martedì 21 maggio 2019

Aquarius (2a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/10/2016 Qui - Dopo aver visto e recensito la prima, comunque discreta, stagione di Aquarius, speravo avrebbe fatto una cosa soprattutto, e invece non ha fatto quello che gli veniva chiesto, ovvero chiudere il discorso e non lasciare niente al caso, perché non è che avesse avuto tanto successo. Invece come volevasi dimostrare non solo questa seconda stagione è a tratti confusa ma addirittura si chiude come se ancora ci fosse qualcosa da dire, non che non ci fosse, anzi, ma tutto è rimasto e rimarrà a metà, poiché la serie è stata cancellata. Una stagione che comunque e nonostante fosse iniziata un po' in sordina, visto qualche inciampo nella prima stagione, si è rivelata essere invece molto interessante sotto tanti punti di vista, anche se i pregi (la regia, le grandi atmosfere, i costumi, auto, modi e vizi dell'epoca, le grandi musiche e il cast di tutto rispetto) e i difetti (la forzatura di certe situazioni e tanti altri problemini narrativi) sono rimasti gli stessi. Aquarius però, creata da John McNamara, andata in onda su Sky Atlantic fino al 26 settembre, composta come la prima di 13 episodi da quaranta minuti circa, funziona grazie a David Duchovny (l'ex Mulder di X Files), che interpreta magistralmente i panni del detective Sam Hodiak, un ruolo che sembra calzare a pennello con le capacità dell'attore dinanzi la telecamera. Hodiak è un personaggio che assomiglia, e non casualmente, al più celebre agente dell'FBI a caccia di alieni: geniale, altruista, intuitivo, impulsivo, carismatico e anche spiritoso. David è talmente bravo che eclissa perfino colui che dovrebbe essere il protagonista assoluto della serie, ovvero Charles Manson (Gethin Anthony). In questa seconda stagione i rapporti non idilliaci tra Sam e Charlie si raffreddano un po', ma è nell'ultimo episodio, che doveva preannunciare un'altra stagione (che non ci sarà), che i nodi vengono al pettine, perché quello che Hodiak temeva succede. Il delirio di Manson ha ormai abbracciato la strada dell'omicidio e la scia di cadaveri che lui e i suoi accoliti si lasciano dietro comincia a farsi lunga e densa. Per tutta la serie, la fatidica notte di sangue del 9 agosto 1969, ci viene riassunta a singhiozzi all'inizio e alla fine di ogni episodio. Cosa che mi ha un po' infastidito, ma finalmente all'epilogo, ci è possibile rivivere la vicenda per intero. Una vicenda ovviamente assurda perché non ci sono motivi validi per fare ciò che ha fatto.
Charlie infatti si vendica su chi gli ha negato la celebrità e la possibilità di realizzare i suoi sogni canterini, ma nel frattempo, cerca anche di addossare la colpa di questa strage alla popolazione afroamericana della città. Ciò che Charles vuole veramente è il caos più totale, una rivolta in cui sguazzare e prosperare. Purtroppo l'ingenuità dei suoi adepti, complice anche il periodo storico, lo aiuta a perpetrare i suoi obiettivi, mettendo a segno una serie di omicidi brutali, una mattanza che passerà alla storia. Emma è l'unica del gruppo sconvolta dall'accaduto, mentre suo padre, l'ormai spiantato Ken, non sembra più utile alla causa, anzi, per la verità è divenuto un personaggio scomodo e così viene strangolato da Charlie. Insomma, una cascata di corpi raccolti in un solo episodio. La puntata si chiude con il ritrovamento di una catenina sulla scena del crimine da parte di Brian, che era passata di mano troppe volte e che in qualche modo mette nei guai sia Hodiak che il tossico collega. Ma non sapremo mai cosa succederà, anche se nella realtà Manson sarà preso e consegnato alla giustizia. Questa seconda stagione ha visto comunque l'intrecciarsi di più sotto-trame, di più vicende che hanno percorso spesso binari separati ma che alla fine paiono incontrarsi e incastrarsi quasi alla perfezione. Sam ha risolto alcuni problemi che si trascinava dietro dalla prima stagione, ma ne ha visti fiorire degli altri; Brian, Grey Damon (True Blood), è ormai schiavo della droga e proprio per via di quella e delle nuove idee rivoluzionarie e razziali della moglie, si ritrova solo e sconsolato; la bellissima Charmain, interpretata dall'attrice Claire Holt (The vampire diaries), è divenuta un poliziotto in grado di badare a se stessa, capace di rimettere in riga anche gli squali dei suoi colleghi dai tratti maschilisti; ed infine Charlie come detto ha dato libero sfogo alla sua psicopatia, uscendo dal guscio e dai timori reconditi che lo affliggevano e seminando morte e distruzione ovunque vada. Insomma il Charlie Manson che la storia ricorda è venuto fuori, è stato tuttavia sociologicamente e psicologicamente molto interessante assistere alla crescita e allo sviluppo della sua follia e all'evolversi del suo gruppo di invasati. In generale quindi, si può serenamente riconoscere l'ottimo lavoro fatto dalla regia e dagli sceneggiatori in questa seconda stagione di Aquarius, ma che non convince per niente. Poiché passato un anno, la situazione è rimasta invariata, la scrittura si è fatta sicuramente un tantino più ambiziosa, ma l'estetica rimane fin troppo pulita, edulcorata, politicamente corretta. Un difetto non da poco se si considera che i flashforward che sono legati al crimine più efferato e noto di Charles Manson, l'uccisione di Sharon Tate, non viene raffigurata in modo drammaticamente adeguato. L'altro problema irrisolto è proprio il personaggio di Manson, penalizzato, come lo scorso anno, da una caratterizzazione annacquata e una performance approssimativa di Gethin Anthony. Eppure in definitiva Aquarius rimane e rimarrà, a livello puramente ludico, un prodotto paradossalmente godibile. In ogni caso, un vero peccato, perché con la presenza di Duchovny mi aspettavo qualcosa di meglio, anche se il suo fascino resta inscalfibile anche quando il materiale non è all'altezza (come ben sa chi ha visto il primo e l'ultimo episodio della nuova stagione di X-Files). Non malissimo ma neanche buona. Voto: 6-

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