martedì 26 maggio 2020

Mr. Robot (4a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/05/2020 Qui - Dopo 4 stagioni Mr Robot giunge alla sua conclusione con un finale sorprendente. Con due puntate di chiusura, la serie ideata da Sam Esmail raggiunge il termine della sua storia rivelando tutte le tracce nascoste sparse nelle scorse stagioni: niente è lasciato al caso. Ogni cosa viene finalmente chiarita e spiegata, in un gioco con lo spettatore presente sin dal primo episodio della stagione 1, quando Elliot si rivolge direttamente al pubblico guardando in macchina e chiamandolo "amico". Questo gioco con lo spettatore è, forse, uno degli aspetti più accattivanti della serie, perché ci permette di immedesimarci e legarci a ciò che accade nonostante il linguaggio tecnico, presente perfino nei titoli, e la dimensione sempre più "sopra di noi" delle forze coinvolte di stagione in stagione. A primo impatto la serie sembra parlare di tecnologia e lotta alla società costituita, ma basta vedere un paio di episodi per rendersi conto che i livelli della storia sono molteplici e vanno a scavare a fondo nella psicologia e nel nostro modo di vedere la realtà. Così, parallelamente a intrighi internazionali, sabotaggio di società, evasioni, omicidi, indagini dell'FBI, crolli della borsa internazionale e spietate società segrete di hacker armati di pistola, il pubblico assiste a un'altra storia, un'altra indagine, quella psicologica all'interno della mente del protagonista. Sono le tracce nascoste sotto innumerevoli sovrascritture e cancellazioni nella memoria del processore all'interno della testa di Elliot le chiavi per non perdersi e trovare il senso di ciò che accade o è già accaduto. In questo capitolo finale Sam Esmail ha scelto di gestire totalmente la regia (aveva diretto e scritto solo alcuni episodi delle stagioni precedenti, tutte della terza, qui la recensione), nel tentativo di portare la resa visiva e drammatica della serie a livelli degni del grande schermo. Infatti, non solo ha saputo tenere le redini di tutti i personaggi secondari che ruotano intorno al fulcro del protagonista, ma lo ha fatto creando delle immagini e degli snodi narrativi sorprendenti e inaspettati per una serie televisiva. Egli, deus ex-machina della serie, è riuscito a spaziare e a dare una visione dolorosamente esatta di tanti fenomeni in atto, sia politici che esistenziali. E con una quarta stagione par larghi tratti clamorosa è riuscito a chiudere un cerchio in maniera perfetta, sintomo di un'idea ben precisa fin dalla scrittura del primo episodio. Quella di Mr. Robot non è stata una cavalcata priva di sbavature e anche la stagione conclusiva inizia un po' in sordina per poi esplodere in una sequenza di episodi incredibili per regia, sceneggiatura ed interpretazioni (Rami Malek conferma come se ce ne fosse ancora e nuovamente bisogno il suo gran talento). Un gioco di virtuosismi che non si è posto limiti, chiuso da un finale intenso che ha confermato la validità, riuscita e bellezza della serie. Voto: 7+

The Race - Corsa mortale (1a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/05/2020 Qui - Avere un'idea buona, un cast con qualche nome noto (su tutti Sean Bean, che ovviamente muore, c'è pure Billy Zane), ma realizzarla malissimo. La brutta avventura con questa serie dieci volte peggiore di Blood Drive (questa sì mortale, e per davvero) inizia già dal titolo che nel Regno Unito è Curfew (Coprifuoco). Paradossalmente tuttavia il titolo italiano è più adatto a descrivere la serie (composta da 8 episodi e trasmessa da Sky Atlantic), che racconta di una corsa (notturna e clandestina) che serve ad aggiudicarsi l'accesso ad un'isola in cui si può vivere liberi, giacché in questo futuro distopico di cui ambientata, il mondo è infettato da un virus dalle origini ignote, in grado di trasformare gli esseri umani in feroci creature che temono la luce. Il resto purtroppo, a parte forse il tappeto sonoro (sigla e soundtrack), che è l'unica cosa davvero salvabile, è problematico. Gli sceneggiatori, che infarciscono la serie di dialoghi semplici e banali, creano infatti una serie delirante (nel senso più negativo del termine), in cui vengono mixati elementi appartenenti a generi completamente diversi, ma senza che questi riescano ad incastrarsi bene. Da una parte abbiamo tutti gli elementi legati alla genesi degli zombie-movie o dei film apocalittici e dall'altra l'immaginario dei film on the road, in cui si parte con una visione delle corse più simile al primo Fast and Furious per poi sfociare in una visione alla Mad Max e finire in una simile a quelle delle Wacky Races, con annessi mediocri effetti visivi cartooneschi, ma soprattutto con un'azione senz'anima. Il circo colorito, composto dai, diciamo, "grotteschi" partecipanti alla gara, che si muove sulle oscure strade britanniche, ha in sé gli attori protagonisti dell'epidemia, la soluzione al prossimo apocalisse e tanti piccoli microcosmi quanti sono gli equipaggi delle vetture, ognuno con il suo tragico vissuto dell'evento e ognuno con i suoi buoni motivi per vincere la corsa. I vari punti focali su cui si basa la caotica narrazione sono, nonostante tutto, sufficientemente ben spiegati e, allo stesso modo, anche la scelta della narrazione tramite flashback per approfondire i personaggi e i loro ruoli nell'epidemia è comprensibile. Il problema vero è nello sviluppo della storia in tempo reale, nelle azioni dei personaggi, nelle relazioni tra loro e nei dialoghi, in cui si passa da un surreale accettabile, all'ironia grottesca, fino al totale fuori contesto troppo velocemente e troppo spesso. Nelle situazioni, nei risvolti, nelle scelte e nelle battute ad effetto, The Race - Corsa mortale non va mai da nessuna parte, finendo con l'irritare invece di intrattenere e con il confondere lo spettatore, il quale alla lunga non riesce più a capire di cosa si stia parlando o dove si voglia andare a parare. Quando questo succede si finisce in una trappola in cui ogni cosa che vuoi fare viene fraintesa e tutto quello che c'è di buono nelle intenzioni (dove del buono c'è, senza dubbio) si perde inesorabilmente in un calderone in cui tutto può finire e in cui niente però sta più bene. Voto: 4,5