Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/08/2021 Qui - La seconda stagione va a riprendere l'ultima scena della prima stagione e su di essa e sul personaggio di Nobusuke Tagomi si va a creare l'arco narrativo più importante dell'intera stagione, una stagione che riflette nuovamente sui poteri dei Media, del giornalismo e dell'importanza di immagini, che sciogliendo qualche mistero (sulle pellicole "divergenti") non dà comunque certezze sulle derive che intraprende la serie in questa stagione, serie ora slegata definitivamente dal romanzo di Philip K. Dick. Al momento infatti siamo tra la fantascienza e il fantastico esoterico, e in questo senso dico subito che la seconda stagione (in cui compare il fantomatico Uomo dell'Alto Castello, interpretato da Stephen Root) evita il problema della (scomoda) spiegazione del "viaggio" di Tagomi, rimandandola probabilmente a una terza stagione, concentrandosi invece sull'evoluzione drammatica dei personaggi le cui vite sono sempre più legate agli eventi fanta-storici e agli intrighi spionistici visti nascere nella prima serie (di 10 puntate). Questa seconda stagione scava nelle viscere della distorta morale nazista, ne mette in luce tutte le discrasie e le contraddizioni e lo fa attraverso le vicende degli uomini che ne compongono la società. Vicende che non necessariamente coincidono con la storyline principale che spesso pecca di lungaggini e sviluppi poco interessanti. Eppure nonostante una certa lentezza nei primi episodi ed alcuni punti non risolti o un po' comodamente accantonati, la seconda stagione di The Man in the High Castle si fa vedere con grande interesse e nel complesso non delude le aspettative: quasi tutti i personaggi (anche quelli secondari, e quelli meno "forti") acquisiscono una complessità psicologica, uno spessore drammatico e un ruolo attivo nella vicenda dando finalmente all'azione un andamento più incalzante. The Man in the High Castle 2 va infatti ad approfondire ogni singolo carattere mostrandolo in una realtà nuova e inedita a loro ed i loro comportamenti all'interno di questa. In queste dieci puntate nessuno dei personaggi è più quello conosciuto all'inizio della prima stagione, ma si sono evoluti nel bene e nel male. In questo senso una delle cose più riuscite di questa seconda stagione (che comunque migliore non è, meglio non fa della precedente), è il singolare e ambiguo rovesciamento di ruoli tra buoni e cattivi che fanno risultare quest'ultimi quasi più "simpatici" (se così si può dire) agli occhi dello spettatore. Una scelta, da parte degli sceneggiatori, sicuramente non banale e coraggiosa. In conclusione con la seconda stagione, The Man in the High Castle pur continuando a creare "disagio", ne conferma le doti positive. Voto: 7
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