giovedì 30 aprile 2020

The New Pope (Miniserie)

Paese: Italia, Francia, Spagna, USA
Anno: 2020
Genere: Drammatico
Episodi: 9
Durata: 50-60 minuti (episodio)
Ideatore: Paolo Sorrentino
Cast: Jude Law, John Malkovich, Silvio Orlando, Cécile de France
Javier Cámara, Ludivine Sagnier, Henry Goodman, Mark Ivanir
Marcello Romolo, Massimo Ghini, Maurizio Lombardi
Ulrich Thomsen, Nora Waldstätten
Rete Italiana: Sky Atlantic
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/03/2020 Qui - L'attesa di tre/quattro anni non ha deluso le aspettative: con quest'ultimo lavoro, e mi sorprendo ancora nel dichiararlo, Paolo Sorrentino ha realizzato un gran spettacolo all'altezza (ma non esattamente) della buonissima prima stagione. The Young Pope è stata per molti la serie delle contraddizioni, quella che più di ogni altra è riuscita a portare sullo schermo la bellezza e il tormento di concetti contrapposti: sacro e profano, pace e guerra, amore e odio, presenza e assenza, spirituale e quotidiano, attuale ed eterno, rivoluzione e conservazione. The New Pope riprende da dove la serie precedente aveva concluso, ovvero da Pio XIII (Jude Law) in uno stato di coma apparentemente irreversibile e con la Chiesa attaccata dalla minaccia islamica dall'esterno e da quelle dell'idolatria e degli scandali sessuali dall'interno. Nel corso delle sue nove puntate, The New Pope affronta la contemporaneità in maniera diretta e quasi sfacciata, e lo fa attraverso i suoi due immensi protagonisti (ma non solo, Silvio Orlando su tutti, però Cécile de France): da una parte il papa giovane di Jude Law, dall'altra il decadente aristocratico britannico Sir John Brannox (John Malkovich), chiamato a raccogliere l'eredità di Pio XIII e diventare il nuovo pontefice con il nome di Giovanni Paolo III. I due papi incarnano ideali agli antipodi di umanità e di Chiesa: la religiosità pura quanto feroce di Lenny Belardo, che si rivolge a Dio con imperativi e comandi, la ricerca del compromesso a ogni costo di Giovanni Paolo III, per sanare i grandi mali della Chiesa, definiti "isterie e distorsioni dell'amore". Molto più che nella prima stagione, il regista si affida a lunghi e densissimi monologhi tenuti da diversi personaggi, per sostenere una sceneggiatura che si carica di una matrice filosofico-teologica ben più elevata rispetto alla prima stagione. Persino i virtuosismi di camera e in generale un certo barocchismo visivo sono qui funzionali per far decantare la materia. Siamo di fronte a un'opera in cui dottrina e pop si fondono in modo mirabile (basta la sigla con le novizie che ballano la lap dance con il crocifisso a far gridare, giustamente, allo scandalo), fornendoci strumenti inediti per comprendere il mistero della vita, della morte e dell'amore. Ovviamente non mancano le classiche idiosincrasie sorrentiniane (che fanno comunque parte dei piccoli difetti che la serie porta con sé), come l'idolatria per il Napoli, la passione per il grottesco e il potersi togliere la soddisfazione di ingaggiare icone pop come Sharon Stone e Marylin Manson per due gustosi cammei. Ma si tratta di un'operazione di sviamento da quello che ha tutta l'intenzione di essere un poetico affresco sulla bellezza della fragilità umana, nonché una riflessione sui pericoli del fanatismo. Il tutto è come sempre sottolineato magistralmente da una fotografia emozionante e una colonna sonora ipnotica che spazia dalla dance di Sofi Tukker agli archi di Peter Gregson. Si dirà che è eccessiva, lenta, volgare, a tratti persino trash. E anche ingiustamente esagerata e provocatoria nel parlare dei mali del Vaticano, dipinto spesso come un concentrato di persone con doppie vite, vizi pubblici e privati, ipocrisie, mancanza di lealtà e di fede. Ma se si riesce ad andare oltre il (legittimo) fastidio che si può provare, la serie offre innumerevoli spunti per riflettere ed emerge l'idea di una Chiesa che continua ad essere, nonostante tutto, luce del mondo, a dispetto della miseria di tanti uomini che la rappresentano. Voto: 7

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