Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/06/2021 Qui - A Banshee si iniziano a tirare le somme. L'urlo funebre della mitologica creatura si diffonde sempre più rumoroso tra le case, i magazzini e i bar dell'immaginaria cittadina della Pennsylvania, alcuni fili narrativi vengono infatti conclusi in questa stagione pre-finale ed il destino di vari personaggi più o meno fondamentali trova il suo naturale (ma sempre sanguinoso) compimento. Il tema principale, il "rapporto" Hood-Carrie-Rabbit, è stato (fortunatamente) definito nella passata stagione (la sua eliminazione, dell'antagonista più temuto e meno "fraternizzato", credo abbia giovato davvero alla serie) e l'approccio allo sviluppo delle varie tematiche si fa progressivamente più corale, ampliando a dismisura gli intrecci del plot. E si approfondisce la conoscenza con l'arcinemico di stagione: il truce indiano ribelle Chayton Littlestone, interpretato dal massiccio Geno Segers (un po' dispiace l'uscita di scena di Siobhan, ma ahimè, era scritto nella pietra che andava così, per cui tocca rassegnarsi e non rimanere stupiti della sua tragica e violentissima fine). Come si è già detto (almeno credo d'averlo fatto) il progetto seriale di base è "cialtronesco" e la sua forza risiede nella pletora di caratteri messi nel calderone seriale e nell'improbabilità (pulp-trash-splatter) di molte situazioni. Che divertono (sanguinosamente) a più riprese, grazie ad un nutrito nugolo di volenterosi e sconosciuti attori, molti alla "prova" della vita, trovatisi perfettamente a loro agio nel mood definito dagli autori. I più noti all'avvio, almeno per lo scrivente, erano due o tre, ma chi più chi meno, tutti interpreti/ruoli memorabili. Per una terza stagione (ancora) rutilante e carnascialesca, con solo un pizzico in meno di sexploitation. Si vedrà poi nella quarta, nella speranza che il finale della storia sia in pieno stile con il resto della serie: violento, serio, e quanto basta sanguinario. Voto: 7
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