giovedì 27 febbraio 2020

Watchmen (1a stagione)

Paese: USA
Anno: 2019
Genere: Supereroi, Ucronico, Drammatico
Episodi: 9
Durata: 52-67 minuti (episodio)
Ideatore: Damon Lindelof
Cast: Regina King, Don Johnson, Tim Blake Nelson, Yahya Abdul-Mateen II
Tom Mison, Louis Gossett Jr., Jeremy Irons, Jean Smart
Hong Chau, Frances Fisher, James Wolk
Rete Originale: HBO
Rete Italiana: Sky Atlantic


Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2020 Qui - Non è semplice definire questa prima e unica (per il momento) stagione di Watchmen, serie HBO ideata da Damon Lindelof e ipotetico sequel dell'omonima miniserie a fumetti firmata negli anni Ottanta da Alan Moore (storia) e Dave Gibbons (disegno). Non è semplice neanche giudicarla, anche perché ancora non so se mi è piaciuta o meno, ma di certo mi è piaciuta (per quel che mi ricordo) più del film di Zack Snyder del 2009. Forse perché questa serie in verità dai fumetti e dal quel film se ne discosta ampiamente (Watchmen è infatti un sequel ambientato in un 2019 alternativo generato dagli eventi finali del Watchmen cartaceo). Ma comunque piaciuta o meno, si può indubbiamente affermare che il lavoro dello sceneggiatore statunitense (non uno qualunque, per chi non lo conoscesse, Lindelof è uno degli sceneggiatori più controversi degli ultimi dieci anni, la cui firma è stata maledetta sul finale di Lost e in seguito esaltata da The Leftovers, dove ha avuto molto più margine di libertà in quello che poteva raccontare) ha dato vita a uno dei prodotti televisivi più curati e sfaccettati dell'ultimissimo periodo, seppur con qualche neo. Egli infatti, coinvolge tutti i super-eroi del fumetto, ma ne coinvolge anche di nuovi, e lo fa in modo alquanto originale. La storia è ambientata a Tulsa in Oklahoma dove nel 1921 avvenne una guerra civile a sfondo razzista. Questa rappresaglia è un momento cardine che ha dato inizio non solo alla storia della serie tv ma anche all'intero mondo di Watchmen come lo si conosce. Lindelof riesce a plasmare il mondo creato per il fumetto di Moore, con quello reale, cercando di non trascendere la mitologia dei personaggi. I super-eroi, nel 2019, sono ancora considerati fuorilegge e, i poliziotti di Tulsa, devono indossare a loro volta delle maschere per non mettere in pericolo le persone a loro care. Chi sono quindi questi nuovi vigilanti mascherati che proteggono Tulsa dalle minacce e quali sono queste minacce? Abbiamo Sister Night (Regina King, che rivendica il quasi immeritato Oscar vinto per il solo bello Se la strada potesse parlare), Looking Glass (Tim Blake Nelson), Red Scare (Andrew Howard) e grandi ritorni come Ozymandias interpretato dal Premio Oscar Jeremy Irons e Spettro di Seta (qui agente dell'FBI) che ha il volto di Jean Smart. Nonostante la trama si fonda bene col materiale di partenza e che passato, presente e futuro si mescolino proprio come accadeva nel fumetto, per alcune sotto-trame e intrighi, Watchmen non brilla di lucidità e sebbene gli amanti del fumetto potrebbero apprezzare personaggi carismatici come Ozymandias o Giustizia Mascherata molti punti rimangono in sospeso. Il miglior elogio alla scrittura va per il personaggio del Dottor Manhattan, decisamente il meglio reso, quasi uscito dalla penna di Moore stesso. La minaccia invece viene rappresentata, in maniera frettolosa, alla fine della serie, da Lady Trieu (Hong Chau) decisamente una copia di quello che era Ozymandias nel fumetto, con un'ambizione abbastanza criptica e ancora non del tutto giustificata per lo spettatore. La regia di Watchmen è dinamica e ben studiata. Le scene d'azione sono articolate in maniera ottima e orchestrate con coreografie rilevanti. Peccato per gli effetti visivi che non riescono a stare all'altezza degli altri reparti. La resa grafica di Dott. Manhattan è un po' così così. Molto buona la fotografia invece, soprattutto nei primi piani degli interrogatori di Looking Glass. Inoltre, benché si affrontino temi importanti come razzismo, storia, armi e ovviamente, amore, non risultano chiari alcuni passaggi e diverse responsabilità che Lindelof ha deciso di accollarsi (parlo ovviamente dei cambiamenti da lui apportati). Nonostante ciò, e nonostante l'affrettamento evidente nel finale (che può indicare o meno una chiusura), tutto l'ambaradan si segue con piacere. E poi comunque, al di là dei nei, spettacolare è questa serie, in cui indubbiamente c'è del genio, nella scrittura, nel linguaggio e nel resto, e tutto questo va dalla musica alla tecnica, ovvero dai titoli di testa (nel modo e nella scelta del titolo) alle tracce musicali scelte, ed è qualcosa di davvero geniale. E quando qualcosa è così, non si può che elogiare questo lavoro, un lavoro capace di far strabuzzare gli occhi allo spettatore, che non può far altro, e da tutto ciò, che rimanerne affascinato. Voto: 7,5

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