giovedì 13 giugno 2019

Britannia (1a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/04/2018 Qui - Doveva essere per Sky, dopo l'affascinante, sorprendente e intrigante serie Babylon Berlin, la conferma, invece Britannia, serie televisiva statunitense e britannica co-prodotta da Amazon e Sky e andata in onda su Sky Atlantic (che ha già annunciato il rinnovo per una seconda stagione) si rivela essere come le precedenti sue produzioni Tin Star e Riviera e come l'ultima produzione storica del canale History, ovvero Knightfall, un'occasione persa. Britannia infatti (ambientata nel 43 d. C.), di stampo prettamente storico (che però di realmente storico ha in verità ben poco) ma che vira spesso (e imprudentemente) verso il fantasy, sfrutta solo in parte l'interessante e affascinante script di base (perché della serie sono interessanti i rapporti tra le tribù, i riti di iniziazione delle vergini del villaggio, lo scoprire che nel cast c'è anche Fortunato Cerlino che interpreta un certo legato di nome Vespasiano, e poco altro), che racconta il selvaggio e mistico mondo di una terra, pronta a essere, dopo la disfatta di Giulio Cesare, conquistata dall'Impero romano. Difatti una nuova legione cerca di sconfiggere e dominare le lande governate da varie tribù, in cui il volere degli Dei cambierà il corso canonico delle tradizioni locali, ma la serie che vede come "antagonista", il generale Aulo Plauzio (il governatore di The Walking DeadDavid Morressey) e come protagonisti Kerra (la giunonica Kelly Reilly), figlia del Re dei Cantii Pellenor (Iain McDiarmid), in conflitto perenne con i Regnensi e la Regina Antedia (Zoe Wanamaker), e lo sciamano Divis (Nikolaj Lie Kaas), seppur senza alcun dubbio parta in maniera incalzante, offrendoci uno sviluppo narrativo sostanzialmente equilibrato, e comunque ricco di picchi di tensione durante tutto l'arco, regalando altresì allo spettatore ripetute scene di azione, spesso cruente, capaci di mantenere, in buona parte, vivo l'interesse, non convince. Anche perché lo sviluppo dello script si ferma alla sola azione, visto che la contaminazione fantasy (giacché qui ci sono i Druidi, creature misteriose, la cui lealtà e il cui vero scopo rimangono avvolti nel mistero per tutti i 9 episodi) fa perdere di vista il vero obiettivo della serie, narrare la conquista romana.
La serie infatti, creata da Jez Butterworth, più che prendere esempio da Game of Thrones (perché in questo genere è un punto di riferimento importante, anche se le nuove serie televisive di simile fattura, compresa questa, pur avendo molte affinità, non a caso percorre la sua idea di aprire durante le puntate molti archi narrativi, tuttavia non tutti interessanti, non riescono a replicare minimamente il suo straordinario risultato), avrebbe forse dovuto ispirarsi a Vikings (seppur anche qui il metro di paragone è elevato) e avrebbe dovuto cercare di creare quell'atmosfera misteriosa, ma tentando di mantenere almeno una sottile patina di verità storica. Invece tutta la storia, che narra attraverso formule narrative già sperimentate nella televisione, eventi e personaggi convergenti verso un unico comunque maestoso finale, appare come un'accozzaglia di decisioni prese per motivi ignoti non solo agli spettatori, ma suppongo allo stesso autore. Proprio perché Britannia è lontana dall'essere un reale period drama, dati gli evidenti errori storici messi in scena, come numerosissimi soldati romani di evidente origine "nera", equipaggiati con armature e suppellettili impropri per il 43 d.C., e per aver deciso di mostrare gli invasori come dei barbari e spregevoli conquistatori senza cuore. Certo, non si può mica pretendere una assoluta aderenza alla realtà storica, visto che neppure serie di valore quali Victoria, Narcos (e tanti altri di cui non ricordo il titolo) o gli stessi Babylon Berlin e Vikings, raffigurano perfettamente gli avvenimenti originali, tendendo sempre a voler romanzare (com'è giusto che sia) la trama, ma la decisione di mettere un soldato di chiare origini africane, ponendolo al fianco di un generale romano, è un errore evidente e fastidioso, tanto quanto gli oppositori, abbastanza ridicolizzati.
Ma pur tralasciando le pecche riguardanti i "dettagli" storici, lo sviluppo narrativo non riesce a rialzare la qualità di una serie che, sostanzialmente, non parte mai. Caratteristica che viene dettata da una trama confusionaria e spesso sin troppo orientata ad analizzare le arti sciamaniche dei druidi (i quali diventano il vero argomento clou della serie), i loro rituali ed il modo in cui i protagonisti dell'opera si relazionano con questa misteriosa comunità. Non che sia un aspetto in assoluto negativo, visto che la fascinazione per il modus operandi della comunità celtica rimane un argomento misterioso e sconosciuto ai più, sul quale c'è una grande possibilità di manovra e "gioco" (simile a quanto visto in Vikings), ma il voler orientare quasi esclusivamente lo sviluppo narrativo su di esso fa perdere la rotta allo script. A tal proposito non riesce a creare interesse nemmeno la figura di Divis (interpretato dal danese Nikolaj Lie Kaas, il detective Carl Mørck in televisione), uno sciamano tanto strano quanto misterioso, ma incapace di far appassionare il pubblico con le sue arti magiche. Non dimenticando una mancanza di linearità nella narrazione, con continui e repentini cambia di scena. Giacché l'elemento narrativo di Britannia, che è peraltro come già ripetuto interessante, proprio per questi continui sbalzi, non riesce a prendere una direzione precisa. Un altro piccolo difetto è il non approfondire degnamente molti aspetti come il contrasto tra la religione celtica e il pragmatismo romano, mentre invece il più delle volte (perché tortuosa è la loro situazione famigliare) la serie propone il "family drama" dai Cantiaci, che onestamente sembra più adatto ad una soap opera che non a questa serie. Certo, un po' di spessore nella trama fa sempre piacere, ma questa trama così contorta riesce spesso a rallentare il ritmo.
Ritmo rallentato, che sfocia nella prevedibilità estrema, soprattutto per "colpa" del figlio del Re Phelan che, invece di tenere sotto controllo Ania, la figlia della regina Antedia dei Regnensi, prigioniera dei Cantiaci, si fa incantare da questa millantatrice, che si finge posseduta da una divinità e millanta una profezia secondo cui deve concepire un figlio con Phelan. E ogni volta che i due si incrociano si fatica, complici scambi di battute prevedibili, a non sbadigliare. Il flusso di quella che a questo punto si può definire quasi una serie prettamente fantasy, però, nonostante le varie e disparate pecche, permette allo spettatore di seguire con costanza lo sviluppo degli avvenimenti sino all'ultima puntata. Un interesse che senza dubbio deriva dalla scelta di scenografie importanti, dagli incastri politici, e non, che vengono attuati per provare a fermare l'invasione straniera, e, soprattutto, dalle capacità attoriali (anche se mediocre è stato ultimamente in The Ones Below) di David Mark Morrissey (Aulo Plauzio), vero motore portante dell'opera, il quale, dopo aver recitato anche in Centurion, si ritrova nuovamente ad impersonare una figura di spicco della comunità romana, finendo per farci fare il tifo, più volte, per lui. Ma purtroppo Morrissey è una mosca bianca, visto che è capace di rubare totalmente la scena anche agli altri personaggi di spicco del cast, in primis Kelly Reilly (figlia di Re Pellenor), personalmente mediocre in Bastille Day ed Eden Lake mentre brava in Calvario, risultando persino sprecato per una serie dal così alto potenziale non sfruttato. Sempre a proposito di cast, nessun volto particolarmente conosciuto c'è tutto in ogni caso, ma questo non è in nessun modo un aspetto negativo.
Sì perché in questo modo, e non sapendo con precisione in quale direzione procederà il racconto (perché come detto le vicende che ci vengono raccontate sono in qualche solo modo parallele alla Storia, quella con la s maiuscola), non si sa cosa può succedere e chi ci lascerà (che è successo e chi ci ha già lasciato). Tra questi, oltre a due/tre più "conosciuti" ci sono, Eleanor Worthington Cox (Maleficent), Mackenzie Crook (i primi 4 Pirati dei Caraibi), Julian Rhind-Tutt (Lucy e Rush), Stanley Weber (Outlander e I Borgia), Liana Cornell (East of Everything), Barry Ward (Jimmy's Hall: Una storia d'amore e libertà e The Fall), Annabel Scholey (I Medici: Masters of Florence), Hugo Speer (Nymphomaniac Vol 1 e The Musketeers), Fortunato Cerlino (Gomorra) e Joe Armstrong (Black Mirror). Sempre rimarcando la sempre poca linearità storica, la cosa più tragica è forse che sarebbe stato meglio attenersi alla verità storica piuttosto che ricamarci sopra una storia senza capo né coda. E dire che alcuni colpi di scena sarebbero potuti essere interessanti, tradimenti, politica, accordi. Invece molto viene lasciato senza spiegazione e di conseguenza molte azioni appaiono prese a caso, senza una logica. Ad esempio. Quali sono le vere ambizioni di Aulo Plauzio? E perché si consegna praticamente subito ai Druidi? Perché Veran, il leader dei Druidi non ne approfitta per aiutare i Celti a vincere anche questa invasione? Oppure ancora, perché Divis è stato allontanato dai Druidi? Qual è il suo ruolo nella storia? Per non parlare di Cait, che dovrebbe essere questa grande svolta nella lotta contro i Romani e in 9 episodi non ha un solo minuto di crescita personale, la vediamo all'inizio come una ragazzina spaventata e la lasciamo esattamente nello stesso punto, una ragazzina spaventata che non conosce il suo posto nel mondo.
Tutto questo è un peccato, perché, senza raccontare troppo, per chi deve ancora vedere la serie, ci sono tantissimi spunti per una storia eccezionale, anche alcuni colpi di scena sono davvero interessanti e sarebbero potuti davvero essere un punto di svolta per la storia in generale. Invece tutto viene spettacolarizzato, come se lo spettatore medio di oggi volesse solo violenza ingiustificata senza un minimo di contesto e/o di trama che giustifichi tale violenza. Britannia infatti cerca in tutti i modi di sconvolgere il pubblico con scelte narrative coraggiose, ma la produzione non riesce a stupire mai, fallendo miseramente sulla narrazione utilizzando cliché (e qualche decisione politicamente corretta) davvero fastidiosi. Mentre la sceneggiatura mostra un potenziale, la messa in scena esagera spesso in scelte registiche fine a se stesse. Tuttavia una lancia a favore della produzione di Britannia mi sento di spezzarla per quanto riguarda la scenografia e la fotografia, entrambe suggestive e piene di fascino e simbolismo, proprio come ci si aspetterebbe da un mondo magico e selvaggio come deve essere stato quello dei Druidi e dei Celti. Non dimenticando una trama, seppur non "lungimirante" e incapace di sfruttare al meglio quest'argomento storico affascinante (in tal senso meglio fece Barbarians: Roma sotto attacco), comunque vivace (tanto sangue e alcune battaglie) ed un minimo interessante, una colonna sonora abbastanza dignitosa, ma soprattutto una strana, inusuale ma estremamente suggestiva sigla anni '70, forse la cosa migliore di tutte. In definitiva però la delusione resta, anche perché la produzione non soddisfa in pieno le aspettative. Tuttavia la seconda stagione è stata confermata e non ci resta che attendere lo sviluppo di un prologo malfatto, ma con un potenziale interessante. Un potenziale che forse potrebbe anche catturarvi, mostrandovi la paura di una terra ignota e considerata maledetta, dove le varie fazioni sembreranno essere pedine di un disegno divino. Demoni, druidi ed eserciti confluiranno nel destino di un territorio, iniziando una profezia dall'ampio respiro, dove ci si può perdere nei boschi di una regione occulta. Però non aspettativi miracoli. Voto: 6,5

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