo passa, finché l'uomo non trova il coraggio e la lucidità di raccontarli. Ed è un bene: Chernobyl è presente nell'immaginario di molti, anche di chi quel giorno non era ancora nato. Si sa che è accaduto qualcosa di epocale, rimbalzato sui media e finito sui libri di storia, ma raramente si conoscono le dinamiche, i protagonisti, i fatti. La miniserie, prodotta da Sky e HBO composta da cinque puntate girate da Johan Renck, andata in onda dal 10 giugno e per cinque settimane su Sky Atlantic, si da proprio questo obiettivo: dare al mondo una narrazione di un certo rilievo artistico che abbia la potenza di denunciare l'orrore di ciò che è accaduto. Tutto questo lo fa non cadendo nella tentazione di altre rappresentazioni ispirate a fatti reali: drammatizza ma tiene a bada la traslitterazione, l'impulso di romanzare le singole biografie, perdendo lo spirito documentale, l'evento macro nella sua gravità. Chernobyl, invece, mostra con efficace e angosciante realismo le conseguenze dell'incidente avvenuto quel maledetto 26 Aprile 1986. Chernobyl infatti, entra nel dettaglio, spiega con cura, fa rabbrividire, mostra gli effetti di quell'esplosione radioattiva sulla carne umana e nelle vite dei protagonisti. Chernobyl racconta la tragedia umana di persone che combattono contro un nemico invisibile e imprevedibile, un male che non si può vedere se non nei suoi effetti agghiaccianti, ma non propriamente quantificabili. Per farlo si avvale di una regia molto efficace, di una fotografia che predilige le tinte grigiastre, cupe, scure, di una sceneggiatura solida che crea un collante molto solido tra le vite di personaggi molto diversi e distanti e che avvalora ogni singola parola pronunciata all'interno di un'idea narrativa composita e molto efficace. La colonna sonora è essenziale, scarna, a tratti ricorda il tema di Jaws, con il quale si può dire che condivida la questione dell'invisibilità del pericolo, il quale si manifesta frequentemente a livello sonoro con rumori graffianti che da sottofondo diventano spesso pervasivi. Con una ricostruzione accurata e brutale, dunque, veniamo trascinati in un'esplorazione degli eventi e delle scelte che hanno portato alla catastrofe nucleare e che l'hanno parzialmente arginata. Al centro di questi due poli troviamo un denominatore comune: l'uomo, che con le sue bugie è in grado non solo di compromettere la buona riuscita di un esperimento, ma di distruggere se stesso. Difatti Chernobyl non mostra soltanto la sofferenza fisica, la deturpazione, i danni ambientali, ma anche l'ingiustificabile e volontaria miopia politica, e soprattutto l'innocente ingenuità di un popolo che ha pagato a carissimo prezzo, con la vita, l'irresponsabilità di altri. Come presumibile, gli eventi della serie si concentrano in gran parte nella vicina cittadina di Pripyat, città più di tutte investite dalla devastazione. I protagonisti sono a turno un pompiere, una moglie casalinga, un politico, un fisico nucleare, con la dichiarata volontà di mostrare come è stato percepito il tragico evento, da ogni punto di vista. Tutto parte a guaio già avvenuto, il reattore 4 ha dato problemi, il nocciolo è esploso, nessuno sembra crederci, ma si capisce subito che la situazione sia delicata, sebbene gli ingegneri, i politici, minimizzino. È inaccettabile per la razionalità umana (tanto fiduciosa nel progresso e nel mondo che verrà dato lo spirito del periodo) accogliere l'idea di aver innescato una reazione a catena fuori controllo, aver esposto milioni di persone, le generazione future, a morte precoce. Si prova una certa dissonanza interna, psicologica, la mente si rifugia in altre verità. E quindi non è il panico la reazione dei protagonisti, ma la negazione, "è tutto sotto controllo", "non è niente di che" si ripetono tra loro, mentre la catastrofe si realizza, si aggrava.
La serie ha proprio questo, il grande merito di immergersi nei sentimenti, nelle reazioni impulsive, deleterie, dei protagonisti. Inoltre, la serie Chernobyl è brava a giocare con l'ambientazione geografica e politica: siamo nell'Unione Sovietica, e come in tutte le società (e forse in quella dell'ex Unione ancor di più), le persone sono inserite in un ordine precisissimo, fatto di ruoli e di protocolli condivisi, certi, sicuri, indiscutibili. E quando c'è un evento che straccia la quotidianità, infrange tutte le credenze e le certezze, che succede? Nel caso di Chernobyl si volta la faccia, si delega (ben attenti alle apparenze, però) la patata radioattiva all'eroe degli sfigati, in questo caso il fisico nucleare Legasov, interpretato dall'immenso Jared Harris, tassello fondamentale nel contenimento della catastrofe. Segue, poi, per tutti gli episodi della serie, la progressiva denuncia degli orrori causati dall'incidente. E questo è uno dei meriti indiscutibili del prodotto, perché ci fornisce delle immagini, crude, vere, realistiche, sul disastro. C'è una scena, più toccante di tutte, che vede molti civili su un ponte, ad osservare curiosi il chiarore giallo emanato dall'esplosione della centrale nucleare. Loro sono ignari che quella nube li ucciderà a breve, e invece sono lì, con bambini e neonati al seguito, ad ammirare affascinati (entusiasti) quella che sembra una fantastica aurora boreale. Ecco, in quel momento vediamo tutta la fragilità umana, la limitatezza dell'essere umano rispetto al Big Bang degli elementi nocivi, e questa innocente incoscienza accompagnerà gran parte dei protagonisti per le cinque puntate, se si escludono i vertici e mestieranti realmente informati. Questi ultimi si trovano a giocare su due tavoli, da un lato contenere la minaccia, dall'altro la responsabilità morale di allertare il mondo. La serie è bravissima a bilanciare entrambi gli aspetti, cementandole con diverse sequenze che vi lasceranno mesti, vuoti, impressionati. A quanto pare alcuni personaggi (quello di Emily Watson su tutti) sono stati inseriti per omaggiare alcune componenti lavorative (bene, anche se romanzare non sempre è efficace), a quanto pare un'opera di bonifica animale non c'è mai stata come invece la serie fa vedere (quella operata da Barry Keoghan con a capo Fares Fares), a quanto pare alcuni aspetti scientifici non sono proprio esatti (anche se non ci capisco una mazza), inoltre c'è qualche ridondanza indubbiamente evitabile, ma sono piccoli difetti che non intaccano troppo il valore della miniserie. Una miniserie breve ma essenziale sia per chi necessita di una visione impegnativa e pregna di emozioni e sia per tutti coloro che hanno intenzione di comprendere fino in fondo che cosa è accaduto in Ucraina durante quel fine aprile del 1986. Le dinamiche politiche ci vengono mostrate nella più totale neutralità, con nessuno scopo propagandistico e con l'intenzione di condividere solo la verità. La storia non vuole far trasparire nessuna idea politica, il che poteva essere un rischio considerato il fatto che si tratta di una serie si stampo occidentale che parla di fatti avvenuti nell'Est Europa in un periodo dove la tensione tra USA e Russia aveva raggiunto un livello critico. Ogni puntata colpisce come un pugno allo stomaco mostrando brutalmente tutte le conseguenze del disastro, senza risparmiare la visione dei corpi straziati dalle radiazioni o la disperazione della gente. Gli interpreti (peraltro bravissimi) sono perfettamente calati all'interno del contesto storico e l'estetica della serie non necessita di nessun tipo di abbellimento, anzi l'aridità dei colori e della scenografia contribuiscono ad alimentare l'amarezza e il senso di totale impotenza di fronte agli errori degli uomini. Indubbiamente un piccolo capolavoro.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico: Non c'è miglior sceneggiatura di un fatto realmente accaduto, in quel caso non si può criticare la vicenda trovando vari ed eventuali buchi di sceneggiatura o incongruenze. Si può parlare dell'adattamento, della scelta stilistica e registica, delle interpretazione: ma sicuramente non della storia. Ebbene, la serie è caratterizzata da un comparto produttivo eccellente, in cui svettano le musiche della islandese Hildur Guðnadóttir che trasmettono una costante sensazione di tensione e la fotografia nebbiosa di Jakob Ihre. Il meglio però lo danno i due ruoli principali, ovvero quello della regia e della sceneggiatura nel suo adattamento. Dietro la macchina da presa c'è Johan Renck, che dopo una prima parte di carriera passata ad alto livello nel mondo del videoclip conferisce uno stile inconfondibile alla serie. Lo script e l'idea, invece, sono di Craig Mazin, che dopo aver realizzato film comici di grande successo (tra cui diversi capitoli di Una notte da Leoni e Scary Movie) passa al genere drammatico con eccellenti risultati. Perché senza troppi giri di parole Chernobyl è un pugno nello stomaco, sappiamo i morti e la desolazione che questo evento ha portato e, mentre le immagini della serie scorrono in tutta la loro drammaticità e potenza, resti inerme, spettatore di uno dei disastri più importati della storia moderna. Chernobyl è una serie lenta, molto lenta, volutamente lenta, fatta da dialoghi e dettagli, scorci. Ogni passaggio o decisione è fatta per far riflettere lo spettatore, per illustrare come tante cose potevano essere evitate o, per lo meno, potevano limitare il danno. Davvero ben fatto e confezionato.
La serie ha proprio questo, il grande merito di immergersi nei sentimenti, nelle reazioni impulsive, deleterie, dei protagonisti. Inoltre, la serie Chernobyl è brava a giocare con l'ambientazione geografica e politica: siamo nell'Unione Sovietica, e come in tutte le società (e forse in quella dell'ex Unione ancor di più), le persone sono inserite in un ordine precisissimo, fatto di ruoli e di protocolli condivisi, certi, sicuri, indiscutibili. E quando c'è un evento che straccia la quotidianità, infrange tutte le credenze e le certezze, che succede? Nel caso di Chernobyl si volta la faccia, si delega (ben attenti alle apparenze, però) la patata radioattiva all'eroe degli sfigati, in questo caso il fisico nucleare Legasov, interpretato dall'immenso Jared Harris, tassello fondamentale nel contenimento della catastrofe. Segue, poi, per tutti gli episodi della serie, la progressiva denuncia degli orrori causati dall'incidente. E questo è uno dei meriti indiscutibili del prodotto, perché ci fornisce delle immagini, crude, vere, realistiche, sul disastro. C'è una scena, più toccante di tutte, che vede molti civili su un ponte, ad osservare curiosi il chiarore giallo emanato dall'esplosione della centrale nucleare. Loro sono ignari che quella nube li ucciderà a breve, e invece sono lì, con bambini e neonati al seguito, ad ammirare affascinati (entusiasti) quella che sembra una fantastica aurora boreale. Ecco, in quel momento vediamo tutta la fragilità umana, la limitatezza dell'essere umano rispetto al Big Bang degli elementi nocivi, e questa innocente incoscienza accompagnerà gran parte dei protagonisti per le cinque puntate, se si escludono i vertici e mestieranti realmente informati. Questi ultimi si trovano a giocare su due tavoli, da un lato contenere la minaccia, dall'altro la responsabilità morale di allertare il mondo. La serie è bravissima a bilanciare entrambi gli aspetti, cementandole con diverse sequenze che vi lasceranno mesti, vuoti, impressionati. A quanto pare alcuni personaggi (quello di Emily Watson su tutti) sono stati inseriti per omaggiare alcune componenti lavorative (bene, anche se romanzare non sempre è efficace), a quanto pare un'opera di bonifica animale non c'è mai stata come invece la serie fa vedere (quella operata da Barry Keoghan con a capo Fares Fares), a quanto pare alcuni aspetti scientifici non sono proprio esatti (anche se non ci capisco una mazza), inoltre c'è qualche ridondanza indubbiamente evitabile, ma sono piccoli difetti che non intaccano troppo il valore della miniserie. Una miniserie breve ma essenziale sia per chi necessita di una visione impegnativa e pregna di emozioni e sia per tutti coloro che hanno intenzione di comprendere fino in fondo che cosa è accaduto in Ucraina durante quel fine aprile del 1986. Le dinamiche politiche ci vengono mostrate nella più totale neutralità, con nessuno scopo propagandistico e con l'intenzione di condividere solo la verità. La storia non vuole far trasparire nessuna idea politica, il che poteva essere un rischio considerato il fatto che si tratta di una serie si stampo occidentale che parla di fatti avvenuti nell'Est Europa in un periodo dove la tensione tra USA e Russia aveva raggiunto un livello critico. Ogni puntata colpisce come un pugno allo stomaco mostrando brutalmente tutte le conseguenze del disastro, senza risparmiare la visione dei corpi straziati dalle radiazioni o la disperazione della gente. Gli interpreti (peraltro bravissimi) sono perfettamente calati all'interno del contesto storico e l'estetica della serie non necessita di nessun tipo di abbellimento, anzi l'aridità dei colori e della scenografia contribuiscono ad alimentare l'amarezza e il senso di totale impotenza di fronte agli errori degli uomini. Indubbiamente un piccolo capolavoro.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico: Non c'è miglior sceneggiatura di un fatto realmente accaduto, in quel caso non si può criticare la vicenda trovando vari ed eventuali buchi di sceneggiatura o incongruenze. Si può parlare dell'adattamento, della scelta stilistica e registica, delle interpretazione: ma sicuramente non della storia. Ebbene, la serie è caratterizzata da un comparto produttivo eccellente, in cui svettano le musiche della islandese Hildur Guðnadóttir che trasmettono una costante sensazione di tensione e la fotografia nebbiosa di Jakob Ihre. Il meglio però lo danno i due ruoli principali, ovvero quello della regia e della sceneggiatura nel suo adattamento. Dietro la macchina da presa c'è Johan Renck, che dopo una prima parte di carriera passata ad alto livello nel mondo del videoclip conferisce uno stile inconfondibile alla serie. Lo script e l'idea, invece, sono di Craig Mazin, che dopo aver realizzato film comici di grande successo (tra cui diversi capitoli di Una notte da Leoni e Scary Movie) passa al genere drammatico con eccellenti risultati. Perché senza troppi giri di parole Chernobyl è un pugno nello stomaco, sappiamo i morti e la desolazione che questo evento ha portato e, mentre le immagini della serie scorrono in tutta la loro drammaticità e potenza, resti inerme, spettatore di uno dei disastri più importati della storia moderna. Chernobyl è una serie lenta, molto lenta, volutamente lenta, fatta da dialoghi e dettagli, scorci. Ogni passaggio o decisione è fatta per far riflettere lo spettatore, per illustrare come tante cose potevano essere evitate o, per lo meno, potevano limitare il danno. Davvero ben fatto e confezionato.
Cast: Svettano Jared Harris, Stellan Skarsgård ed Emily Watson, tuttavia il comparto attoriale si dimostra di altissimo livello anche nei ruoli minori, dove interpreti quasi sconosciuti offrono interpretazioni di grande intensità conferendo grande realismo alla serie.
Commento Finale: La visione di questa miniserie è certamente poco piacevole. Sia le immagini sia i dialoghi dei personaggi sono portatori di contenuti molto pesanti, sia a livello visivo sia a livello ideologico. Ma è necessario essere consapevoli di questo per poter apprezzare il pugno nello stomaco che la serie vuole trasmettere. La gestione del materiale è sorretta da una sceneggiatura solida e da una regia molto curata, che ci fa entrare nel vivo delle vicende drammatiche nel quale le persone che sono intervenute erano non tutte a conoscenza del loro sacrificio. Tra il pompiere che si espone al reattore in fiamme e il ricercatore che spiega al politico le esatte conseguenze che quelle radiazioni avranno su di loro corre un abisso di conoscenze e consapevolezza, ma si trovarono tutti ugualmente coinvolti nella stessa tragedia. Chernobyl però non cade in patetismi molto facili vista la portata dell'evento. Il merito perturbante della serie è quello di voler offrire un quadro quanto più completo di quei momenti, dagli incontri tra gli esponenti di stato con Michail Gorbačëv a quelli con le vittime devastate sui lettini dell'ospedale. Si tratta di un prodotto importante, che vuole raccontare, fare chiarezza e rendere omaggio a tutti quegli individui coinvolti in un incidente devastante, causato da fatali errori e da bugie umane. E il risultato è ottimo.
Consigliato: Una serie agghiacciante e durissima, ma terribilmente importante, e quindi assolutamente da vedere.
Voto: 8
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