Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/07/2021 Qui - E' forse uno dei migliori spettacoli di arti marziali degli ultimi anni: consiste in una miscela bollente di generi e rappresenta decisamente un unicum nel panorama seriale attuale. E' appunto Warrior, ed è firmato Cinemax. Nella prima stagione dell'action-drama abbiamo scoperto la realtà delle tong, le società sino-americane coinvolte per lo più in azioni illecite, che insanguinavano le strade di San Francisco alla fine del XIX secolo. Abbiamo conosciuto il protagonista Ah Sahm, interpretato dall'attore Andrew Koji, il quale non è solo un portento del kung fu, ma è una vera e propria macchina umana da combattimento. In questo senso, senza spoilerare nulla, se la prima stagione era incandescente, Warrior 2 diventa esplosiva. In Warrior 2 c'è infatti molta più azione, delle vicende ancora più appassionanti e un maggiore sviluppo sia dei personaggi che dell'intreccio degli archi narrativi. Se difatti la prima annata metteva le carte in tavola, descrivendo il temperamento impulsivo e lo spirito ambizioso del protagonista, la seconda stagione sviluppa le tematiche e i personaggi di Warrior (nel cast ritroviamo gli stessi personaggi della prima stagione più qualche interessante new entry) attestandosi come un'annata molto più coesa narrativamente, più attenta alla psicologia, più acuta nel ricostruire gli attriti sociali e farne una parabola del corrente razzismo dilagante negli Usa e più, in generale, avvincente. Eppure è stata migliore per me, e preferisco la prima di stagione, per la sorpresa, la novità, l'adrenalina, il tasso di sensualità e per tante altre cose, e comunque questa seconda perfetta non è, qualcosa c'è che non funziona, ma in ogni caso è la linea narrativa dedicata al razzismo e alle rivalità sociali la parte migliore della seconda stagione di Warrior. Jonathan Tropper, già co-creatore di una delle serie più belle del nuovo millennio, Banshee (omaggiata anche con un locale che ne porta il nome e con la presenza nel cast di Hoon Lee nei panni di Wang Chao), sa fare bene tre cose: produrre serie adulte con dosi industriali di sesso e violenza che non risultano mai eccessive o fastidiose, creare protagonisti di villain solitari che sono anche guerrieri tormentati con un proprio codice morale, e raccontare il lato oscuro dell'America razzista. Molto più che una semplice serie action, quindi, Warrior è anche una serie con una forte voce femminile. Figure emancipate che nella loro epoca riescono a raggiungere un'indipendenza impensabile per il proprio sesso senza rinunciare alla propria femminilità. Alcune di loro si decorano con trucco pesante, vistosi gioielli e abiti eccentrici come se indossassero una maschera di guerra. Una menzione va anche infatti, alla ottima confezione di Warrior: dai costumi originali e pittoreschi alle scenografie suggestive e sporche, specialmente quelle che riproducono Chinatown passando per le musiche, che nei titoli di coda diventano orecchiabili tracce hip hop e rap contemporanee. In attesa della terza (confermata) stagione, un (nuovamente) buonissimo intrattenimento. Voto: 7
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