giovedì 16 maggio 2019

American Crime Story: Il caso O.J.Simpson (1a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/06/2016 Qui - American Crime Story è la nuova straordinaria serie antologica di Ryan Murphy, il creatore di American Horror Story. Ogni stagione di questa nuova serie racconterà un caso di cronaca nera scelto fra i più eclatanti della storia americana. Per la prima stagione si è scelto probabilmente il caso più eclatante e incredibile di sempre, quello di O.J.Simpson. Il processo per omicidio nei confronti del campione di football O.J. Simpson, iniziato nel 1994 con la morte dell’ex moglie Nicole Brown, è infatti stato uno dei casi di cronaca nera americana più seguito della storia, un evento mediatico coperto da giornali e televisione a un ritmo martellante. La serie è scritta da Scott Alexander e Larry Karaszewski, il team di sceneggiatori di Ed Wood, Man On The Moon e Big Eyes. Prodotta da Ryan Murphy ha la stessa struttura antologica dell’altra sua fortunata creatura, di cui questo è il primo appuntamento (il secondo sarà sull'uragano Katrina). Questa prima stagione (composta da 10 episodi), intitolata Il caso O.J.Simpson racconta gli avvenimenti e soprattutto il processo per omicidio al campione sportivo traendo aspirazione dal best seller di Jeffrey Toobin, autorevole firma del New Yorker. La serie andata in onda su FoxCrime e terminata l'8 giugno scorso mi ha veramente sconvolto, soprattutto perché non conoscendo la sua storia (e non ricordando, dato che avevo solo 9 anni), sono rimasto incredibilmente sorpreso da quello che avevo appena visto, poiché anche dopo 4 giorni non mi spiego come sia stato possibile, cioè non riesco a capacitarmi come un caso così semplice si sia trasformato in qualcos'altro di tremendamente assurdo e inspiegabile nonché ingiustificato. Chi conosce la storia o è riuscito a seguire la serie, saprà di cosa sto parlando, per chi invece non l'ha ancora vista un piccolo riassunto (anche se 10 pagine non basterebbero, tanti sono i fatti e gli argomenti da espletare) che comunque è solo una piccola parte, perché per capire e comprendere tutto è preferibile vedere la serie, e son sicuro capirete il perché di tutto e il perché da quel momento gli americani sono diventati degli imbecilli. L'ultimo esempio della loro inettitudine è stato permettere a Trump di candidarsi alla Casa Bianca, e chissà che alla fine non riesca veramente ad arrivarci, perché dopo aver scagionato un assassino (palesemente a mio avviso colpevole) non mi stupisco di niente oramai. Comunque nonostante dopo aver visto e compreso (più o meno) tutto, sono tante le domande rimaste senza risposta di questo famigerato processo al campione di football O.J. Simpson, prima accusato e poi giudicato innocente nel 1995. La verità che tutti vorrebbero conoscere (se O.J. era davvero colpevole) infatti resterà per sempre sconosciuta.
American Crime Story: The People v. O.J. Simpson (il titolo originale), rivela al pubblico i retroscena di un processo mediatico (del secolo) senza pari nella storia americana. Una vicenda che, vent'anni fa, aveva incollato al televisore 95 milioni di spettatori e monopolizzato la stampa per mesi. Ma quello che è importato davvero agli autori non è stato scoprire se "The Juice" (il soprannome di Simpson) era o meno l’assassino, quanto indagare i vari aspetti del processo e raccontare le storie di chi vi prese parte. C’è la squadra della difesa, soprannominata dai giornalisti "dream team", composta da avvocati da parcelle stellari. Spiccano Robert Shapiro, interpretato da John Travolta (tornato in tv dopo 40 anni, è però la nota stonata della stagione, decisamente sopra le righe), che dà il volto a un narcisista preoccupato solo della sua immagine. Il collega di colore Johnnie Cochran, che ben presto finisce per rubargli la scena, e Robert Kardashian (avvocato e amico di Simpson), interpretato da David Schwimmer (l'ex Ross di Friends). Il premio Oscar Cuba Gooding Jr. (sempre ottimo interprete) interpreta O.J. Simpson, mentre Sarah Paulson (American Horror Story, Carol) è Marcia Clark (il personaggio più riuscito, anche grazie all'interpretazione magistrale della Paulson) la combattiva rappresentante dell'accusa. La Clark è quella colpita più duramente dal processo, sta affrontando un divorzio e la battaglia legale per la custodia dei figli. I tabloid la prendono di mira per i suo look sciatti, tanto che cambia taglio di capelli ben tre volte. I giornali riescono perfino a ottenere una sua foto in topless, venduta dalla suocera. La serie dedica un’intera puntata alla vicenda personale della Clark, che subirà la batosta finale quando perderà la causa. Completano il cast Courtney B. Vance (Masters of sex), Connie Britton (Nashville), Nathan Lane (Piume di struzzo), Cheryl Ladd (Charlie's Angels), e nei panni della moglie di Robert, Kris Kardashian, Selma Blair.
Un caso pazzesco, incredibilmente spettacolarizzato ai limiti, trasmesso in diretta e analizzato in ogni dettaglio da ogni genere di giornale. Ovviamente non tutto quello che viene raccontato è del tutto vero, ma in larga parte è la verità, realtà e finzione si mescolano in modo magistrale. Di tutto quello che è successo, è stato interessante "conoscere" meglio il padre di Kim Kardashian, scomparso per un tumore nel 2003, qui dipinto come un uomo riservato e senza carattere (il contrario della sua famiglia, insomma). Caro amico di O.J., viene coinvolto nel processo anche se non esercita la professione da tempo. Ha già divorziato da Kris Jenner (Selma Blair), molto legata a Nicole e convinta della colpevolezza di O.J. Non mancano scene con l’ex moglie e le piccole Kardashian, (ovviamente) in estasi davanti alle apparizioni pubbliche del padre. Ci sono pochi momenti storici che hanno davvero unificato la società statunitense, nel bene e male.. Quando un evento è in grado di fermare una nazione e tenerla col fiato sospeso, è destinato a restare per sempre nella memoria. Nessun americano potrà mai dimenticare infatti dove fosse quando O.J. Simpson si diede alla fuga alla guida di una Ford Bronco bianca. Una nazione intera assistette in diretta tv per 24 ore a quella maldestra caccia all'uomo (con il campione che si punta la pistola alla testa) che sarebbe stata solo l'inizio del caso O.J. Simpson e avrebbe segnato l'inizio della reality television. Orenthal James (O.J.) Simpson era un 47enne ex campione di football che aveva realizzato l’American dream, diventando incredibilmente popolare come modello di successo per tutti gli afroamericani. La vita privata di O. J. si rivelò, col passare del tempo, popolata da luoghi oscuri, il cui epilogo tragico è l'accusa di omicidio dell’ex moglie Nicole Brown. Nel processo che iniziò il 24 gennaio '95, Marcia Clark, il pubblico ministero cui nulla fu perdonato dalla stampa dell'epoca dichiarò: "Fin dall'inizio avevo capito che era diventato un circo più che un processo". L'attenzione popolare e la morbosità dei media trasformarono difatti il caso Simpson in una performance, aprendo a quel voyeurismo televisivo che è sfociato appunto nella forma reality. Nel processo all'ex campione i nodi più intricati della società americana arrivano al pettine: il bianco non è uguale al nero; un uomo ricco con un dream team di difensori ha molte più tutele di un cittadino qualsiasi; la violenza sulle donne è un tema così angoscioso che l'opinione pubblica preferisce evitarlo. Si aggiunga a questo il senso di colpa collettivo dell'America bianca che nel 1995 non aveva ancora smaltito la vergogna per il terribile pestaggio del tassista afroamericano Rodney King. Non a caso la serie si apre con le immagini di repertorio delle le sommosse a sfondo razziale che scoppiarono a Los Angeles in quell'occasione, due anni prima del processo contro O.J.
Ma come appare chiaro sin di primi episodi quello che era iniziato come un processo per duplice omicidio si trasformerà in una questione di razza. Ed è proprio questo a rendere la scelta di Ryan Murphy, di partire proprio da questa storia, una scelta appropriata per il periodo storico che gli Stati Uniti stanno vivendo negli ultimi anni. Il processo ad O.J. Simpson non fu altro che una battaglia tra emotività e logica, con la prima che prevalse ampiamente nel verdetto della giuria. Così mentre da un lato l'accusa ha cercato, anche erroneamente, di trattare "The Juice" come un qualsiasi presunto assassino, mettendo da parte il colore della pelle e la fama, dall'altro lato la difesa, soprattutto nei panni di Johnny Cochran, ha cercato di incentrare il processo sulla questione razziale, cavalcando l’onda della storia recente di Los Angeles. La vittoria di O.J. Simpson non è altro che frutto della sua possibilità di ingaggiare alcuni tra i migliori avvocati dell'epoca. I due (Shapiro e Cochran) hanno intuito che l'unica strada per vincere contro la logica schiacciante che avrebbe voluto il campione colpevole era quella di buttare la faccenda sul razzismo. Ed è stata proprio la scelta di ingaggiare Cochran a cambiare le sorti del processo: avvocato nero impegnato a difendere i neri. Così quando gli si presenta l’occasione di trasformare il suo cliente da presunto assassino a vittima di un diffuso atteggiamento razzista da parte delle forze dell'ordine americane e non solo, non esita nemmeno un attimo a trascinare in aula delle intercettazioni che, pure, non erano in alcun modo collegate al processo. Ma con questa scelta ha conquistato la vittoria. Vittoria di cui lo stesso O.J. Simpson ha beneficiato nonostante inizialmente avesse manifestato il suo dissenso nel ridurre tutto ad una questione di razza dicendo a Shapiro: "Io non sono nero! Sono O.J.". Quella raccontata in questa prima stagione di American Crime Story è una storia che gli americani conoscono bene, gli altri forse un po' meno (compresi noi italiani), è sicuramente una storia che rimanda ad avvenimenti attuali in qualche modo, ma è comunque una storia sulla quale gli autori hanno potuto fare poco.
Il tutto, però, è stato confezionato in maniera egregia grazie al lavoro della produzione e della regia sono comunque riusciti a dare una diversa chiave di lettura, e soprattutto grazie ad un cast stellare. Cuba Goodwin Jr. ha portato sullo schermo un O.J. Simpson diverso da quello che tutti conoscevano. Ha messo da parte il carisma che lo caratterizzava, concentrandosi sul suo stato confusionale sempre in bilico tra rabbia e paura, ci ha mostrato un O.J. Simpson più umano di quanto si riesca ad accettare considerati i numerosi casi di violenza in cui è coinvolto, ma la sua interpretazione è stata così brillante che sembra assurdo anche soltanto pensare ad una sua esclusione dalle nomination agli Emmy. American Crime Story è la conferma, se mai ce ne fosse bisogno, di Sarah Paulson, nel ruolo di Marcia Clark, ancora una volta straordinaria, soprattutto nell'interazione con la sua spalla nel processo Sterling K. Brown, che vestiva i panni di Christopher Darden. Sorprendente, invece, David Schwimmer che ha dimostrato di non essere solo il Ross di Friends che tutti ricordiamo, ma di essere anche capace di interpretare ruoli drammatici e non semplici come quello di Robert Kardashian, che è l’esempio lampante che nonostante la scarcerazione, dopo il processo le cose non sono più tornate come prima, perché anche le persone più vicine ad O.J. hanno percepito l’ingiustizia. Ryan Murphy colpisce ancora e si conferma uno dei migliori produttori del mondo della televisione, grazie a questa prima stagione di American Crime Story assolutamente straordinaria. In molti dubitavano (e anch'io) sul fatto che questa serie potesse avere una buona riuscita, considerata la fine che le altre "figlie" di Murphy hanno fatto negli ultimi anni ed in particolare la serie "sorella" American Horror Story, ma si tratta di una preoccupazione priva di fondamenta perché, come è ormai prassi per il produttore ed il suo team, le serie partono sempre alla grande. Non è detto, però, che continuino così. Buona la prima, quindi, per American Crime Story, promossa a pieni voti sotto tutti i punti di vista. Infine, però, resta il dubbio di come finirebbe oggi quel processo. Il caso Strauss-Kahn sembra indicare che l’opinione pubblica, femminile ma non solo, sia meno indulgente in tema di crimini sessuali ad opera di uomini famosi e potenti (anche se un nuovo dream team è pronto all'azione). Nel processo O. J. Simpson entrarono in gioco variabili che andavano al di là della gelosia di un ex marito padrone. E come, insegna la sua accusatrice, meglio scrivere romanzi che riscrivere la storia con i se. Ma la curiosità resta: O. J. Simpson sarebbe ancora assolto? Secondo me assolutamente no. Comunque a parte i dubbi, le domande e le risposte insolute, la serie è quasi perfetta con colpi di scena continui, una vicenda coinvolgente e avvincente che non da un attimo di tregua, io infatti ho subito un piccolo contraccolpo perché sono rimasto abbastanza scioccato e incredulo. Come il processo, cose mai viste in un'aula di tribunale, ma cosa è andato veramente storto? Gli errori principali secondo me sono dell'accusa, ma anche della giuria e degli americani, che se anche avessero visto in un video in cui O.J. commetteva gli omicidi l'avrebbero assolto. Assurdo, tutto veramente assurdo, ma imperdibile. Voto: 8-

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