Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/01/2020 Qui
Tema e genere: Gli amori, la vita di palazzo, il rapporto con Grigorij Potemkin e il figlio Paolo sono rappresentati in questa serie tv (in questo period drama scritto da Nigel Williams per HBO) che vede come protagonista Caterina II di Russia, meglio nota come Caterina la Grande.
Trama: Incentrata sugli ultimi vent'anni di vita, dal 1776 al 1796, la miniserie racconta la storia dell'Imperatrice negli anni successivi al colpo di Stato. Anni di guerre, intrighi e soprattutto amori.
Recensione: Fisico minuto e sguardo d'acciaio, Helen Mirren è una delle interpreti per eccellenza della regalità, al cinema, in teatro, e ora anche in tv. E Caterina la Grande è solo l'ultimo tassello di una carriera costellata da varie interpretazioni del potere monarchico, e dell'algida solitudine che esso comporta (impossibile non menzionare The Queen - La regina anno 2006). Tuttavia, in questa miniserie co-prodotta da Sky Atlantic (canale da cui è stato trasmesso in Italia) e HBO l'interprete si scontra con i limiti di una sceneggiatura fiacca e superficiale. Qui le vicende storiche, con una netta predilezione per quelle intime e sentimentali, della zarina di Russia sono portate allo spettatore da un punto di vista basilare e raramente carico di sfumature. In quattro episodi, la serie diretta da Philip Martin (dietro molti episodi di The Crown) racconta un periodo storico che corrisponde agli ultimi decenni di regno della zarina. Tra le figure più rappresentative del cosiddetto dispotismo illuminato, Caterina II conduce con mano ferma le sorti della Russia in politica interna ed estera. Si inizia con un tentativo di abolizione della servitù della gleba, e si prosegue raccontando con minore o maggiore interesse i conflitti con l'Impero Ottomano, la gestione o repressione dei complotti di palazzo, la lotta contro le rivolte interne. Il tutto è filtrato attraverso la lente dell'amore segreto (benché sotto gli occhi di tutti) con il comandante dell'esercito Potemkin (Jason Clarke). Ad un certo punto, Caterina pronuncia le parole "la politica è l'arte dell'equilibrio". Tuttavia la sceneggiatura di Nigel Williams confonde la ricerca dell'equilibrio con una più timida semplicità. I dialoghi, le motivazioni e le caratterizzazioni che muovono la storia sono infatti diluiti attraverso un intreccio pluridecennale in cui tutto è fin troppo lineare e superficiale (in tal senso è un errore quasi certamente quello di affidarsi sempre agli stessi interpreti, vecchi da giovani, o il contrario). La prima mezz'ora accavalla una spiegazione eccessiva dopo l'altra su chi sono i personaggi, cosa vogliono, cosa è accaduto loro. Ad un certo punto non ci sarà più bisogno di puntualizzare ogni situazione, ma la miniserie a quel punto diventerà del tutto dipendente dal rapporto amoroso sofferto tra Caterina e Potemkin.
Helen Mirren si muove attraverso la legnosità dell'intreccio con la statura attoriale che le è propria. È evidente che questa è la sua miniserie, e di nessun altro (c'è anche il suo nome tra i produttori), ma non ci sono appigli o scene in cui ha davvero la possibilità di risplendere. Il resto del cast, nel quale si può evidenziare la presenza di Rory Kinnear e Gina McKee, entrambi sacrificati, non emerge perché sono i caratteri secondari a non avere spessore oltre a quello funzionale al rapporto amoroso. E questa stessa relazione in cui passione, dipendenza, non detto e romanticismo si fondono secondo le esigenze del momento, racconta sempre meno su se stessa man mano che si procede nella vicenda. Una vicenda che viene erroneamente racchiusa (seppur è cosa buona e giusta non allungare troppo il brodo) in quattro puntate, poiché la serie in alcuni momenti letteralmente corre nel tempo, affrontando le questioni in modo approssimativo e confuso se una persona non ha (o nel frattempo) non cerca notizie storiche. Tuttavia si fa vedere con interesse (è fedele alla storia in ogni caso), e comunque ci sono degli aspetti positivi, tanto che il voto è comunque 6 perché la produzione non merita l'insufficienza. Produzione appunto, la rappresentazione grafica, la fotografia, la messa in scena dei costumi, degli abiti, dei palazzi, dello stile di vita delle persone dell'epoca (non dimenticando la buona colonna sonora di Rupert Gregson-Williams e l'efficace sigla d'apertura), tutto è infatti ben mostrato, dando così un bello sfondo a tutto. Perciò, in conclusione, serie che presenta belle immagini, discrete interpretazioni e che fa ben sperare, ma che nella parte centrale risulta essere ripetitivo, confusionario e non convince del tutto. Alla fine della visione sono rimasto, nel complesso, contento di aver seguito la serie, però con la delusione che poteva essere più coinvolgente e curata meglio nei particolari, soprattutto nei dialoghi. Perciò solo sufficiente.
Helen Mirren si muove attraverso la legnosità dell'intreccio con la statura attoriale che le è propria. È evidente che questa è la sua miniserie, e di nessun altro (c'è anche il suo nome tra i produttori), ma non ci sono appigli o scene in cui ha davvero la possibilità di risplendere. Il resto del cast, nel quale si può evidenziare la presenza di Rory Kinnear e Gina McKee, entrambi sacrificati, non emerge perché sono i caratteri secondari a non avere spessore oltre a quello funzionale al rapporto amoroso. E questa stessa relazione in cui passione, dipendenza, non detto e romanticismo si fondono secondo le esigenze del momento, racconta sempre meno su se stessa man mano che si procede nella vicenda. Una vicenda che viene erroneamente racchiusa (seppur è cosa buona e giusta non allungare troppo il brodo) in quattro puntate, poiché la serie in alcuni momenti letteralmente corre nel tempo, affrontando le questioni in modo approssimativo e confuso se una persona non ha (o nel frattempo) non cerca notizie storiche. Tuttavia si fa vedere con interesse (è fedele alla storia in ogni caso), e comunque ci sono degli aspetti positivi, tanto che il voto è comunque 6 perché la produzione non merita l'insufficienza. Produzione appunto, la rappresentazione grafica, la fotografia, la messa in scena dei costumi, degli abiti, dei palazzi, dello stile di vita delle persone dell'epoca (non dimenticando la buona colonna sonora di Rupert Gregson-Williams e l'efficace sigla d'apertura), tutto è infatti ben mostrato, dando così un bello sfondo a tutto. Perciò, in conclusione, serie che presenta belle immagini, discrete interpretazioni e che fa ben sperare, ma che nella parte centrale risulta essere ripetitivo, confusionario e non convince del tutto. Alla fine della visione sono rimasto, nel complesso, contento di aver seguito la serie, però con la delusione che poteva essere più coinvolgente e curata meglio nei particolari, soprattutto nei dialoghi. Perciò solo sufficiente.
Giudizio in sintesi: La seconda campagna di Russia di Sky e HBO è un deciso passo indietro rispetto a Chernobyl. La forza visiva, narrativa e d'impatto, capace di conquistare critica, pubblico e premi del racconto del disastro nucleare degli anni '80, è in Caterina La Grande completamente assente. Indubbiamente c'è qualità (tecnica), ma l'oro qui luccica poco.
Consigliato: Caterina La Grande è una produzione che ha bisogno del libretto delle istruzioni: solo conoscendo la vera storia di Caterina, le sue politiche rivoluzionarie per l'epoca, è più facile apprezzare il contenuto della serie, riuscendo ad andare oltre gli amori. Quindi se dovete, venite già "mangiati".
Voto: 6
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