Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/07/2017 Qui - Dopo il grande successo, soprattutto di pubblico, della prima stagione, quasi 10 episodi di riscaldamento nonostante il pathos nel ricreare le scene che hanno segnato l'inizio della fine della prima Repubblica, è tornato 1992 e lo fa cambiando cifra finale, trasformandosi quindi in quel 1993 che risultò essere l'anno cruciale del famoso processo "Tangentopoli", il secondo capitolo dell'ambizioso progetto di Sky (andato in onda su Sky Atlantic dal 16 maggio al 6 giugno 2017) nato da un'idea di Stefano Accorsi sulla fine della prima Repubblica e sulla nascita delle nuove forze politiche, una su tutte Forza Italia. La prima stagione, 1992, uscita nel 2015, ha messo la pulce nell'orecchio agli spettatori, introducendo i personaggi fittizi, calati nel contesto storico, da discreto romanzo storico, e dando il via alla trama, ma questo 1993 dopo una prima annata comunque poco convincente, riesce a migliorarsi, confermando solo il meglio accaduto in precedenza, riuscendo a conferire ai personaggi una sorta di karma interno, quasi come per ripagarli per quanto accaduto precedentemente, rendendo perciò 1993 una serie potente sia dal punto di vista dei temi trattati che da quello della narrazione, in futuro (tra un paio d'anni?) si arriverà a 1994, la resa dei conti e la nascita della seconda Repubblica, ovvero, la nascita del futuro. Con un notevole incremento della qualità tecnica e registica, il secondo capitolo infatti, nato per raccontare l'inchiesta Mani Pulite e molto altro, si fa più interessante ed avvincente. Certo, non era una sfida improponibile fare meglio del suo predecessore, ma la serie televisiva ha fatto tesoro di tutti i difetti presenti in 1992 e ha cercato di porvi rimedio. Ovviamente non siamo ai livelli di una produzione americana di prim'ordine (e sarebbe stata una richiesta impossibile da esaudire per gli addetti ai lavori di questa discreta produzione), ma la strada intrapresa sembra esser quella corretta per essere italiana.
Abbiamo oltrepassato la boa di metà percorso di quella che sarà una trilogia e gli intrecci relativi ai personaggi si sono intensificati trasformando 1993 (come detto) in un racconto più privato che pubblico. L'impronta di quegli anni rimane ancora molto forte, non si lesinano infatti i momenti di narrazione di cronaca accaduta realmente, ma nel privato scacciamo via l'egocentrismo di Leonardo Notte (un sempre perfetto Stefano Accorsi) in favore di tutti gli altri protagonisti e vediamo con il contagocce Beatrice Mainaghi (dato il cliffhanger finale si è propensi a credere che se ne siano voluti sbarazzare gli sceneggiatori), che erano due dei principali difetti del capitolo precedente, soprattutto nel secondo caso per l'interpretazione pessima di Tea Falco. In ogni caso 1993 si apre col botto e come sottolineato precedentemente, con un ritmo ed una regia anche superiori a quella della serie che l'ha preceduto, conferendo difatti maggior spessore anche ai personaggi più marginali e catapultando lo spettatore nell'anno che ha più segnato l'odierna situazione politica del nostro paese, per colpa di atti, ottimamente re-inscenati, come i numerosi attentati ed il requiem politico di Bettino Craxi all'hotel Raphael, rispecchiando inoltre nei personaggi fittizi i numerosi vizi, più che le scarne virtù, della popolazione italiana degli anni '90, fatta di amore per il palcoscenico, arrivismo e subdoli giochi di potere, pericolosi sintomi di una società malata.
Proseguendo poi col botto (vero e proprio), date le ricostruzioni dell'attentato di via Fauro a Maurizio Costanzo e delle autobombe di Roma e Milano del luglio 1993. Non per questo però assistiamo ad un crollo, più di ritmo che altro, anzi, riesce ad essere magnetica ed emozionante, con continui colpi di scena e rivelazioni, sino allo spettacolare finale, che ci presenta nuove sfide e nuovi orizzonti per i nostri personaggi. Personaggi che, dalla prima stagione, tornano tutti, già detto del pubblicitario Leonardo Notte, alle prese con gli scheletri nell'armadio che continuano a perseguitarlo, e dell'ereditiera Bibi Mainaghi alle prese con la gestione dell'azienda di famiglia insieme al fratello Zeno, ma ci sono anche, la soubrette Veronica Castello (la bellissima, meravigliosa e straordinaria Miriam Leone), spietata arrampicatrice sociale in cerca di successo, il burbero leghista Pietro Bosco (Guido Caprino) catapultato in un mondo, quello politico, più grande di lui, il collaboratore di Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi), il poliziotto Luca Pastore (Domenico Diele, di cui ultimamente si è parlato tanto per un tragico fatto di cronaca) che, contro la sua salute precaria cercherà di dare ma forte alle indagini del pool di Mani Pulite, accanto a due new entry, che diventeranno presto due dei protagonisti della seconda Repubblica, Silvio Berlusconi, interpretato da Paolo Pierobon, il Da Silva di Squadra Antimafia, e Massimo D'Alema, interpretato da Vinicio Marchioni, il Freddo di Romanzo Criminale.
Un cambio deciso c'è stato però soprattutto nella trama, nella prima stagione ciò che vedevamo appariva poco credibile, soprattutto nelle dinamiche che rappresentavano i protagonisti. La storyline che aveva riguardato Bosco sembrava campata in aria e raffigurata da così tanti stereotipi che ne avevamo perso il conto, e lo stesso Leonardo Notte appariva come il non plus ultra, costruito tra vizi e frasi fatte, come i dialoghi pesanti e filosofici tra Leonardo e sua figlia Viola, a dir poco inutili. In 1993 tutto ciò viene meno, fortunatamente, e Leonardo appare un personaggio fragile, debole, comunque arrivista ma frenato dai suoi stessi limiti. Non può avere tutto, tanto meno l'amore ad ogni schiocco di dita. Questo volare più a contatto con la terra ferma ha cambiato radicalmente le dinamiche della serie televisiva ed ha portato il vero protagonista al livello degli altri personaggi. Il prodotto si è quindi mostrato più corale, più attento alle introspezioni, che non sempre sono state supportate da buone interpretazioni ma che perlomeno hanno reso 1993 più credibile, meno fiction all'italiana enfatizzata e più serie televisiva internazionale. Un altro grosso passo avanti è stato fatto anche riguardo alle sensazioni ed ai sentimenti trasmessi al telespettatore. Si evidenziavano infatti in 1992 un mancato approccio alle atmosfere anni '90, se non per Non è la RAI in TV, una maglietta di Twin Peaks e la densa coltre di fumo ad ogni scena.
Le tre peculiarità non sono mancate, anzi si sono rafforzate con omaggi di cinema, video musicali e colonna sonora (che possiede una decisa e particolare impronta musicale grazie proprio alle colonne sonore originali di Boosta, nome d'arte di Davide Dileo, tastierista e fondatore dei Subsonica, la cui abilità si può notare sin dalle prime note della potentissima, innovativa sigla dai toni elettronici), ma soprattutto con le conseguenze sui protagonisti. Vediamo infatti carceri colme di persone dal colletto bianco, una televisione che si interessa ai fatti di cronaca, una situazione politica instabile dove Silvio Berlusconi emerge come "il nuovo che avanza", che sfrutta le lacune di una classe politica corrosa dallo scandalo di Tangentoli per proporre qualcosa più corale, più popolare, che unisce. Lo stesso D'Alema deride queste intenzioni, che come sapremo poi saranno invece vincenti, ma 1993 è, diversamente dal predecessore, un prodotto non politicizzato, che non racconta solo ciò che vorrebbe raccontare e che non prende posizioni, si attiene ai fatti. Si vive insomma lo spirito degli anni '90 e lo si fa comprendere al telespettatore, d'altronde l'idea di mostrare frame di repertorio reali come la deposizione di Bettino Craxi, ad esempio, hanno aiutato ad immergersi nel dramma politico, a renderlo vivo nella mente. Il comparto musicale infine, fornito di brani provenienti dal repertorio musicale dell'epoca, 883, Duran Duran e The Jam (che fanno da sfondo all'emozionante dramma di 1993, di cui sarebbe meglio non perdersi niente) è davvero eccezionale.
Purtroppo però nonostante le migliorie (a livello tecnico e di regia) e il mantenimento di certi standard (colonna sonora, scenografia ed ambientazioni rimangono infatti sempre di ottima fattura, così come la fotografia), rimane un neo alquanto importante, quello legato alle interpretazioni, di cui 1993 raccoglie eredità dalla prima stagione. Perché se da un lato abbiamo (per quanto lontani dall'essere fenomenali ma che si dilettano egregiamente nel loro ruolo) ottime e confermate performance di Domenico Diele, Stefano Accorsi e Antonio Gerardi, a cui aggiungiamo le new entry Laura Chiatti e Miriam Leone, quest'ultima molto migliorata in questi 14 mesi, dall'altro lato abbiamo alcuni attori che non riescono a tenere il passo. Forse nella scelta dei casting, considerando i validi attori presenti nel nostro Paese, si sarebbe potuta alzare l'asticella ad un livello superiore, al fine di rendere il prodotto maggiormente appetibile anche oltre Oceano. Trovo infatti difficile ipotizzare che in dramma politici come House of Cards si sarebbe affidato un ruolo anche minore ad interpreti come Tea Falco (criticatissima in lungo e in largo, la giovane attrice è apparsa spesso svogliata, bolsa e a disagio nel ruolo, nonostante sensibili miglioramenti recitativi, fortunatamente come detto, quest'importante riduzione dello screen time è servito, risultando comunque funzionale sia per l'attrice che per il prodotto in toto), Guido Caprino, Eros Galbiati o Giovanni Ludeno.
Sorprende in ogni caso in positivo il cambiamento radicale di 1993. Certo, era difficile fare peggio della prima stagione, questo è vero, ma il risultato finale è stato di un livello molto più alto delle aspettative. Non solo la serie televisiva si è migliorata facendo leva sui difetti mostrati in precedenza, ma ha proprio migliorato le storyline legate ai personaggi, che risultano più interessanti e accattivanti, anche se non saprei se consigliarne proprio a tutti la visione, certo è che se si riuscisse a superare il primo capitolo tutto sarebbe in discesa, ma occorre vedere come la produzione deciderà di concludere la trilogia che, dati i cliffhanger finali, preannuncia un finale ricco di eventi. 1993 infatti, si chiude con molti interrogativi e un'ottima dose di suspense. E nel complesso quindi, tutto è risultato migliore, sia dal punto di vista tecnico e non. Le scene da fiction "stucchevoli" sono praticamente assenti e il flusso di immagini è sempre di altissima qualità. La fotografia si è fatta sempre più intimista e narrativa, Milano in alcuni momenti sembra sempre più piombata in quegli anni "desaturati" da cui gli italiani volevano uscire con forza. La regia è precisa e calda, e la direzione recitativa ha alzato moltissimo il livello dalla stagione precedente. Sfortunatamente, al contrario del 1992 gli eventi reali da inserire nella trama sono stati di meno, ma l'anno prossimo il cambio (politico e umano) di Berlusconi potrebbe regalare tante soddisfazioni, tanto che le aspettative sono alte. A 1992 avevo dato (come voto immaginario, non avevo ancora il blog) un 6, soprattutto in virtù della bandiera che portava la serie televisiva, ma siccome il miglioramento è stato netto, tranne (in qualche caso) per le interpretazioni, mi sento di promuovere appieno questa seconda stagione. Voto: 7+
Nessun commento:
Posta un commento