martedì 4 giugno 2019

The Walking Dead (8a stagione/seconda parte)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/05/2018 Qui - Esattamente come successo in occasione della prima parte dell'ottava stagione (qui), anche la seconda parte si è chiusa tra l'indifferenza generale, perché ormai The Walking Dead sembra non avere più l'appeal dei tempi che furono. L'attesissimo finale di stagione infatti, attesissimo sia dai fan della prima ora sia da tutti gli spettatori che non ne possono più della serie ma per qualche motivo continuano a guardarla (anche solo per parlarne male), ha alternato, come tutta l'annata, momenti convincenti ad altri in cui si è toccato il ridicolo. Questo season finale dell'ottava stagione, che avrebbe potuto tranquillamente, tramite l'ultima puntata, terminare l'intera serie e che invece sembrerebbe procedere su binari non propriamente interessanti (anche se si intravede un nuovo barlume di speranza, con la possibilità di reinventare la serie e tornare, forse, ai fasti delle prime annate), se sotto certi punti di vista accontenta entrambe le fette di pubblico, mostrando momenti fatti apposta per appassionare quelli che ancora oggi si definiscono fan della serie (in particolare per quanto riguarda i momenti introspettivi e le scene di battaglia), ma anche diverse situazioni che sembrano fatte apposta per far mettere le mani nei capelli a tutti coloro della serie ne hanno piene le scatole, procedendo a singhiozzo e alternando momenti spettacolari e interessanti però a scelte narrative che confermano le debolezze della gestione di Scott M. Gimple, giunta ora al termine, lascia un po' l'amaro in bocca. Tuttavia bisogna ammettere che, dopo una stagione poco convincente, The Walking Dead ci ha sorpresi (nuovamente e in modo certamente meno banale della precedente seppur in modo sicuramente ridicolo) con un finale imprevedibile. Tutti infatti attendevano la battaglia finale, tutti si aspettavano uno spargimento di sangue, una decimazione dei protagonisti e, invece, lo showrunner sceglie una strada praticamente opposta, chiudendo la guerra contro i Salvatori con un atto di pietà nei confronti degli avversari che hanno tormentato le comunità guidate da Rick, per onorare la memoria di Carl (che nel frattempo dopo il cliffangher della scorsa prima parte di episodi è definitivamente morto) e la sua ultima richiesta. Il problema però non è tanto il fatto che ciò avviene, dopotutto la serie è sempre stata parecchio ottimista (e la speranza finale, l'inaspettata redenzione, ne è la prova), quanto è il modo con cui succede.
La sopraffazione nei confronti dei Salvatori infatti, e dopo tre stagioni di lotta continua, avviene anche troppo in fretta e con eccessiva facilità, mentre fino alla puntata precedente pareva che i due gruppi si sarebbero fronteggiati duramente. Invece appunto niente, e il fatto che dopo una prima parte di stagione all'insegna dell'azione, dal debutto della seconda parte è stato come se lo showrunner si fosse dimenticato di inserire tensione e ritmo, troppo preoccupato di piazzare tutte le pedine sulla scacchiera, non ha aiutato. Troppi momenti emotivi, troppi dilemmi psicologici e poca carne al fuoco per una serie horror che vive tanto di questi attimi di introspezione quanto di sviluppi più concreti. Parecchie puntate sono risultate così noiose (il lungo e straziante addio al figliol prodigo seppur emozionante è risultato pedante), o più semplicemente di passaggio. Non dimenticando appunto che la puntata finale (seppur di buon livello) disattende le attese di un fuoco d'artificio in un mortaretto. Perché in conclusione, l'ottava stagione di The Walking Dead si conclude con un episodio altalenante, fatto sì di alcune cose buone ma anche altre (tante altre) tutt'altro che efficaci. Perché se azzeccata è stata la scelta di uccidere Carl, giacché se lo show nella seconda parte ha acquistato un'anima che sembrava aver perso è proprio per via del sacrificio del ragazzo, la stessa, fornisce tuttavia la possibilità certamente lodevole di lavorare su una nuova idea di futuro che comprende sia Rick (Andrew Lincoln) sia Negan (riuscendo così a non sacrificare quest'ultimo, il quale è a tutti gli effetti il personaggio più riuscito della serie allo stato attuale, grazie alla bella performance di Jeffrey Dean Morgan) ma che non sembra avere una direzione precisa o più semplicemente intrigante o interessante, anche perché la conclusione vera, quella che i fan accaniti (e la critica di settore) reclamano a gran voce, poteva essere proprio questa. Invece la carta di "un futuro migliore" se la sono già giocata e non so se quello che ci proporranno nella prossima stagione basterà, anche perché sinceramente non si capisce se sia davvero necessario (giacché la visione, purtroppo, prosegue per inerzia) continuare a raccontarci la vita dei sopravvissuti, con nuovi villain sempre più cattivi, morti sempre più tragiche e prospettive che sembrano sì positive, ma che poi deviano nel disastro più totale. Il tempo dirà, ma nel frattempo giudizio freddo e poco significativo. Voto: 6-

Nessun commento:

Posta un commento