Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/03/2017 Qui - Con ben sapete, o forse no, da febbraio ho cominciato a vedere una serie tanto attesa, uno dei tanti recuperi che quest'anno spero di fare, dato che prima di vedere la terza stagione di Twin Peaks urge un recupero, come quello entro fine anno di Penny Dreadful e Banshee in primis (gli altri dipende), per cui dopo la sorprendente ed eccezionale prima stagione rieccoci tornati con Vikings che, come c'era da aspettarsi, fa un salto di circa 4 anni rispetto alla prima (potete leggere qui la mia recensione), ma questa seconda stagione ha riservato non poche sorprese, innescando quello scossone narrativo che per certi versi sembrava essere assente nella prima stagione, la quale ha però avuto il merito di introdurre lo spettatore nelle atmosfere di quella antica civiltà e di inquadrare i personaggi, solidificando le loro caratterizzazioni e cominciando a tessere la trama di ambizioni e intrighi che costituiscono la spina dorsale del racconto. Un racconto che in questa straordinaria seconda stagione inizia con il botto e finisce altrettanto con il botto. In questa seconda stagione ci sono stati infatti molti più colpi di scena della prima, soprattutto nella spiazzante parte finale, che non m'aspettavo, soprattutto per l'eccellente recitazione di Floki, che come vedremo (probabilmente e successivamente) di continuo, ha un rapporto di amore/odio con Ragnar (che svela finalmente la sua vera natura, spietato contro chiunque faccia del male alla propria famiglia), anche se su una cosa c'è una certezza, Floki (che continua ad essere uno dei miei preferiti) non tradirebbe mai il suo amico. In ogni caso, senza soffermarsi sulla trama o gli eventi nello specifico (per non rovinare il gusto di vederla a chi non l'ha ancora vista o per non annoiare chi l'ha già vista e adorata), vediamo ancora Ragnar Lothbroke e l'intero villaggio di Kattegat alla ricerca di un'autonomia d'azione e una volontà di potenza che ha sempre a che fare con la convinzione di una predestinazione di grandezza sancita dagli dei.
E vediamo quindi come Ragnar (interpretato ancora splendidamente da Travis Fimmel) prenderà sempre più potere politico, resisterà agli intrighi e, quelli che ci aspettiamo (come già detto) come cattivi, traditori, avranno modo di dimostrare invece la loro fedeltà a questo uomo sempre più avido di sapere, con un lampo di follia nello sguardo (poiché Ragnar è tanto, tanto più furbo di quanto gli altri lo considerino). Insomma davvero tanta roba, in più nella nuova evoluzione degli eventi, i personaggi (sia nuovi che vecchi) acquistano maggiore spessore alle prese con decisioni da prendere, ruoli da rispettare, sete di vendetta non senza una buona dose di vita familiare e evoluzione personale. Tra questi, il figlio di Ragnar, Bjorg, che si ricongiunge al padre e sarà di sicuro il suo perfetto erede, curioso, intelligente e non crudele, potrebbe avere un grande destino. E come non parlare di Athelstan? Sempre in bilico tra cultura cristiana e cultura pagana, vero amico di Ragnar, è la sua voce fuori dal coro, l'altro lato della sua anima, una fonte di conoscenza. In questa stagione praticamente succede di tutto e di più, una seconda decisamente più intrigante e violenta della prima. C'è infatti molto più sangue in questo secondo capitolo della serie che, come il primo, è cadenzato da battaglie corpo a corpo per la rivendicazione di un territorio ma anche da contrattazioni 'diplomatiche' alla ricerca di tregue sempre sul filo del rasoio. Anche se in verità la scelta incostante di accentuare la crudeltà di alcune scene come quella del 'blood eagle' (indicibile e violentissima pratica di condanna a morte eseguita in casi specialissimi), e attenuare la violenza nelle scene di battaglia, comunque rappresentate molto bene ma troppo tese talvolta ad una veloce visione d'insieme, non è del tutto convincente a parer mio. Ma nonostante ciò e nonostante il ritmo che sale e scende allo stesso tempo del patos, la tensione comunque si sente per tutta la serie, costellata di tradimenti e voltafaccia, veri o supposti.
Aspetto invece molto positivo di questa seconda stagione è soprattutto per la modalità della narrazione che si pregia del calibrato equilibrio tra immagini e dialoghi i quali collaborano alla tessitura di una trama che intriga lo spettatore al punto di chiedersi (come più volte ripetuto) se ognuno dei personaggi sia davvero chi dice di essere. Interessante poi è la rappresentazione più approfondita delle donne, donne importanti che giocano un ruolo determinante nelle vite dei propri compagni, di vita e di battaglia. Lagertha (la stupenda Katheryn Winnick), Aslaug (l'affascinante Alyssa Sutherland), Siggy, ma anche Helga e Porunn (la sexy Gaia Weiss), tutte intervengono, a loro modo, nella definizione di un ritratto che sottolinea la profonda apertura sociale della civiltà vichinga, nonché una modernissima capacità di azione tutta femminile. Questo è un altro dei grandi pregi di questa serie che, se da un lato si definisce per scelte talvolta obbligate concernenti l'attendibilità storica dei fatti, dall'altro restituisce la verità e il fascino di una civiltà molto antica che pur si contraddistingueva per complessità e genuino spessore rispetto alla spesso gretta e cattolicissima Inghilterra di quei tempi. Tanto che il confronto tra popoli vichinghi e regni britannici si fa, nella seconda stagione, sempre più serrato e la sceneggiatura lascia più spazio alla caratterizzazione dei personaggi, i re del regno di Nortumbria, del Wessex o di Marcia, con cui i norreni entrano in contatto, lasciando trasparire le contraddizioni e le insensatezze di quella 'civilissima' e moderna Inghilterra che i vichinghi ambivano di depredare e conquistare. Per questo e per tanto questa seconda stagione è perciò ancora meglio della prima, con ancora più colpi di scena, ancora più azione, ancora più suspense, ancora più tutto insomma. Una stagione che si è sviluppata in un crescendo continuo, che ha trovato il suo apice nell'incredibile finale di stagione. Vikings insomma, resta in pieno una buona serie di genere storico, serie che è una finestra aperta su un particolare e definito periodo storico e non il frutto di un pretenzioso progetto storico-documentario. Tutto bello, tutto intrigante e avvincente, tanto che non vedo l'ora di portarvi al più presto anche la terza stagione ma, più che altro, sono io che non vedo l'ora di vederla. Voto: 7,5
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