Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/04/2017 Qui - Dopo solo poche settimane eccoci di nuovo insieme per la terza straordinaria stagione di Vikings, perché l'attesa e la voglia di vederla era alta, dato che grazie a lei ho imparato a non temere i vichinghi e a godermi una delle più interessanti serie viste ultimamente. Interessanti, non belle, perché magari qualcosa nell'intreccio (come anche detto in occasione delle precedenti recensioni, qui la seconda e qui la prima) potremo lasciarlo per strada, perché i caratteri spesso sono troppo rigidi, perché alcune svolte sono troppo rapide e altre semplicemente non portano a nulla. Eppure Vikings che torna a raccontarci una vicenda di conquista tra epica, mitologia e storia, rimane e rimarrà eccezionale. E proprio questa terza, è stata la stagione più grande, più ambiziosa e più intensa della serie. Da una simile altezza qualche caduta è inevitabile, ma la serie di History Channel riesce a sorprendere nuovamente in più di un momento. La terza stagione di Vikings infatti può considerarsi la consacrazione di una serie che si è saputa evolvere e maturare grazie a due elementi. Da una parte è ormai una certezza di qualità la scrittura (alquanto shakespeariana) di un talento nato delle cronache storiche, quella di Michael Hirst (Elizabeth, The Tudors), ma è evidente l'impronta di History Channel, che da anni si è inserita con furbizia sul mercato, producendo ultimamente documentari che avessero sia una validità accademica che un forte senso dello spettacolo, e così è stato.
E dire che non era partita nel migliore dei modi (anche se nel pieno dell'azione). Ragnar si era fatto convincere da re Ecbert ad un'improbabile alleanza che gli avrebbe permesso di mantenere una colonia vichinga sul suolo britannico. Per far ciò aveva guidato i suoi in battaglia contro lo zio e il fratello della principessa Kwenthrith (la gagliarda Amy Bailey, una delle straordinarie donne di questa fantastica serie), sbaragliando buona parte del loro esercito in uno scontro nel quale i nemici si erano dimostrati sprovveduti e deboli. Non una gran minaccia dopotutto. Infatti non è da loro che Ragnar avrebbe dovuto guardarsi, come hanno dimostrato i seguenti episodi. Finalmente, dopo innumerevoli nemici stupidi, codardi o semplicemente non all'altezza, Ecbert è una nemesi all'altezza della situazione, perché capace di sfruttare altre armi oltre a quelle classiche, la persuasione, la diplomazia, arti più sottili nelle quali i brutali vichinghi finiscono per soccombere in un massacro che non ha precedenti per loro nella serie. A questo punto però, contro ogni previsione, la serie cambia strada, e ci mostra una seconda parte lontana e slegata rispetto alla prima. Ragnar, il capo militare indiscusso del suo popolo (più semplicemente Jarl ed anche Re) volge difatti lo sguardo a Parigi, e guida i suoi nell'assalto alla città di cui Athelstan gli aveva narrato le meraviglie. Lo fa tra l'indignazione di Floki, che vede male il suo avvicinamento al cristianesimo, e la fedeltà messa a dura prova di Lagertha e Rollo, la prima ansiosa di riprendersi le terre che le sono state tolte, il secondo che non ha mai completamente superato l'invidia nei confronti del fratello. Sullo sfondo della tragica morte di Athelstan, proprio per mano di Floki, gli ultimi tre frenetici episodi della stagione raccontano l'attacco alla città, tra forza bruta, strategie, sorprese, fino ad un nuovo equilibrio che in realtà tanto equilibrato non è, e che già lascia intravedere gli scontri (ma anche altro) del prossimo anno.
Ma rimanendo in questa terza di stagione, comunque più che discreta, dove in dieci episodi il ritmo narrativo si mantiene non solo costante, ma crescente, con un deciso climax negli ultimi tre episodi, non tutto è perfetto. Tutti i personaggi forti infatti perdono qualcosa lungo la stagione, anche se sempre di più andando avanti, vengono fuori e si definiscono fortunatamente meglio le varie sfaccettature e i lati più oscuri dei vari personaggi principali, Ragnar (dove qui si riesce a vedere e a percepire la sua trasformazione, sempre più riservato, sempre più cupo, misterioso, arrabbiato, e alcune volte sconfortato) sempre inafferrabile, ma nelle ultime puntate praticamente irriconoscibile, Rollo (nell'incredibile ultima puntata) trova nella promessa di matrimonio con la principessa uno sfogo concreto alla sua gelosia fraterna, anche per lui un passo indietro, Floki incontrollabile, ulteriormente spezzato dal fallimento dell'attacco pianificato da lui, e quindi Lagertha (Katheryn Winnick ovviamente), miglior personaggio dello show, quest'anno penalizzata, ad un certo punto quasi in balia di Ecbert. Se i personaggi migliori vacillano, per quelli storicamente più deboli va ancora peggio, Aslaug immobile e inutile, Porunn (Gaia Weiss) altrettanto, l'impalpabile Kalf, la povera Siggy che esce di scena improvvisamente e brutalmente. A proposito un aspetto che non mi è piaciuto molto è la poca importanza data proprio alla sua morte, non era certo un personaggio principale, questo si sa, ma ha avuto il suo ruolo che in alcuni casi è stato fondamentale per l'evoluzione delle vicende, e mi è sembrato veramente brutto dare una così poca, quasi inesistente, importanza alla sua morte. Ma anche altro spiazza (in negativo) e un po' delude, dato che se nelle prime 2 stagioni non c'è quasi nessun lato negativo, qua invece si intravede qualcuno. Ci sono infatti alcuni fatti che sembrano davvero troppo forzati, e alcuni personaggi introdotti non benissimo dei quali non si capisce bene l'importanza e il ruolo. Uno di questi è soprattutto il misterioso individuo che appare a Kattegat (il viandante interpretato da Kevin Durand di The Strain, che stravolge la vita della cittadina, innescando una serie di eventi che probabilmente avranno il loro peso in futuro), che guarisce e seduce, ma di cui non è ancora chiara la natura e le intenzioni.
Altro personaggio un po' ai margini e non del tutto coinvolgente è Judith (la dolce e bella Jennie Jacques) moglie del principe del Wessex, sedotta addirittura da sorta di divinazione da suo padre, il Re. Insomma non del tutto convincente (anche se eccezionale ugualmente) come l'inizio, qui sembra addirittura chiudere un cerchio e poi aprirlo, il terzo atto dell'epica norrena è difatti sia di passaggio che di chiusura. L'impressione è di essersi trovati di fronte a tre movimenti diversi, uno di nascita, ovvero la prima stagione, durante la quale Ragnar Lothbrock (Travis Fimmel) diventa Jarl, una seconda stagione di espansione, nella quale Ragnar consolida un potere temporale e assume la carica di Re, e quest'ultima tappa, dove la forza motrice pare essere quella dell'esplosione, o dell'implosione, ovvero della morte. Il protagonista infatti, l'eroe principale Ragnar, affronta una crisi, un virus religioso chiamato Athelstan (George Blagden). Abbiamo dovuto aspettare quasi venticinque puntate, seppur colme di presagi, per comprendere il vero significato narrativo dell'ex-monaco. Athelstan si presentava nella prima stagione come l'innocuo, timido cristiano, costretto a scontrarsi con una cultura barbara. E invece si fa il portatore dell'intera storia della cristianità, e tra le quinta e la sesta puntata (The Usurper, Born Again) è proprio il suo personaggio che per la prima volta rende pratica e reale la presenza del Dio cristiano. A questo punto Athelstan diventa martire, e muore, ucciso da Floki. E' un gioco narrativo delizioso, perché in un mondo dove tutti i vichinghi si direzionano verso uno scopo che lentamente li porterà distanti dalla sacralità pagana e verso il feudalismo cristiano, Floki è l'unico che rimane fedele alle divinità norrene. Il martirio di Athelstan provoca l'ennesimo passo di un destino che pare chiaro, la conversione di Ragnar (seppure gli ultimi secondi della season finale, The Dead, sono enigmatici sulla questione), che d'altronde va a simboleggiare la conversione dell'intero nord.
Solo in questo caso potrebbe avere una valenza il misterioso errante nelle puntate in cui è protagonista (The Wanderer, Warrior's Fate, Scarred), anche se apparentemente estraneo alle vicende, inoltre la sua breve presenza aveva annullato i poteri del veggente (John Kavanagh, importanti e fantastiche sono le sue previsioni), che era l'unica reale centralità pratica di mana pagano. Qual è significato? Il viandante era una divinità pagana, forse Odino stesso (conosciuto nella mitologia vichinghe, d'altronde, anche come "il saggio viandante"), o il Dio monoteista? Ma la conversione cristiana non è certamente un sinonimo di conversione al bene. Hirst è abile nel caratterizzare la meschinità dei due lord cristiani, il Re Ecbert (Linus Roache) ed il nipote di Carlo Magno, l'Imperatore Charles (Lothaire Bluteau) di Francia. Sono entrambi protagonisti di un atto anti-cristiano per eccellenza, il tradimento nei confronti dei figli, il primo (come già anticipato) diventando l'amante della moglie del primogenito Aethelwuf (Moe Dunford), il secondo concedendo in matrimonio, in difesa della propria persona più che della Francia stessa, la figlia (Morgane Polanski) e principessa (alquanto irritante e al momento inutile) al condottiero Rollo (Clive Standen). Tutte situazioni che porteranno ad un finale quasi shakespeariano fino al midollo, dove il dolore morale di Ragnar causato dalla morte dell'amico fraterno Athelstan si accentua, ed in preda ad uno spasmo di rabbia e dolore per le ferite sia fisiche che d'anima, accusa finalmente Floki della morte del monaco (ma di questo se ne riparlerà sicuramente dopo). Per adesso c'è solo da riaffermare questa serie come una delle migliori ultimamente, dato che Vikings mantiene una visione forte, un'ambientazione affascinante, un racconto potente con delle importanti motivazioni e dei personaggi carismatici. E quest'anno ha da un certo punto di vista superato se stesso, allargando moltissimo la sua visione e il suo intreccio, confezionando dei momenti spettacolari e ambiziosi, anche se la battaglia per Parigi (la cosa migliore di tutto in ogni caso) è diretta e ricostruita sì con cura, ma non assistiamo ad una battaglia visivamente roboante ed hollywoodiana. Ma nonostante ciò, e nonostante i pregi e i difetti (di cui ampliamente discusso), la serie continua ad incantare e sorprendere, sperando sempre che continui in crescendo. Voto: 8-
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