Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/09/2021 Qui - Una comedy-drama, un po' noir, che si è rivelata una vera sorpresa. Consigliata da molti, ma non mi aspettavo ciò, non mi aspettavo di ridere così tanto, e di gusto. Fleabag, british al 100%, che diverte, spiazza per il suo linguaggio libero e per l'introspezione esasperata ed espressa con feroce autoironia, specie da parte della bravissima protagonista, mi è piaciuta perché non è mai banale, anche se affronta temi già trattati ampiamente al cinema e in tv. Nel corso di soli 6 episodi (durata media: 25 minuti), la serie televisiva racconta le sfaccettature della vita instabile di una trentenne londinese senza nome. In teoria, il suo nome sarebbe proprio Fleabag, ma non è un nome proprio, è un soprannome che mi pare non venga neppure mai pronunciato. In sostanza, il termine inglese (che, letteralmente, potrebbe significare "pulce da borsa") indica una persona che cura poco la propria igiene e che, appunto, ha le pulci. La protagonista non ha di questi problemi: è lei la pulce. Come un insetto infestante ed ematofago, Fleabag urtica le persone con cui entra in contatto. Lo fa naturalmente, senza colpa. Inquieta chi la circonda, perché è troppo libera, schietta, senza filtri e la sua appariscenza non artificiosa la mette in competizione con il resto del mondo, quando lei, dal mondo, vorrebbe solo un abbraccio. Inizialmente, grazie anche al continuo sfondamento della quarta parete da parte della protagonista, Fleabag (disponibile su Prime Video) sembra una comedy anticonformista su una giovane donna emancipata, benché un bel po' incasinata. Strada facendo, si scoprono la sua spontanea capacità di complicare ogni cosa, anche la più banale, le sue debolezze e le sue profondissime paure. L'ultimo episodio, in questo senso, è straziante e alza l'asticella dell'empatia ad alti livelli. Bravi gli attori. Phoebe Waller-Bridge, che non conoscevo, ha un viso e una presenza scenica estremamente interessanti. Brett Gelman, interpreta bene il cognato ambiguo, in un ruolo particolarmente antipatico, c'è anche Olivia Colman, premio Oscar per la sua interpretazione ne La favorita di Yorgos Lanthimos. Una specie di BoJack Horseman, ma al femminile, che seppur non raggiunge il livello dell'originale, riesce a farsi notare. Voto: 7,5
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