Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/12/2016 Qui - Sin dalla prime notizie, dalle prime immagini, quando venne annunciata, Westworld attirò la mia attenzione. Sulla carta infatti si presentava benissimo, d'altronde se era prodotto dalla HBO qualcosa di buono ci doveva essere, e poi il creatore era Jonathan Nolan, fratello minore del grande Christopher, insieme a Lisa Joy, moglie dello stesso Nolan e sceneggiatrice meno celebre ma di grande talento, e prodotta anche da J.J. Abrams. Il cast poi comprendeva Evan Rachel Wood, non una qualsiasi, bravissima in Across the Universe e The Wrestler, anche se poi per la relazione con Marylin Manson l'avevo dimenticata, ma ritornata recentemente dopo la separazione e altro in Charlie Countryman deve morire, non un film eccezionale anche se la sua bellezza era graziosa, l'ho rivalutata, in più aveva Ed Harris e Sir Anthony Hopkins (due nomi così diciamo), cos'altro potevo quindi desiderare da questa serie? Un po' di sere fa è andato in onda il finale di stagione (su Sky Atlantic andata dal 3 ottobre 2016 in versione originale sottotitolata, in simulcast con HBO, e dal 10 ottobre 2016 doppiata in italiano), e che dire, una serie straordinaria che fa invidia a molte di quelle uscite in questi ultimi anni. La serie infatti sin dal primo episodio mi ha colpito per tutto l'aspetto tecnico, a dir poco sensazionale, con una cura a dir poco notevole. La regia colpisce con delle inquadrature a dir poco straordinarie e con dei movimenti di macchina che ti lasciano trasportare all'interno della scena. La colonna sonora, la musica di Westworld poi, è pura gioia per le orecchie. E' ad opera di Ramin Djawadi, celebre per la colonna sonora di Game of Thrones, da cui qualcosa prende come movimenti soprattutto nella bellissima sigla, anche se qui leggermente migliore. Una delle pecche invece di questo aspetto tecnico quasi impeccabile è la fotografia. In molte delle scene c'è una fotografia davvero eccezionale, in altre meno, ma comunque di livello. Ovviamente le lodi vanno anche alle scenografie e agli effetti visivi a dir poco straordinari. La CGI è ridotta al minimo e quella poca che c'è è resa benissimo, come la scena del bambino che 'porge l'altra guancia'. Ma per quanto l'aspetto tecnico sia fenomenale è il doppio più stupefacente la sceneggiatura di ogni singolo episodio. Ammetto che nelle prime puntate (a parte il pilot) la trama risulta abbastanza lenta ma rimani incollato allo schermo per tutta la durata dell'ora. In ogni caso non è un prodotto lento e allo stesso tempo noioso, Westworld intrattiene grazie soprattutto ai personaggi caratterizzati in maniera impeccabile e interpretati anche meglio. La serie raggiunge però il suo massimo dalla settima puntata in poi, fino ad arrivare al finale di stagione che ritengo essere uno dei migliori finali mai visti fino ad ora (anche se sinceramente non tutto mi è chiaro). Ma prima di andare oltre, di cosa parla Westworld? cos'è e come è giusto catalogarlo?
Innanzitutto è molto difficile, anche se qui il perno centrale non è il sesso o la violenza, perché lo show ci parla indubbiamente di un fantascientifico futuro nel quale l'uomo costruisce macchine assolutamente simili a se stesso per il suo stesso divertimento, ma allo stesso tempo vuole parlarci di cosa sia l'uomo, di cosa sia veramente, una volta che viene liberato dagli orpelli del giudizio, dalla morale, dal senso di colpa per le conseguenze delle sue azioni. Ai due 'creatori' della serie infatti non interessava tanto raccontare la 'prevedibile' ribellione delle macchine contro i visitatori umani (come il finale del film/romanzo da cui si basa la serie), quanto esplorare i confini dell'auto-consapevolezza, alla ricerca di ciò che ci rende umani. Ebbene, compito svolto egregiamente, svariati sono stati infatti i colpi di scena che hanno costantemente ridefinito il rapporto tra libero arbitrio e predestinazione/programmazione. Ma non è la prima volta che cinematograficamente parlando succede questo. E infatti si potrebbe perciò pensare che Westworld (basato sul film Il mondo dei robot, Westworld, 1973, scritto e diretto da Michael Crichton) sia un qualcosa di già visto. Un parco (a tema western interamente popolato da androidi in cui i visitatori possono immergersi completamente nell'esperienza e fare qualsiasi cosa essi vogliano senza preoccuparsi delle conseguenze fisiche o etiche su persone e cose, ma dopo un aggiornamento diversi androidi cominciano a comportarsi in modo strano, ricordando i loro profili passati e quindi accedendo casualmente alla loro memoria a lungo termine, e aggirando il controllo degli umani, dubitano della realtà del loro mondo artificiosamente costruito e cercano di ribellarsi) pieno di esseri viventi artificiali che prendono coscienza di quello che sono e si ribellano? Jurassic Park, tra l'altro dello stesso Chricton. Robot avanzati che poi diventano senzienti? Visto e rivisto (il primo riferimento diretto è Ex Machina), ma come la serie, o meglio, Nolan e Joy trattano questo tema non l'ha mai fatto nessuno, soprattutto il contesto è diverso, anche se più di tutti che spiazza è l'impressionante approfondimento della psicologia dei personaggi, con dei risvolti di trama che nessuno si aspetterebbe. Ci troviamo così di fronte ad una serie che continua a ballare sull'orlo di due universi (quello umano e robotico), passando con estrema facilità da uno all'altro, perché gli universi si specchiano l'uno nell'altro, perché la ricerca interiore dell'essere umano si rivede nella ricerca di comprensione di se e della coscienza dell'androide, perché la manipolazione ha molti versi, non si sa mai chi sta manipolando chi, uomo su uomo, uomo su androide, androide su androide. Siamo di fronte al libero arbitrio o a manipolazione? Dove finisce uno e inizia l'altra? In entrambe le ricerche la consapevolezza di sé arriva dal dolore o dall'esperienza traumatica e in entrambe i casi il ricordo è il motore dell'evoluzione. Il cervello in quanto unico possibile divino elabora e trasforma il tutto, rendendo gli uomini dei e nel crepuscolo rendendo gli dei uomini. Il dolore e il sangue sono passaggi fondamentali, perché nella strage si da il via ad una nuova vita, nel sangue e tramite il sangue nasce una nuova società, una nuova coscienza collettiva, la libertà di chi finalmente sa chi è.
Insomma qualcosa di leggermente complicato, perché in effetti lo show è macchinoso, richiede una soglia di attenzione notevole, che restringe il pubblico, e richiede pazienza oltre che concentrazione. Ma tutto funziona alla perfezione, il racconto è un lungo e complesso gioco di sciarade dove niente è quello che sembra, ogni ricordo, ogni azione avviene in un modo che ci dà un idea di sé ma che alla fine scopriremo essere molto più complesso. Già nell'ultima parte della stagione molte cose vengono rivelate con parsimonia di scioccanti colpi di scena, ma è nell'ultimo episodio che il capolavoro prende forma, tutto, ma proprio tutto quello che avevamo visto è solo un illusione. I tempi, i luoghi e le persone sono solamente giochi di luce, inganni della memoria, ombre del passato che ritornano inquietanti e oscurano la visuale, fino a nasconderci la verità, perché la sempiterna uguaglianza a se stessi degli androidi, come la continua ripetizione, rimuovono ogni connotazione temporale, ma la verità, passo passo, si rivela, le ombre tornano al loro posto, il presente prende nuovamente il sopravvento, le persone tornano a combaciare coi nomi, le immagini sovrapposte svaniscono e ci rivelano le immagini reali. E gli scopi degli attori in campo, finalmente, si rivelano e non possiamo che aspettarceli così. Abbiamo infatti visto venire alla luce molte cose, piano piano ce le hanno fatte capire prima di dircele, abbiamo immaginato la sequenza finale, ma il capire che tutto è stato messo in movimento da un unico 'colpevole', con errori e ripetizioni, al solo scopo di giungere a quello che nemmeno chi voleva raggiungere lo scopo ultimo aveva capito, alla necessità Freudiana (possiamo così dire) di dover uccidere il proprio creatore per affermarsi come individui e di farlo come scelta e non come imposizione, ci scioccano profondamente. Scioccanti anche alcune rivelazioni sorprendenti, come quella del settimo episodio riguardante Bernard, che ti fanno dubitare e porre una sacco di domande. Chiedendoti cos'altro poteva accadere nelle prossime puntate di inaspettato. Ebbene, ecco la nona puntata, un continuo crescendo di eventi che porteranno a tanto, fino al sorprendente finale di stagione. Un finale dove alcune domande che avevamo in mente ricevono una risposta, ma cosa accadrà dopo? Infatti sembra non esserci solo un parco, vediamo infatti alcuni residenti con delle armature samurai, residenti che molto probabilmente vedremo nella seconda stagione della serie, con il parco dedicato a quell'epoca storica. Difatti per chi non lo sapesse, nel romanzo Chricton presenta il parco a tema western (quello ormai noto a tutti), uno a tema medievale e uno ambientato nella Roma antica. Molto probabilmente Nolan ha voluto creare un parco ambientato in Giappone anziché negli latri due, ma non si deve escludere nulla con Westworld.
Westworld, un capolavoro di regia e recitazione oltre all'incredibile storia raccontata, un po' assurda ma coinvolgente e innovativa nonché straordinaria. L'unica storyline criticabile (e una c'è) è quella di Maeve (una seppur accattivante e spudorata Thandie Newton) che ritengo sì intrigante, ma con delle enormi forzature e degli eventi abbastanza surreali. Comunque il vero punto forte di tutta la serie sono i personaggi. Dal primo all'ultimo a dir poco memorabili, per non parlare delle performance degli attori, tutti hanno dato una grande prova di recitazione. Soprattutto il personaggio centrale, Dolores (interpretata splendidamente dalla Wood), che sin da subito capiamo esser destinato a qualcosa di molto più grande, che nel finale sorprende con il suo colpo di scena a dir poco straordinario. Anche Jeffrey Wright nei panni di Bernard (e non solo) mi ha stupito non poco. Wright lo avevo già visto in Source Code e in due 007, ma in Westworld ha dato una grande prova d'attore. Non solo è riuscito ad esprimere il dolore e la continua malinconia del personaggio, ma è riuscito benissimo nel rendere il suo personaggio totalmente inespressivo e di ghiaccio quando era necessario. Ma i veri maestri attori sono ovviamente Ed Harris e Anthony Hopkins. Il personaggio di Ed Harris è semplicemente straordinario, ci si presenta come un uomo brutale, senza scrupoli, che va a Westworld molto spesso per tirare fuori la bestia che è in lui, e invece è molto di più, più misterioso di quanto si pensi, ma alla fine bastardo traditore che raggiunge il suo obbiettivo, anche se controverso. Ma soprattutto il personaggio Robert Ford, perfettamente interpretato da un mostro sacro del cinema come Anthony Hopkins è qualcosa di grandioso. Un personaggio incredibile, che sorprende, soprattutto per il pazzesco finale (in cui avviene un ribaltamento davvero stupefacente e ben congegnato). Un personaggio che se non ci fosse stato Hopkins come interprete forse non avrebbe colto così tanto nel segno. Ci ritroviamo infatti d'innanzi ad una tipica performance dell'attore, ma per il personaggio è perfetta. Ford risulta inquietante, intimidatorio e molto pericoloso nonostante non abbia fatto male ad una mosca, almeno non per mano sua. Insomma, se Westworld fosse un film Hopkins si meriterebbe senza ombra di dubbio l'Oscar come miglior attore. Perché proprio il suo personaggio insieme al finale della prima stagione (e che stagione, imprevedibile, potente, sconvolgente) di Westworld, ci lascia senza fiato, ci stupisce di continuo e ci lancia mille ami per farci pensare, costruisce una successione di metafore che richiedevano molta attenzione ma che alla fine hanno dato grandissima soddisfazione.
I nodi infatti, all'ultimo episodio, sono venuti completamente al pettine, con un finale a sorpresa capace di essere allo stesso tempo un cliffhanger e una pietra tombale sul progetto. Una scelta sensata, che permette alla HBO di approvare una seconda stagione con un cast quasi totalmente rinnovato. Anche se comunque in questa prima niente è fuori posto, soprattutto i comprimari che non stonano, tra cui da segnalare il 'belloccio' James Marsden (Affare fatto e Best of Me), lo spavaldo Ben Barnes (Big Wedding, The Words, Le cronache di Narnia), la graziosa Angela Sarafyan (C'era una volta a New York), Jimmi Simpson 'Willy' (Notte folle a Manhattan), Rodrigo Santoro e infine la meravigliosa Tessa Thompson (vista recentemente anche in Creed: Nato per combattere), sono armonici alla narrazione e ci beiamo di una grandiosità di fotografia e regia che possono solo meritare grandissimi applausi. Jonathan Nolan e Lisa Joy hanno infatti creato un serial-rompicapo appassionante e onesto, dentro una messa in scena di straordinaria qualità. Perché tutto sommato, questa prima stagione di Westworld convince, portando a mio giudizio a compimento archi narrativi che non richiedono ulteriori approfondimenti, anche se proprio il finale ha rimediato parzialmente all'unico vero passo falso, un colpo di scena su Bernard un po' troppo forzato e un po' difficile da supportare. Ma si è trattato, in fondo, di un piccolo glitch in un'opera ambiziosa e ben più profonda e inquietante del film originale di Michael Crichton. Spero comunque che la seconda stagione riesca a mantenere alto il livello, nonostante molti dei trucchi narrativi di questa prima stagione (tra cui le linee temporali parallele) non possano essere replicate con successo una seconda volta. Difatti dovrà per forza essere in grado di cambiare pelle nella prossima stagione, perché questo cambiamento è assolutamente necessario, perché per continuare a stupire, bisogna assolutamente rinnovarsi. In sinossi quindi Westworld si è rivelata essere una delle migliori serie tv degli ultimi anni. Un aspetto tecnico impressionante che fa da contorno ad una sceneggiatura che rasenta la perfezione, caratterizzata da colpi di scena che ti lasciano senza fiato per decine e decine di minuti. Il vero punto forte però risiede nei personaggi, ognuno ti rimane impresso nella memoria soprattutto grazie alle performance degli attori, di tutti gli attori, meno popolari e non. Perciò se non l'avete vista, vi consiglio vivamente di recuperare questa serie, una vera e propria perla. Voto: 8
Westworld, un capolavoro di regia e recitazione oltre all'incredibile storia raccontata, un po' assurda ma coinvolgente e innovativa nonché straordinaria. L'unica storyline criticabile (e una c'è) è quella di Maeve (una seppur accattivante e spudorata Thandie Newton) che ritengo sì intrigante, ma con delle enormi forzature e degli eventi abbastanza surreali. Comunque il vero punto forte di tutta la serie sono i personaggi. Dal primo all'ultimo a dir poco memorabili, per non parlare delle performance degli attori, tutti hanno dato una grande prova di recitazione. Soprattutto il personaggio centrale, Dolores (interpretata splendidamente dalla Wood), che sin da subito capiamo esser destinato a qualcosa di molto più grande, che nel finale sorprende con il suo colpo di scena a dir poco straordinario. Anche Jeffrey Wright nei panni di Bernard (e non solo) mi ha stupito non poco. Wright lo avevo già visto in Source Code e in due 007, ma in Westworld ha dato una grande prova d'attore. Non solo è riuscito ad esprimere il dolore e la continua malinconia del personaggio, ma è riuscito benissimo nel rendere il suo personaggio totalmente inespressivo e di ghiaccio quando era necessario. Ma i veri maestri attori sono ovviamente Ed Harris e Anthony Hopkins. Il personaggio di Ed Harris è semplicemente straordinario, ci si presenta come un uomo brutale, senza scrupoli, che va a Westworld molto spesso per tirare fuori la bestia che è in lui, e invece è molto di più, più misterioso di quanto si pensi, ma alla fine bastardo traditore che raggiunge il suo obbiettivo, anche se controverso. Ma soprattutto il personaggio Robert Ford, perfettamente interpretato da un mostro sacro del cinema come Anthony Hopkins è qualcosa di grandioso. Un personaggio incredibile, che sorprende, soprattutto per il pazzesco finale (in cui avviene un ribaltamento davvero stupefacente e ben congegnato). Un personaggio che se non ci fosse stato Hopkins come interprete forse non avrebbe colto così tanto nel segno. Ci ritroviamo infatti d'innanzi ad una tipica performance dell'attore, ma per il personaggio è perfetta. Ford risulta inquietante, intimidatorio e molto pericoloso nonostante non abbia fatto male ad una mosca, almeno non per mano sua. Insomma, se Westworld fosse un film Hopkins si meriterebbe senza ombra di dubbio l'Oscar come miglior attore. Perché proprio il suo personaggio insieme al finale della prima stagione (e che stagione, imprevedibile, potente, sconvolgente) di Westworld, ci lascia senza fiato, ci stupisce di continuo e ci lancia mille ami per farci pensare, costruisce una successione di metafore che richiedevano molta attenzione ma che alla fine hanno dato grandissima soddisfazione.
I nodi infatti, all'ultimo episodio, sono venuti completamente al pettine, con un finale a sorpresa capace di essere allo stesso tempo un cliffhanger e una pietra tombale sul progetto. Una scelta sensata, che permette alla HBO di approvare una seconda stagione con un cast quasi totalmente rinnovato. Anche se comunque in questa prima niente è fuori posto, soprattutto i comprimari che non stonano, tra cui da segnalare il 'belloccio' James Marsden (Affare fatto e Best of Me), lo spavaldo Ben Barnes (Big Wedding, The Words, Le cronache di Narnia), la graziosa Angela Sarafyan (C'era una volta a New York), Jimmi Simpson 'Willy' (Notte folle a Manhattan), Rodrigo Santoro e infine la meravigliosa Tessa Thompson (vista recentemente anche in Creed: Nato per combattere), sono armonici alla narrazione e ci beiamo di una grandiosità di fotografia e regia che possono solo meritare grandissimi applausi. Jonathan Nolan e Lisa Joy hanno infatti creato un serial-rompicapo appassionante e onesto, dentro una messa in scena di straordinaria qualità. Perché tutto sommato, questa prima stagione di Westworld convince, portando a mio giudizio a compimento archi narrativi che non richiedono ulteriori approfondimenti, anche se proprio il finale ha rimediato parzialmente all'unico vero passo falso, un colpo di scena su Bernard un po' troppo forzato e un po' difficile da supportare. Ma si è trattato, in fondo, di un piccolo glitch in un'opera ambiziosa e ben più profonda e inquietante del film originale di Michael Crichton. Spero comunque che la seconda stagione riesca a mantenere alto il livello, nonostante molti dei trucchi narrativi di questa prima stagione (tra cui le linee temporali parallele) non possano essere replicate con successo una seconda volta. Difatti dovrà per forza essere in grado di cambiare pelle nella prossima stagione, perché questo cambiamento è assolutamente necessario, perché per continuare a stupire, bisogna assolutamente rinnovarsi. In sinossi quindi Westworld si è rivelata essere una delle migliori serie tv degli ultimi anni. Un aspetto tecnico impressionante che fa da contorno ad una sceneggiatura che rasenta la perfezione, caratterizzata da colpi di scena che ti lasciano senza fiato per decine e decine di minuti. Il vero punto forte però risiede nei personaggi, ognuno ti rimane impresso nella memoria soprattutto grazie alle performance degli attori, di tutti gli attori, meno popolari e non. Perciò se non l'avete vista, vi consiglio vivamente di recuperare questa serie, una vera e propria perla. Voto: 8
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