lunedì 13 luglio 2020

The Outsider (Miniserie)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/07/2020 Qui - Stephen King, con Richard Price, crea un prodotto avvincente. Suddivisa in dieci episodi, The outsider (miniserie distribuita da HBO e tratta dall'omonimo romanzo del Re) è una serie televisiva ricca di simboli e metafore che parla all'uomo e alla donna di oggi facendoci riflettere non sul senso della giustizia bensì sull'eterna dialettica tra ragione e intuito. La macchina da presa si muove abile in una piccola cittadina degli Stati Uniti, dove si consuma un efferato omicidio ai danni di Frankie Peterson, un ragazzino di undici anni. In un primo momento le prove sembrano inchiodare l'allenatore e tranquillo padre di famiglia, Terry Maitland (Jason Bateman), eppure c'è qualcosa di oscuro che sfugge all'occhio allenato del detective, Ralph Anderson (Ben Mendelsohn), già provato dalla morte del figlio. Le cose si complicano per la polizia (non si può dire altro per non fare spoiler) che è così costretta a contattare Holly Gibney (Cynthia Erivo), una strana investigatrice dal passato tormentato. Il razionale Ralph e l'intuitiva Holly indagheranno su questa forza misteriosa che annichilisce gli individui coinvolti e che, per sopravvivere si diffonde da persona a persona, proprio come un virus o come il panico, che è estremamente contagioso. Nell'arco delle 10 puntate di cui si compone forse non tutto funziona. Alcuni passaggi appaiono scontati ma sono tappe obbligate del racconto, giustificano l'evoluzione dell'indagine quanto quella dei personaggi (a tal proposito, cast ben equipaggiato, guidato dall'eclettico Ben Mendelsohn e tra gli altri Jason Bateman, che cura anche la regia dei primi due episodi). Manca forse una fotografia (anche se buona) più inquietante, avrebbe certamente aiutato, ma nel complesso The outsider è una buona serie tv/miniserie, che comunque verso il finale purtroppo perde un po' l'incisività e il ritmo delle prime puntate. Ve la consiglio? Non saprei, però se avete letto il libro magari potete farne a meno, ma diciamo che non è la serie tv che maledici dopo aver visto. Scorre bene e lascia (più o meno) soddisfatti. Voto: 6

Britannia (2a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/07/2020 Qui - La prima stagione della serie Sky Original ha raccontato la vittoria dell'Impero Romano sulla civiltà dei Celti. La seconda, che andò in onda su Sky Atlantic sul finire dello scorso anno ed ora è disponibile su On demand, riparte due anni più tardi, a cavallo tra realtà, epica e finzione. È la storia che incontra la magia, l'epica che si manifesta, rivelando tra sé quel suo groviglio di realtà e fantasia. Britannia è la finzione scritta sulle pagine del tempo, dove, due millenni or sono, si sono dati battaglia Celti e Romani. Archiviato ogni legame con i fatti storici realmente accaduti, la serie ideata da Tom e Jez Butterworth, trova paradossalmente ed incredibilmente (giacché nella prima stagione era un difetto slegarsi quasi completamente dall'attinenza storica e non mi aveva convinto del tutto lo sviluppo narrativo conseguente) la propria identità con una narrazione al limite della follia, magica e in più momenti brutale. Ci vuole un po' affinché carburi, qualche aspetto difetta ancora (in altri lo si è migliorati), rimangono le perplessità, ma riesce comunque a divertire con un mix di situazioni quasi psichedeliche, come i titoli di testa sulle note della cover di Season of the Witch, teste mozzate, uccisioni, amori, sacrifici e intrighi politici. L'atmosfera mistica e un po' folle che contraddistingue i nuovi episodi della serie, è difatti la carta vincente di questo capitolo della storia proposta sul piccolo schermo. L'utilizzo della storia come semplice punto di partenza permette infatti alla serie di trovare la sua dimensione e, sulle note della trascinante colonna sonora, portare in scena l'eterna lotta per il potere e il tentativo di trovare se stessi e il proprio posto nel mondo in modo originale e persino divertente. Gli eccessi, narrativi e visivi, si inseriscono bene in un contesto quasi onirico e ricco d'azione che riesce a coinvolgere, sempre a patto di non fermarsi troppo a riflettere su quanto si sta vedendo, considerando l'elevato grado di follia che anima gli eventi. Britannia, sfruttando nel migliore dei modi il budget a propria disposizione (scenografie e fotografia nuovamente efficaci), usa a proprio favore la libertà creativa e la bravura del cast (in testa David Morrissey, poi ecco Mackenzie Crook, in un doppio ruolo, Nikolaj Lie Kaas e Eleanor Worthington CoxAnnabel Scholey e David Bradley, piccola parte per Samantha Colley) per dare vita a un mondo davvero incredibile che, tuttavia, intrattiene, non benissimo, ma bene, praticamente il giusto. Non migliore né peggiore della precedente, ma seconda stagione riuscita. Voto: 6,5

The Walking Dead (10a stagione/seconda parte)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/07/2020 Qui - Paradossale come cosa, ma anche TWD soccombe alla pandemia (quella vera), e in seguito alle disposizioni governative (mondiali), farà attendere fino a data da destinarsi (si dice comunque che entro fine anno ciò accadrà) il pubblico per scoprire che ne sarà dei protagonisti. Sì perché la serie si ferma ad una puntata dal traguardo della decima stagione, e "regala" agli spettatori un finale transitorio (con una puntata, la 15, che sfortunatamente questo è). Non il massimo insomma, anche perché tutto ciò arriva dopo una seconda parte di stagione non propriamente esaltante (ci si aggiunga poi il fatto che le ultime quattro puntate vengano, per il pubblico italiano, interamente sottotitolate), e dopo una stagione (nel suo complesso) che ha soltanto accennato un miglioramento senza mai concretizzarlo realmente. In primis, siamo sempre lì, si ripropongono difatti le medesime dinamiche narrative ed alla fine, nonostante un cambio di "padrone", tutto è come prima, battaglia doveva essere e sicuramente sarà quando si riprenderà (sperando che un vincitore ci sarà definitivamente tra Sussurratori e Tutti i nostri). In secundis, si continua a "chiacchierare" troppo e ad approfondire inutilmente i personaggi (non bastasse una certa prevedibilità di fondo). Dalla prima parte (qui) poco è quindi cambiato, ed a parte qualche grandioso colpo di scena (essenzialmente due, il migliore è nella mazza, ops mani, del Negan di Jeffrey Dean Morgan, l'altro riguarda Rick, uno grosso comunque potrebbe presumibilmente ancora arrivare) ed una new entry parecchio interessante (che da brio ma che tuttavia poco c'entra), niente succede, niente migliora. E quando qualcosa finalmente stava per succedere, il blocco che non ti aspetti, e si arriva così al momentaneo season finale della decima stagione di TWD, che come detto, lascia a desiderare, perciò non facile esprimere un giudizio, ma certamente impensabile optare per una sufficienza. Per questa volta schiaffetto e rimandato a Settembre. Si spera. Voto: 5,5

The Loudest Voice - Sesso e potere (Miniserie)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/07/2020 Qui - Una serie tv, anzi, miniserie (7 uniche e sole puntate), realistica e didascalica, la storia (tramite periodi focali) dell'ascesa al potere e della rovinosa caduta di Roger Ailes, il creatore di Fox News. Un affresco spesso disgustoso di una mentalità che è sempre stata considerata vincente: quella della destra americana più privilegiata e potente. Roger Ailes era un burattinaio che creava e distruggeva: poteva decretare il successo e il fallimento di una vita, di una carriera, di un essere umano. Roger Ailes si credeva un dio e come tale si comportava. Non aveva limiti, freni o inibizioni, a lui tutto era dovuto, perché poteva, perché era sicuro di esserne in grado, perché non c'era nessuno a fermarlo, fino a quando una sola donna ha avuto l'astuzia di incastrarlo per tutte le sue colpe. The Loudest Voice, produzione Showtime, andata in onda su Sky Atlantic, è quindi una miniserie d'impatto, in cui è difficile entrare in empatia con il "mostro", vorresti solo gridare al mondo tutta la tua indignazione. E tuttavia al di là di ciò, ci sono validi motivi per consigliarne una visione. Prima di tutto, l'interpretazione dei protagonisti principali. Una discreta prova corale per tutto il cast, sulla quale svettano un irriconoscibile Russell Crowe (che, vecchio e grasso, interpreta Roger con una convinzione e un'arroganza che rendono il personaggio credibile) e Naomi Watts (una nota di merito per Seth MacFarlane che, una volta tanto, abbandona i panni di attore da commedia per indossare quelli scomodi e sgradevoli di Brian Lewis). Ci sono poi i fatti storici riportati con cruda freddezza: l'11 settembre, la salita al potere di svariati presidenti americani, il ruolo che Fox News ha avuto nella manipolazione delle menti del pubblico medio, la controversa personalità di Rupert Murdoch. C'era una logica chiara dietro alle azioni del gran capo della Fox, in grado di decidere le sorti della politica americana. Inoltre, The Loudest Voice si incanala in quel filone di tv-verità che fa un pesante riferimento al movimento del MeTooThe Loudest Voice e getta luce anche su quanto fragile e manipolabile sia l'opinione pubblica americana. E, forse, non solo americana. Insomma parecchia la carne al fuoco, e certo, non sarà perfetta, non sarà di eccellente qualità (e non per tutti), ma questa miniserie va vista, per sapere qualcosa in più degli Stati Uniti e degli intrecci tra giornalismo televisivo e politica, per entrare nel complicato e vergognoso meccanismo che ha per anni gestito Fox News, e poi al massimo indignarci. Voto: 7