martedì 16 novembre 2021

Manhunt: Unabomber (Miniserie)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/11/2021 Qui - La storia della caccia all'attentatore seriale che terrorizzò gli Stati Uniti a partire dal 1978. La serie prodotta da Netflix approfondisce la psicologia del personaggio principale, ma riserva spazio anche all'azione grazie al doppio arco temporale che riguarda il pre e il post cattura di Unabomber, e ad un montaggio incisivo che non fa mai calare la tensione (l'andirivieni temporale infatti, espediente comunque non sempre piacevole, aiuta a rendere fluidi i passaggi più "teorici"). Ritmo veloce, buona resa realistica delle immagini e dei procedimenti federali, comprimari di rango. Manhunt: Unabomber analizza, e soprattutto, del terrorista, il suo linguaggio, il significato simbolico delle sue tragiche imprese, analizzando le sue parole scritte. Un serial killer fra i più atipici della storia, a suo modo unico, per quella sua caratteristica di mettere distanza tra se stesso e le sue ignare vittime. La serie vive del dualismo di due individui con caratteristiche molto simili tra di loro. Entrambi con un talento innato, ma poco riconosciuto dagli altri, se non addirittura usati o manipolati. Due spiriti affini destinati a far terra bruciata intorno a loro. Isolati e soli. Una produzione ben fatta, che può contare sulle buone interpretazioni di Paul Bettany (autore di un'ottima performance anche "fisica") e Sam Worthington. Quest'ultimo regala forse la sua performance migliore, ma a stupire davvero è Bettany, che riesce nell'impresa di far empatizzare con il terrorista (che terrorista è) e regalare pietà per la sua figura (ma comunque terrorista rimane). Per concludere, miniserie (recentemente divenuta serie antologica) certamente non perfetta (troppe parole, troppi personaggi inutili e/o antipatici), ma sicuramente notevole. Voto: 7

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