Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/06/2021 Qui - Eccomi arrivato alla fine anche di questa (terza ed ultima) stagione della saga (regolare) di Narcos (la serie spin-off al momento non vedrò, ma poi chissà), una stagione leggermente inferiore alle altre due, ma sempre d'altissimo livello. Il titolo è sempre stato chiaro: Narcos pone l'attenzione su un fenomeno, su un mondo, che si è sviluppato nell'America centrale e della lotta delle autorità colombiane nei confronti dell'esplosione del traffico di cocaina tra Stati Uniti ed Europa nel corso degli anni '80. Narcos 3 riprende la storia che ci si era lasciati alle spalle al termine della seconda stagione e ci immerge nuovamente in un mondo in fervente divenire come può essere quello del cartello della droga, nel quale il ruolo di comando è destinato a cambiare con repentina frequenza. Alla morte di Escobar, sono i "Gentiluomini" di Cali a comandare il narcotraffico, nuovi leader che si muovono con metodi diversi da quelli di chi li ha preceduti: meno violenza che possa catalizzare l'attenzione generale, ma piuttosto una preferenza per la corruzione ed il controllo di uomini di governo attraverso tangenti e mazzette. Quella che poteva essere una seria difficoltà, diventa in realtà una grande opportunità: la serie non dimostra in alcun modo di soffrire la mancanza del suo uomo simbolo, ma coglie l'occasione per rinnovarsi e ripartire. Se la stagione 2 finiva per essere in qualche modo claustrofobica con la sua inevitabile attenzione su Pablo Escobar e la sua cattura, chiudendo gli stessi spettatori con lui nella sua gabbia dorata, la terza stagione si apre a nuovi temi e personaggi, amplia il suo raggio d'azione e riesce a raccontare una storia corale in cui ogni membro del cast (vecchio e soprattutto nuovo) risulta funzionale al ruolo che deve ricoprire. Narcos 3 mantiene l'impostazione e lo stile delle due stagioni precedenti, mantiene la stessa sigla di testa, l'alternanza di inglese e spagnolo, la fotografia ed il look generale, ma si adatta all'andamento della storia che racconta, evolvendo con essa. La stessa voce fuori campo, presente nella terza stagione come nelle precedenti, è ora affidata al Peña di Pedro Pascal che, orfano del collega Boyd Holbrook, diventa il punto di riferimento per le indagini e lo spettatore, portandoci per mano in un mondo che allarga il proprio raggio d'azione e diventa sempre più complesso e internazionale. In questo senso il lavoro della sceneggiatura (Carlo Bernard e Doug Miro firmano la maggior parte degli episodi) si rivela strumentale alla delineazione di questa complessa realtà, ricca di pathos trattenuto, di violenza che esplode improvvisa, di suspense calibrata sull'impiego di sequenze in montaggio alternato e parallelo. La Colombia emerge, ancora una volta, come luogo affascinante e contraddittorio: una terra in cerca di riscatto ma anche una sorta di "narco-democrazia" indotta che ha fatto dell'illegalità e dello scontro una seconda natura. In conclusione la terza stagione di Narcos sfrutta (sorprendentemente) benissimo l'eredità di Pablo Escobar costruendo, su un terreno già solido, una vicenda composta da ottimi personaggi, fotografati con un'ottima messa in scena. E contro ogni previsione si conferma ancora una volta un grandissimo prodotto. Voto: 7,5
Nessun commento:
Posta un commento