Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/08/2016 Qui - Billions è la nuova ed eccezionale serie televisiva statunitense della Showtime, in Italia andata in onda sul canale satellitare Sky Atlantic dal 21 giugno 2016 al 26 luglio, sul mondo dell'alta finanza, quella di Wall Street. Fortunatamente però nonostante l'argomento abbastanza noioso e su cui non molto conosco se non a parte qualche altro film del genere, come Margin Call o The Wolf of Wall Street, su cui qualcosa credo di aver capito, la serie ha il pregio di saper raccontare gli intrighi della finanza in modo davvero intrigante ed impeccabile, affidandosi a dialoghi brillanti e recitazioni perfette, su tutti ovviamente i due protagonisti principali, Paul Giamatti e Daniel Lewis. Rinnovata già per una seconda stagione, Billions, ideata da Brian Koppelman (è anche il produttore di Vinyl), David Levien (co-sceneggiatore di Ocean's Thirteen) e Andrew Ross Sorkin, editorialista economico del New York Times e autore del libro Too Big to Fail, ci trattiene nel mondo del denaro virtuale e del commercio azionario usando due personaggi come come catalizzatori dei conflitti morali (come successo per certi aspetti anche in The Night Manager, col fantastico duo Laurie-Hiddleston), un uomo d'affari che manovra miliardi di dollari in fondi speculativi, e un procuratore distrettuale che vuole incastrarlo per insider trading (ovvero sfruttare informazioni riservate prima del tempo per guadagnarci che per chi non sa o conosce, è illegale). Ma Billions anche se è una serie sul denaro (che poi a volte parlare di milioni come se fossero spiccioli non è piacevole per noi poveri mortali), è sul potere, sul senso di giustizia, sull'ambizione personale. Di conseguenza, è una serie che contrappone due visioni opposte del mondo, due percorsi di vita antitetici, inconciliabili e quindi destinati a scontrarsi. Ma non è neanche una serie sul bene e sul male, non esistono infatti scale di valori, nella scrittura perfetta degli autori, ma svariate sfumature di grigio (non 50 ma qualcuna c'è), in cui lo spettatore è libero di scegliere quale visione del mondo che gli è più congeniale. Ma al netto di tutte le questioni tecniche, a cui comunque lo show dedica grande attenzione (ma senza appesantire troppo), vale la pena non stancarsi a rincorrere i tecnicismi e concentrarsi invece sui caratteri. Ci sono Bobby Axelrod, interpretato da Damien Lewis (quello di Homeland), businessman che ha creato da solo il proprio impero e che opera serenamente oltre i margini della legalità, che è in grado di comprare qualsiasi cosa desideri, da un viaggio privato con gli amici di infanzia per il concerto dei Metallica (con tanto di accesso ai camerini, cameo davvero notevole) al proprio nome su un edificio pubblico a cui ha donato qualche centinaio di milioni, e Chuck Rhoades (che ha i tratti costantemente imbronciati di uno strepitoso Paul Giamatti), di famiglia ricchissima, uomo di legge integerrimo in cui però il rigore è figlio di nevrosi private (la rivalsa nei confronti del proprio padre, del proprio fisico e della propria compagna) più che di idealismo. Il laccio che li lega è la passione condivisa per una donna, Wendy, psicologa aziendale per il primo e moglie del secondo (una sensuale e strepitosa Maggie Siff) che si espone costantemente a un imbarazzante conflitto di interessi.
C'è quindi un triangolo perfetto e molto classico alla base di tutto, che traduce continuamente la tensione professionale in tensione emotiva, e il thriller nel mélo. Bobby e Chuck combattono a tutto campo e oltre le regole, per inerzia, vanità e ambizione, ma mentre la vita del primo si estende al rapporto con le persone che gli gravitano intorno (la famiglia, gli uomini che lavorano per lui, la stessa Wendy) Chuck è isolato, parla di giustizia ma combatte solo per sé. Il risultato è che Axelrod esercita un fascino maggiore sullo spettatore, anche quando si approfitta malamente del proprio potere, anche quando usa chi gli sta intorno, è spietato ma consapevole, e quasi sempre onesto (per di più è atletico e spiritoso), anche se il prezzo di questo successo sono operazioni non sempre trasparenti, utilizzo opaco di informazioni riservate e dossieraggio sistematico su nemici da ricattare. Per questo Axelrod ha attirato su di sé le attenzioni della giustizia, in primo luogo del Procuratore di New York Chuck Rhoades, che invece è l'immagine di uno stallo, ogni cosa che lo riguardi finisce per apparire vagamente repellente (la scena in cui obbliga il proprietario di un cane a rimuoverne le feci a mani nude è il simbolo del suo esercizio della professione), ma che è deciso a spedire in galera l'avversario per un superiore ideale di giustizia. L'obiettivo è restituire credibilità a un intero sistema, al momento alla mercé di milionari senza scrupoli come Axlerod. Ma non è da trascurare il fatto che la moglie di Rhoades sia la più stretta collaboratrice dello squalo della finanza, e risulta evidente come la scarsa presenza familiare della donna, sempre molto assorbita dagli impegni lavorativi, disturbi il marito. Aggiungete il fatto che mentre il miliardario è un marito e padre irreprensibile, il giudice integerrimo dedica poche attenzioni ai figli (al punto che dopo le dodici puntate della prima stagione neanche sappiamo che faccia abbiano), e con la moglie condivide la passione per certi giochini spinti di cui veniamo messi al corrente subito, all'inizio del primo episodio, un inizio davvero sorprendente e alquanto atipico da vedere. Inoltre, mentre lo squalo di Wall Street si è fatto da sé, partendo dal nulla insieme alla moglie, il procuratore può contare sui potenti agganci garantiti dal padre, milionario a sua volta. E' perciò un un dualismo semplice, ma servito da attori straordinari (Damian Lewis e Paul Giamatti, per non parlare di Maggie Siff, che se li mangia entrambi) e utile all'uso, perché ti porta in una zona di inservibilità dei criteri sociali, pubblici e privati, a cui sei stato educato. E perché nei momenti migliori aiuta a riflettere sui rapporti paradossali tra istituzioni politiche e finanziarie, dove il Potere sposta la ricchezza in una direzione o nell'altra, ma la trattiene sempre a sé, generando la connivenza che strozza le classi medio-basse. La serie infatti, tra colpi di scena e scorrettezze reciproche, è una descrizione perfetta del mondo in cui viviamo, con le infinite possibilità che offre e gli squilibri che queste possono produrre, ed anche una sfida implicita allo spettatore.
La serie, come detto, prodotta da Showtime vive su vicende che sono di per sé avvincenti (inchieste, giochi di borsa, scalate societarie, truffe…) ma che non sarebbero tali se non fossero sorrette da una recitazione e da dialoghi eccellenti. A questo ci aggiungiamo gli intrighi, i giochetti e le mosse dei due quasi fosse una partita a scacchi o un incontro di pugilato, questa però non è House of Cards (non siamo a Washington ma a New York, non sono i politici, ma la magistratura e i ricchi a darsele di santa ragione) anche se gli assomiglia parecchio per i sotterfugi inscenati, gli intrighi, i colpi di scena e le manipolazioni (non solo finanziarie), ma si differenzia perché qui non ci sono omicidi (per ora difatti non si contano cadaveri), ma la qualità della messa in scena e della scrittura è comunque altissima, e il divertimento è assicurato. Perché da una storia banale (non ci vuole molto per capire dove andranno a parare, o forse sì?), ne vengono fuori personaggi cazzutissimi e super-caratterizzati, una città di vetro e corruzione, buoni latitanti e cattivi perversi (in tutti i sensi). Per certi versi è come vedere The Wolf Of Wall Street (per ora senza lancio del nano, ma lo sperpero di denaro e feste sì), anche per il corredo estetico delle due fazioni, ville e uffici ultramoderni da una parte, con colori chiari abbacinanti, auto potenti e abbigliamento casual a metà tra Steve Jobs e Mark Zuckerberg (c'è dimostrazione più evidente di potere che fregarsene di giacca e cravatta?), e dall'altro lato uffici retrò con moquette geometriche e arredamento in mogano, appartamenti bui, borse di pelle e giacca e cravatta a tutte le ore, perfino con gillet. Ma la serie è del tutto diversa e forse anche più interessante e avvincente, addirittura migliore di quello comunque straordinario film. Il cast poi è perfetto, non un ruolo sbagliato, oltre a Giamatti, Lewis e Siff, vanno segnalati la bellissima Malin Akerman, che interpreta la signora Axelrod, e David Costabile, veterano del piccolo schermo e del palcoscenico, che interpreta Mike Wagner. La serie perciò vale la pena di essere guardata perché è scritta bene e recitata meglio, perché dentro c'è di tutto, i soldi, il denaro, il potere, l'arroganza, l'insicurezza, l'amicizia, la famiglia, l'ambizione, la perversione. Ma ci sono altri motivi per cui Billions è da non perdere, prima di tutto il serrato e bellissimo confronto tra due grandi attori, Lewis e Giamatti, la scrittura e sceneggiatura davvero eccezionale, che ci regalano questo intricato viaggio nel mondo della finanza newyorkese a colpi di battute memorabili e svolte inaspettate, e anche quelli che, come me, di finanza conoscono solo quella che controllava gli scontrini all'uscita dei bar si troveranno a seguire con interesse e divertimento assoluto le dinamiche da Tom e Jerry dei due protagonisti. La teoria dei giochi è applicata in grande quantità in Billions, ciascuno dei protagonisti compie azioni spietate finalizzate solo ed esclusivamente al proprio guadagno personale e le strategie sono contorte e imprevedibili. Seguire Billions è come seguire una accanitissima partita a scacchi, ma senza la noia. Infine il potere delle donne qui è fantastico, perché il vero fulcro di Billions risiede nelle donne del cast, Wendy Rhoades (Maggie Siff) e Lara Axelrod (Malin Akerman), rispettivamente mogli di Chuck e Axe, che sono sotto sotto due vere e proprie lady di ferro con un ruolo molto pesante nelle vite e nel successo dei due maschietti. La prima, moglie di Chuck, ma anche amica e dipendente di Axe, che con l'influenza della sua forte personalità la vediamo riecheggiare in entrambi, e la seconda (di umili origini come il marito) che sotto l'aspetto innocuo ha tutta l'aria di poterti accoltellare pur di ottenere quello che vuole. Insomma una serie interessante, intrigante, coinvolgente, di classe, di qualità, che sicuramente dopo il botta e risposta dei due nell'ultima puntata che apre a tanti scenari, salirà ancora di livello, perché questa prima stagione è da annoverare tra le migliori dell'anno. Davvero imperdibile. Voto: 7+
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