Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/04/2022 Qui - Un programma ambizioso, un dramma steampunk/fantasy tecnicamente
pregevole ma narrativamente disomogeneo. Se è infatti ben evidente lo
sforzo produttivo grazie a un works-building estremamente ricco e curato
e ammirevole nel ricostruire una Londra ucronica e post-industriale
fantastica ma, al contempo, verosimile, la serie mostra invece il fianco
come improbabile patchwork di generi, una rilettura pedestre di
archetipi, anche scontati, che vanno dal Mito favolistico al thriller
poliziesco con derive anche orrorifiche, tra Jack lo squartatore e il
mito del Golem, e che spazia dalla semplice avventura alla denuncia
sociale, dal tema dell'immigrazione al razzismo, dal dramma politico al
conflitto sociale, da Jules Verne ad Arthur Conan Doyle passando, perché
no, anche da Jane Austen. Tante storie e argomentazioni (forse troppe)
trattate anche con crudezza ed estremo realismo ma che si intrecciano
troppo caoticamente, perdendosi in uno specchio che vorrebbe
rappresentare, in tutta la sua bruttezza, il nostro mondo ma che spesso
si riduce soltanto in un melodramma anche piuttosto pedante. Ad incidere
è anche la scelta dei protagonisti, in primis Orlando Bloom e Cara
Delevingne, dettata probabilmente più dalla fama e dallo star power che
non dalla rispettive capacità (anche se la seconda non mi era affatto
dispiaciuta in Life in a Year e il primo qualche buona prova ha offerto in carriera), e da un resto del cast in realtà
piuttosto anonimo, ad eccezione di Jared Harris, seppur relegato in un
ruolo di contorno. Carnival Row, un titolo poco originale che notevoli
premesse non mantiene, non del tutto ancora, perché anche se non era
necessario, purtroppo una seconda stagione ci sarà. Voto: 5+
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