venerdì 11 settembre 2020

The Mandalorian (1a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/09/2020 Qui - Il miglior prodotto Star Wars degli ultimi anni, migliore anche di Rogue One e dell'intera nuova trilogia (anche se di questa mi manca ancora l'ultimo tassello), questo è The Mandalorian (nota anche come Star Wars: The Mandalorian), la prima serie televisiva live action ambientata nell'universo di Guerre Stellari. La serie infatti, distribuita sulla piattaforma streaming Disney Plus dal 12 novembre 2019, data di lancio del servizio negli Stati Uniti, e da marzo scorso in Italia (lanciata da Italia 1 con la sola prima puntata ma disponibile interamente in esclusiva dalla suddetta piattaforma), lascia senza fiato. The Mandalorian, ambientato dopo le vicende de Il Ritorno dello Jedi e 25 anni prima de Il Risveglio della Forza e del suo sequel ovviamente, Gli ultimi Jedi, è un western futuristico dove tutti sono brutti, sporchi e cattivi, dove il deserto (sia fisico che metaforico) la fa da padrone, dove i saloon sono pieni di feccia proveniente da ogni parte della galassia, dove rischi la vita ogni giorno e dove sparatorie e tradimenti sono il pane quotidiano. È un futuro già vecchio in cui la più moderna delle tecnologie è già polverosa, dove si parla poco e si agisce molto, in cui nonostante le disavventure, l'Impero, i tradimenti, tutto è bellissimo. Se The Mandalorian funziona molto, si deve alla buona sceneggiatura scritta a otto mani da Jon Favreau (anche ideatore), Dave FiloniChristopher Yost e Rick Famuyiwa, capaci di portare sul piccolo schermo tutti gli elementi che hanno decretato il successo di Star Wars, aggiungendo una storia avvincente (fatta di tanti piccoli step talmente banali e didascalici da fare il giro e risultare, nonostante tutto, incredibilmente affascinanti) e un protagonista accattivante. A cui si somma la brevità degli episodi, condensando così in poco più di mezz'ora l'azione che non perde (quasi) mai di intensità. La serie ha una linearità d'altri tempi, un crescendo emozionante e una regia cristallina, affidata a sei filmmaker diversi (tra cui spicca Taika Waititi, regista del finale di stagione) per gli otto Capitoli complessivi.
Il Mandaloriano del titolo ricorda i molti pistoleri western interpretati da Clint Eastwood, uomini senza nome, senza legge, senza paura e con una morale tutta loro ma che nonostante tutto cercano sempre di fare sempre la cosa giusta, anche se sanno che non gli porterà che guai. Un uomo dagli occhi (o meglio dall'elmo) di ghiaccio (che mai togliere deve), arguto e letale come pochi, sempre con il dito sul grilletto. Un antieroe che affronta i suoi nemici e il suo destino con onore. Uno che, pur avendo il volto nascosto (c'è Pedro Pascal comunque sotto, la conferma nell'unica occasione che si presenta nell'ultima puntata), riesce lo stesso a trasmettere una grande personalità e un carisma non indifferente (è nato un nuovo Judge Dredd?). Uno che quando in pericolo c'è un bambino (seppur di 50 anni) non esita ad aiutare. Soprattutto se in questo caso si tratta di un bambino della specie di Yoda, il famosissimo Jedi con la pelle verde che abbiamo conosciuto e amato nella trilogia di Star Wars degli anni ottanta. Baby Yoda, soprannominato così dal pubblico e dai media, si rivelerà essere una creatura affettuosa ed estremamente potente, che forse non merita di essere consegnata ad un uomo (uno splendido, cattivissimo Werner Herzog) che non ha di certo intenzione di porgli rispetto e amore. Il Mandaloriano inizia così una nuova vita, fatta di fughe e acerrime battaglie per far sì che il piccolo (adorabile scricciolo) riesca a salvarsi. Siamo perciò davanti a un vero e proprio ritorno alle origini, dove il non detto è più importante delle parole, in cui è riscontrabile una maniacale attenzione per i dettagli (ogni aspetto, dall'ambientazione, ai personaggi e alle creature che popolano il mondo, è ricreato con cura maniacale senza mai eccedere con la CGI) e in cui di certo non mancano citazioni all'intero franchise. Un richiamo e un omaggio a tutto ciò che è stato fatto, perché Star Wars è un universo infinito e in continua espansione.
La serie colpisce soprattutto per la storia coinvolgente e ricca di misteri, per la molta azione presente, il citazionismo, l'autoironia e perché come ogni serie che si rispetti fa sorgere nuove domande, in particolare per quanto riguarda il popolo di Mandalore. In The Mandalorian gli showrunner iniziano mostrarci stralci della cultura mandaloriana e del loro codice, dell'importanza dell'acciaio Beskar. Sicuramente interessante è il suo svolgimento in stile videogame in cui alla story line principale si affiancano quelle secondarie che porteranno il protagonista a vivere avventure che in qualche modo lo "distraggono" dal suo obiettivo principale. Una scelta narrativa che da una parte ci fa conoscere il protagonista in tutte le sue sfaccettature, dall'altra rischia talvolta di sviare troppo dalla trama e di rallentarla. Per quanto riguarda i difetti, di cui neanche un ottimo prodotto come The Mandalorian è esente, si possono citare innanzitutto le musiche non proprio esaltanti e poco incisive (ad eccezione dello straordinario main theme, ad opera di Ludwig Göransson, premio Oscar per Black Panther). La più grande pecca della serie però (che non fa prendere il massimo dei voti a The Mandalorian, ma che non gli proibisce affatto di essere certo a miglior prodotto Star Wars della stagione, e forse anche delle prossime) è la non approfondita caratterizzazione dei personaggi secondari, sebbene ognuno sia interessante a modo suo e riesca a lasciare il segno, forse complessivamente avrebbero meritato maggiore considerazione, parlo soprattutto della soldatessa Cara Dune, interpretata da Gina Carano, possente donna che riesce ad imbracciare una mitragliatrice laser come se fosse la cosa più naturale di sempre e del losco Greef Karga, Carl Weathers, l'indimenticabile Apollo Creed della saga di Rocky, uomo moralmente ambiguo che, volente o dolente, deve avventurarsi assieme alla "compagnia".
Comunque non ci si può però dimenticare degli altri personaggi, secondari o meno, e cioè di Kuiil, coltivatore di umidità ugnaught che riacquistato la libertà dopo essere stato schiavizzato dall'Impero aiuta il gruppo, doppiato in originale da Nick Nolte, e di IG-11, innocente e ingenuo droide cacciatore di taglie, che elabora le conversazioni in modo preciso e letterale, mentre tra guest star e attori più o meno famosi, ecco presentarsi Amy SedarisClancy BrownNatalia TenaMing-Na Wen, Melinda May in Agents of S.H.I.E.L.D., e soprattutto Giancarlo Esposito, che sicuramente si vedrà successivamente. La serie fa della semplicità la sua arma, e forse proprio a causa di ciò tende a non rischiare troppo. Allo stesso modo, chi non è avvezzo all'universo di Star Wars potrebbe faticare un po' a seguirla. In ogni caso The Mandalorian fa la felicità degli appassionati e dei fan della Saga (ci si sente subito a casa), può farla anche tutti quelli che della saga degli Jedi non amano solo le spade laser e gli spettacolari tenzoni. Strutturata come un western spaziale ma con lo stile inconfondibile degli Star Wars originali, davvero fantastico. The Mandalorian, pronto per la seconda stagione (che arriverà a ottobre 2020) e già rinnovato per una terza (che ha pure presentato una serie documentario sulla realizzazione della serie disponibile sempre su Disney Plus, prossimamente conto di vederlo), dimostra insomma che la saga di Star Wars ha ancora parecchio da dire, se trattata da mani sapienti come queste di Jon Favreau (quelle di Iron Man e Il libro della giungla per intenderci e non per caso). Giacché prodotto divertente e intrigante che (tutti) conquista (anche la critica) è questo (in attesa di sapere quanti Emmy si porterà a casa). Assolutamente da vedere. Voto: 8

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