martedì 28 gennaio 2020

Victoria (3a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/01/2020 Qui
Tema e genere: Terza stagione del period drama creato e principalmente scritto da Daisy Goodwin, ormai famosa scrittrice e produttrice televisiva inglese.
Trama: La terza stagione di Victoria (sempre trasmessa in Italia su La EFFE) ci trasporta in un'Europa sconvolta dalle rivoluzioni e vede la regina alle prese con innumerevoli difficoltà, politiche e personali.
Recensione: La serie prosegue il suo excursus storico sulla regina più famosa (dietro solo a quella che c'è adesso probabilmente) del Regno Unito (nuovamente interpretata e bene da Jenna Coleman), portando la reggente verso un nuovo arco narrativo appassionante. Questo nuovo ciclo di episodi (otto) mostrano infatti numerosi eventi storici rilevanti ma si focalizzano principalmente sui cambiamenti politici dell'Europa dove i paesi stanno abbandonando le monarchie per abbracciare una conformazione repubblicana. Scossa della Seconda Rivoluzione Francese, dove la monarchia viene scacciata nuovamente dal proprio popolo, il Regno Unito deve così far fronte a tumulti rivoluzionari che mettono apprensione alla corte monarchica. Non solo, oltre ai cambiamenti politici nell'Europa, la terza stagione si focalizza anche su epidemie, carestie e conflitti famigliari. La Vittoria di questa terza stagione è quindi una regina alle prese con diverse difficoltà, che metteranno a dura prova non solo la sua incrollabile fede nell'amore che i sudditi provano verso di lei, ma anche il suo matrimonio. Ostacoli che la sovrana cercherà di superare restando sempre fedele a se stessa e ai suoi valori, dando vita così ad un'ulteriore crescita del suo carattere, ormai è una donna, sempre più consapevole di se stessa e del suo ruolo, non solo come sovrana. Insomma tanta carne al fuoco, ma la stagione riesce a mantenersi su un buon livello.

La guerra dei mondi (Miniserie)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/01/2020 Qui
Tema e genere: Miniserie televisiva britannica diretta da Craig Viveiros, tratta dall'omonimo romanzo di H. G. Wells, che prova a dare nuova linfa (riuscendoci in parte) ad un classico della letteratura mondiale.
Trama: Ambientata nell'Inghilterra Edoardiana, la miniserie segue George e sua moglie Amy iniziare una vita insieme nel disprezzo della società britannica. Improvvisamente devono affrontare l'intensificazione di un'invasione aliena da Marte.
Recensione: Per tutti coloro che hanno già letto il libro o visto le diverse trasposizioni cinematografiche, questa miniserie che ha proposto la BBC, in Italia trasmessa su La EFFE, potrà sembrare non una particolarità, ma allo stesso tempo chi ne ha apprezzato la trama come me potrà vedere una storia dai contorni nuovi. Finalmente abbiamo una serie che rispecchia quasi del tutto la trama e l'epoca originali, questo a differenza delle diverse opere cinematografiche che ne hanno tratto una storia dei giorni nostri (una così sta per andare prossimamente in onda su Fox). Quindi il prodotto BBC ha il merito di attenersi allo spirito di Wells, seppur con molte variazioni e licenze poetiche. Detto ciò, si rimane abbastanza delusi dal concatenarsi quasi intimista degli eventi. Non si ha mai il sentore di tragedia mondiale, di guerra dei mondi come suggerisce il titolo: sembra uno scontro tra i marziani e Londra e pochi altri distretti nei paraggi. Anche la scelta di focalizzarsi su pochissimi personaggi e sui loro drammi personali tende ad affievolire il sentimento di cataclisma globale che dovrebbe essere il perno centrale di una narrazione di questo tipo. Paradossalmente, si è più avvinti dal fatto che la coppia di innamorati (interpretati da Eleonor Tomlinson e Rafe Spall) non può sposarsi per via di un vecchio matrimonio di lui non ancora rescisso consensualmente, o del fatto che lei aspetti un bambino da donna non sposata ecc. Insomma, piccole sotto-trame da soap opera che, soprattutto nel primo episodio, tendono ad invadere la narrazione puramente di genere, appesantendo e di fatto tagliando il lato fantascientifico della vicenda. Probabilmente ciò è dovuto anche all'estrema brevità del format, a cui forse un paio di episodi in più (sono tre in totale) avrebbero sicuramente giovato e dato più respiro agli eventi puramente catastrofici, senza doverli condensare in poche scene madri. Scene madri che però sono orchestrate in modo egregio, con una in particolare ambientata su un molo che ricorda non poco Dunkirk di Cristopher Nolan, con i mastodontici tripodi alieni al posto dei caccia tedeschi.

Caterina La Grande (Miniserie)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/01/2020 Qui
Tema e genere: Gli amori, la vita di palazzo, il rapporto con Grigorij Potemkin e il figlio Paolo sono rappresentati in questa serie tv (in questo period drama scritto da Nigel Williams per HBO) che vede come protagonista Caterina II di Russia, meglio nota come Caterina la Grande.
Trama: Incentrata sugli ultimi vent'anni di vita, dal 1776 al 1796, la miniserie racconta la storia dell'Imperatrice negli anni successivi al colpo di Stato. Anni di guerre, intrighi e soprattutto amori.
Recensione: Fisico minuto e sguardo d'acciaio, Helen Mirren è una delle interpreti per eccellenza della regalità, al cinema, in teatro, e ora anche in tv. E Caterina la Grande è solo l'ultimo tassello di una carriera costellata da varie interpretazioni del potere monarchico, e dell'algida solitudine che esso comporta (impossibile non menzionare The Queen - La regina anno 2006). Tuttavia, in questa miniserie co-prodotta da Sky Atlantic (canale da cui è stato trasmesso in Italia) e HBO l'interprete si scontra con i limiti di una sceneggiatura fiacca e superficiale. Qui le vicende storiche, con una netta predilezione per quelle intime e sentimentali, della zarina di Russia sono portate allo spettatore da un punto di vista basilare e raramente carico di sfumature. In quattro episodi, la serie diretta da Philip Martin (dietro molti episodi di The Crown) racconta un periodo storico che corrisponde agli ultimi decenni di regno della zarina. Tra le figure più rappresentative del cosiddetto dispotismo illuminato, Caterina II conduce con mano ferma le sorti della Russia in politica interna ed estera. Si inizia con un tentativo di abolizione della servitù della gleba, e si prosegue raccontando con minore o maggiore interesse i conflitti con l'Impero Ottomano, la gestione o repressione dei complotti di palazzo, la lotta contro le rivolte interne. Il tutto è filtrato attraverso la lente dell'amore segreto (benché sotto gli occhi di tutti) con il comandante dell'esercito Potemkin (Jason Clarke). Ad un certo punto, Caterina pronuncia le parole "la politica è l'arte dell'equilibrio". Tuttavia la sceneggiatura di Nigel Williams confonde la ricerca dell'equilibrio con una più timida semplicità. I dialoghi, le motivazioni e le caratterizzazioni che muovono la storia sono infatti diluiti attraverso un intreccio pluridecennale in cui tutto è fin troppo lineare e superficiale (in tal senso è un errore quasi certamente quello di affidarsi sempre agli stessi interpreti, vecchi da giovani, o il contrario). La prima mezz'ora accavalla una spiegazione eccessiva dopo l'altra su chi sono i personaggi, cosa vogliono, cosa è accaduto loro. Ad un certo punto non ci sarà più bisogno di puntualizzare ogni situazione, ma la miniserie a quel punto diventerà del tutto dipendente dal rapporto amoroso sofferto tra Caterina e Potemkin.

1994 (Miniserie)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/01/2020 Qui
Tema e genere1994 è l'ultima stagione della trilogia 1992, 1993. La trilogia di stampo storico drammatico prodotta da Sky e nata da un'idea di Stefano Accorsi.
Trama: Attraverso 8 episodi, nei quali vediamo le storie e i punti vista di persone comuni, scopriamo come il terremoto di mani pulite e l'ingresso in campo di Berlusconi abbiano profondamente segnato il recente passato del nostro Paese.
Recensione: I tre anni che hanno portato alla fine della Prima Repubblica, allo scandalo Mani Pulite e all'ascesa in campo di Silvio Berlusconi, uomo nuovo della politica italiana sono giunti al termine con quest'ultima stagione che non ha sicuramente deluso le attese e non è stata certamente da meno alle due stagioni precedenti (soprattutto rispetto alla seconda, qui la recensione, anche se di poco migliore a questa, mentre rispetto alla prima il salto di qualità è evidente). Dei vari fatti reali che si susseguono ed intrecciano con le storie romanzate dei personaggi principali della serie (che sono tre) non sto a raccontarvi, dico solo che continua il loro triangolo infuocato, diviso tra potere, sesso, denaro e sentimenti, sullo sfondo dei cambiamenti cruciali che segnarono l'Italia degli anni '90 e dei protagonisti di tali rivoluzioni. Quello che invece va menzionato è sicuramente il discreto lavoro di regia e sceneggiatura (senza dimenticare tanti altri tecnicismi, in primis le musiche e la valida mini sigla) che iniziato con le prime due stagioni si è degnamente concluso con 1994. La prima (otto puntate dirette da Giuseppe Gagliardi e Claudio Noce) è brava (anche perché non c'è qui rispetto alle stagioni precedenti una visione "giustizialista" del bene e del male) a ricordarci che i fatti prendono spunto da avvenimenti e che come cronaca non ci sono dei reati, pertanto i personaggi sono tutti colpevoli e nello stesso tempo anche innocenti, vittime e carnefici, sia verso sé stessi che verso gli altri, la seconda, che elimina alcuni personaggi secondari e sviluppa l'attenzione sui cinque principali (ci sono anche altri personaggi altrettanto rilevanti ma lo snodo tematico si sviluppa attraverso questi qui), ovvero Leonardo Notte (Stefano Accorsi), ex pubblicitario e anima oscura di Forza Italia, Veronica Castello (Miriam "sempre gnocca" Leone), ex soubrette ormai diventata parlamentare, Pietro Bosco (Guido Caprino), ex militare e ora deputato Leghista, Silvio Berlusconi (Paolo Pierobon), e Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi), è brava a creare il giusto mix di realismo e romanzo.

City on a Hill (1a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/01/2020 Qui
Tema e genere: Serie televisiva statunitense di genere drammatico che, creata da Charlie McLean, basata su un'idea originale di Ben Affleck (firmata Showtime), racconta e segue il cosiddetto Boston Miracle, il fenomeno che iniziò a debellare la violenza dalla città di Boston e che ne rappresentò realmente la sua rinascita, dopo un periodo cupo.
Trama: Un assistente procuratore distrettuale forma un'insolita alleanza con un veterano dell'FBI corrotto. Insieme i due si mettono sulle tracce di una banda criminale facendo nascere un caso per coinvolgere ad alto livello il sistema giudiziario di Boston.
Recensione: Bisogna partire con dei presupposti importanti prima di cominciare la recensione di questa serie americana fino al midollo, una serie classica che, mettendosi al punto di incontro tra drama, thriller e noir, che fondendo bene i generi crime e procedural, quasi al livello ma senza raggiungere quell'intensità drammatica che contraddistinse il bel Show Me A Hero (che è poi il mondo di riferimento) di David Simon (che era di produzione HBO), riesce comunque a farsi valere. Nella serie infatti, trasmessa in Italia su Sky Atlantic, si parla tanto e soprattutto si discute di cose di cui noi italiani sappiamo poco o nulla, di quartieri sconosciuti (di Boston) e di rinascite (culturali o meno) di poco significato, un argomento insomma forse interessante per gli americani, ma non per il resto del mondo. Tuttavia limiti culturali a parte, comunque importanti ai fini di tutto, City on a Hill, che inizia (bene da una parte male dall'altra per il discorso di prima) senza introduzioni (solo qualche piccolo riferimento per spiegare il contesto), ha dalla sua una qualità di produzione (ovviamente tutta americana) di tutto rispetto. Tra i produttori nomi di spicco, da Ben Affleck (che aveva già ambientato nel quartiere di Charlestown il suo The Town) a Matt Damon (nato nei pressi di Boston), quest'ultimi principali artefici nel coinvolgimento di importanti personalità di Hollywood come James Mangold, Barry Levinson e Michael Cuesta (regista del primo episodio). In tal senso è quindi strano che abbiano deciso di affidare la regia "principale" allo sconosciuto Chuck MacLean il quale, bisogna ammetterlo, rielaborando un'idea concepita assieme allo stesso Affleck, si è sorprendentemente dimostrato molto abile a svolgere il compito assegnatogli, mostrandoci una Boston corrotta fino al midollo, in cui la differenza tra buoni e cattivi appare spesso molto sottile, e dove chi cerca di portare dei miglioramenti alla città viene subito isolato o peggio, deriso. Lo sceneggiatore americano sceglie di non puntare i riflettori solo su pochi protagonisti, ma di dedicare ampio spazio anche a parecchi personaggi secondari. E così inevitabilmente, anche i criminali e le loro famiglie diventano parte integrante della vicenda. Proprio per questo, per lo spettatore risulta ancora più difficile distinguere tra cosa è bene e cosa è male: per quanto Jonathan Tucker (che interpreta il capobanda Frankie Ryan) si riveli meno espressivo di un blocco di marmo (molto meglio Amanda Clayton nei panni di sua moglie), la difficoltà del suo personaggio a far quadrare i conti di casa, che lo costringe a organizzare di continuo nuove rapine, non porta il pubblico a vederlo necessariamente come il cattivo di turno.

Il meglio del meglio (da me visto e giocato) del decennio

Post pubblicato su Pietro Saba World il 07/01/2020 Qui - Inizialmente non avevo intenzione di fare questo post, anche perché ero sicuro che non avrei dormito la notte per riuscire a ricordarmeli tutti, ma poi giacché ho trovato un metodo abbastanza semplice per farlo (ovvero spulciando le tante classifiche del decennio uscite in questi giorni, ed è quindi stato più facile ricordarsi di alcuni titoli) e poiché alcuni di questi titoli ho giudicato e pure recensito, ho deciso di farlo. Ho deciso, pur ammettendo che facile non è stato affatto (basti pensare che la lista di film comprendeva all'inizio 50 titoli, ridottasi poi a 44), di fare queste classifiche, di dividere il tutto in tre categorie e di quindi farvi conoscere più in profondità che negli ultimi quasi 5 anni (di blog) la mia personale cinematografia (ma non solo) preferita. Comunque sia per i film che per le serie (che per i videogiochi) in considerazione sono stati presi titoli dall'otto di voto in su, tuttavia le 9 serie (naturalmente i 4 giochi) ma soprattutto le 16 pellicole che compongono il banner sono film che la soglia dell'otto l'hanno addirittura superata. E così eccovi il meglio del mio meglio del decennio.