Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/05/2022 Qui - Da un po' di tempo divenuta una delle gemme non del tutto nascoste della
televisione, ha ottenuto consensi dalla critica e premi per ciascuna
delle sue prime due stagioni, ha mantenuto un pubblico modesto ma
costante, e questo per una finta serie di commedie horror su quattro
vampiri che "vivono" a Staten Island, con un gruppo di attori meno noti
(sebbene affermati), è un risultato impressionante, in particolare
quando i drammi e le sitcom più tradizionali e sceneggiati tendono a
dominare le conversazioni sulla TV. Forse ancora più impressionante,
tuttavia, è che What We Do In The Shadows è riuscito a mantenere la sua
premessa unica e il formato fresco con ogni nuova stagione (Qui la seconda), e continua a
offrire un sacco di risate, colpi di scena e momenti citabili (in
attesa anche di una quarta di stagione, che sicuramente non perderà il
suo "morso"). Sarebbe stato facile per What We Do In The Shadows infatti
drenare la sua
configurazione iniziale per il valore dell'intrattenimento fino a quando
la premessa non fosse diventata troppo noiosa o troppo prevedibile per
trascinarsi oltre, ma il team creativo della serie continua a trovare
modi per bilanciare il familiare con nuovi colpi di scena, nuovi
personaggi intriganti e percorsi inaspettati per i suoi personaggi
ricorrenti. Non a caso questa terza stagione dello show è
la più ardita,
scioccante e provocatoria, ma anche la più "umana": i vampiri soffrono
di depressione, solitudine, bisogno di affetto e mal di vivere come i
mortali, e mai come in questa annata l'ilarità va di pari passo con una
soffusa malinconia. Kayvan Novak, Natasia Demetriou, Matt Perry, Mark
Proksch e Harvey
Guillén sono ormai tanto affiatati, realistici e naturali nella propria
recitazione da illudere lo spettatore che What We Do in the Shadows sia
un vero documentario su una famigliola solamente un po' bizzarra. Che
spasso! Voto: 7
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