Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/07/2021 Qui - Quando Dave Holstein ha creato Kidding rimettendo insieme il genio visivo di Michel Gondry e la presenza scenica di Jim Carrey, ci siamo trovati al cospetto di un oggetto televisivo abbastanza alieno: una versione satirica di Mr. Rogers, papà televisivo della TV per bambini negli USA, pochissimo tempo fa riproposto in versione Tom Hanks al cinema, nel film Un amico straordinario, recentemente visto. Quello che veniva presentato al pubblico era una commedia matura, scorretta, sotto certi aspetti cinica e il cui scopo era quello di mettere Mr.Pickles, Jim Carrey in versione Mr. Rogers, direttamente a confronto con le psicosi del mondo moderno e nel quale i sentimenti più caustici della realtà andavano a piegare la seraficità di un personaggio quasi estraneo a ogni reazione umana, fino a spezzarlo. Ci riuscì benissimo (Qui la recensione della prima stagione), quello che non mi sarei mai immaginato è che la seconda stagione di Kidding va quasi oltre, voltando pagina per portarci in uno show che è quanto di più simile a una versione live-action di BoJack Horseman per temi, toni e vie del racconto. Confermandosi in tal modo una serie televisiva atipica, brillante, originale. Un vero show dramedy in grado di parlare di lutto, amore, odio, dello scorrere del tempo e della vita stessa. Attraverso il microcosmo di una famiglia riviviamo i fatti salienti di un nucleo alle prese con l'inesorabile scorrere del tempo. Attraverso la metafora dei pupazzi, che sono dei riflessi degli stessi personaggi, la serie offre una narrazione efficace, intesa e di assoluto livello artistico. L'episodio 3101 dello show, dove praticamente assistiamo in toto ad una puntata del Mr. Pickles Puppet Time, il revival dello show dei pupazzi di Jeff (in cui compare nella parte della fatina una dolcissima Ariana Grande), assistiamo al culmine, al climax emotivo per eccellenza e dove il tempo dello show è lo stesso della diegesi. Una puntata di meta-televisione molto potente e che riesce a dare il senso all'intera serie in quanto culmine narrativo di un prodotto che ha sfruttato un tono quasi fiabesco e surreale per trattare di temi universali a noi vicini. Finalmente, questo secondo ciclo chiude tutti gli intrecci narrativi più importanti attraverso brillanti espedienti diegetici, atipici in prodotti televisivi. Questa seconda stagione si conferma innovativa, godibile e intensa. Strutturata in modo sapiente e mai banale, offre spunti interessanti che fanno riflettere. Quello di Kidding è senza dubbio un addio che fa male, un racconto seriale che forse avrebbe meritato di più da parte di Showtime, certamente uno splendido viaggio nel dolore umano a cui tutti dovrebbero prendere parte. Voto: 7,5
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