Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/02/2018 Qui - Ispirato a Der nasse Fisch (Il pesce bagnato) di Volker Kutscher, primo di cinque romanzi dedicati alla Germania pre-nazista, Babylon Berlin si svolge tra il maggio e il giugno del 1929. La serie infatti, composta da sedici episodi corrispondenti a due stagioni, con una terza già in programmazione (coprodotta da Sky e Betafilm), e la più costosa di sempre (il budget supera i 40 milioni di euro), focalizzando in modo perentorio il trapasso tra gli anni ruggenti degli anni '20 al plumbeo militarismo degli anni '30, rappresenta un indimenticabile affresco noir dell'epoca Weimariana. La Repubblica di Weimar, archetipo di tutti i sistemi democratici in crisi, non è solo però lo sfondo storico-politico di un thriller poliziesco dalle tinte noir, ma è, soprattutto, un soggetto vivo, rappresentato nelle sue forme fantasmagoriche e nei suoi colori sfavillanti destinati a spegnersi. Vediamo in scena difatti tutti gli ingredienti del caos politico, la frattura, in seno alla polizia, fra lealisti alla Costituzione e nazionalisti, le agitazioni comuniste e la repressione culminata nel "Maggio di sangue", i rapporti tra istituzioni weimariane e Unione Sovietica (grazie a cui la Repubblica uscì dall'isolamento diplomatico e militare), i conflitti interni al movimento operaio, e ancora lo stress postraumatico dei reduci di guerra (dopotutto il protagonista è uno di loro, che placa i suoi tremori trangugiando fiale di morfina). L'affresco ideato inoltre coinvolge diverse tematiche, non solo il pericolo rosso o il revanscismo post bellico, ma anche dei traumi dei reduci alla miseria dei ceti meno abbienti, fino alla doppia morale della vita quotidiana alla corruzione della burocrazia.
Siamo solo a 4 anni dall'avvento del nazismo, ma il movimento non viene mai nominato ma solo subodorato (si fa l'accenno ad un "esercito nero" e si nomina Hitler come "teorico" in una battuta) e questo dà la misura di quanto l'approccio alle vicende siano state curate. D'altronde Babylon Berlin, diretta da Tom Twyker, regista di film di successo (Lola corre e Profumo: Storia di un assassino) e della serie Sense8, è un prodotto ben confezionato, curato nei minimi particolari per restituire fedelmente il clima degli anni in cui è ambientata (che prende insieme aspetti sociali, politici e psicologici). La messa in scena poi è quella delle occasioni importanti, degna dei grandi kolossal, scenografie, costumi e musiche risultano essere carte vincenti (investire paga insomma, con più di 300 location, scenografie sontuose, le tonalità soffuse di una fotografia mai banale, costumi e trucco curatissimi, una colonna sonora seducente). In più ritmo incalzante e incedere delle vicende sono assi nella manica per assicurarsi un buona presa sul pubblico. Anche grazie a dei buoni attori, perché in Babylon Berlin si conferma il vecchio detto che non ci sono piccoli ruoli. Qui ogni personaggio è opportunamente inserito nella trama e forma un filo nella rete narrativa in cui l'audience è catturata rapidamente, anche se la sceneggiatura non sempre riesce ad appassionare e coinvolgere al massimo.
Anche perché questo è un racconto a più voci (forse troppe, seppur la ricercata polifonia spiega la Babele del titolo) e declinato secondo diverse prospettive, i poliziotti, i comunisti tedeschi, i trozkisti cospiratori, l'ambasciata russa, i militari, i nazionalisti reazionari, i proletari delle periferie, i reduci dalla grande guerra, oscure società segrete, criminali di bassa lega. Inoltre due registri narrativi si alternano in Babylon Berlin, uno punta ai fatti privati, alle vicende personali, alle ambizioni e ai tormenti dei singoli, l'altro abbraccia gli eventi storici e i momenti collettivi, sfiorando i profili di uomini politici realmente vissuti. Incontriamo infatti il presidente del Reich Paul von Hindenburg, il generale Erich Ludendorff, il ministro degli esteri Gustav Stresemann. E sotto di loro, un pulviscolo di gruppi, bande, uomini associati per motivi di interesse, sette nostalgiche della passata grandezza germanica (di chi disprezza le decisioni "umilianti" seguite alla disfatta del 1918, trattati di Versailles, la smilitarizzazione forzata, il pagamento dei debiti di guerra...), masse popolari in movimento. Tuttavia tutto è molto interessante, giacché gli aspri rancori sconquassano nel profondo il tessuto sociale e le complesse architetture istituzionali di una Repubblica dinamica e innovativa che, attraversata, appunto, da tensioni troppo forti, ma in cui non c'è un attimo di tregua o di noia.
La trama infatti è intricatissima ma imprevedibile e convincente, tanto che vale la pena di prendersi un fine settimana di binge-watching, e godersi questo indimenticabile filmone di 16 ore senza troppe interruzioni come io ho fatto. Una trama che ruota intorno alle indagini del commissario di polizia Gereon Rath (Volker Bruch de Il Commisario Rex, Tatort, Squadra Speciale Lipsia), trasferito da Colonia alla buoncostume di Berlino per una missione in incognito, sventare il ricatto a luci rosse di cui è vittima Konrad Adenauer, il borgomastro della sua città. Nell'investigare l'industria pornografica illegale berlinese (completamente diversa eppure controversa come in The Deuce), Rath si affianca a Bruno Wolter (Peter Kurth de Goodbye, Lenin, Tatort), un (molto) ambiguo poliziotto dalle maniere forti, e soprattutto alla giovane dattilografa della squadra omicidi Charlotte Ritter (la bella ed interessante Liv Lisa Fries), affascinante e determinata, poverissima al punto da dover condurre una seconda vita da prostituta dominatrice per mantenere la famiglia. Presto l'attenzione di Rath si sposterà però su un tesoro di lingotti d'oro (quello dei Sorokin, nobili russi sterminati dai bolscevichi) nascosto in un treno proveniente dalla Russia (che trasporta altresì gas velenoso camuffato da pesticida), di cui vogliono impossessarsi un po' tutti, dissidenti trotskisti, agenti staliniani, la criminalità organizzata, i nazionalisti tedeschi impegnati a riarmare l'esercito contravvenendo agli accordi di pace.
Giacché l'oro potrebbe fare la fortuna di una delle parti in lotta e modificare gli equilibri futuri. Per sapere chi vincerà però vi toccherà vedere. Come vi toccherà vedere l'avvalersi del regista di sequenze visivamente allucinate, distorte, sfocate, per segnare le discese agli inferi di Gereon (costretto ad assumere oppiacei per superare le sue ricorrenti crisi neurologiche, probabili attacchi di panico dovuti a stress post traumatico) e le sue risalite. Anche perché niente è limpido, e ad ogni angolo si nascondono insidie fatali. Il commissario capo Bruno Wolter è un amico o un infiltrato? Quali segreti si nascondono nel governo e nei bassifondi? Nulla infatti, in Babylon Berlin, è ciò che sembra. Dopotutto Svetlana Sorokina si traveste da uomo, e forse non è la nobildonna che tutti credono. I set dei filmini porno sono mascherati da sacre rappresentazioni. L'oro, in un'alchimia al contrario, si trasforma in carbone (e non è una metafora). Senza dimenticare che Greta, amica di Lotte, spinta in strada dalla fame, e assunta dal questore ebreo Benda come domestica, cadrà (colpa di una macchinazione, prevedibile in verità) nel fango quando in fondo sembrava aver trovato un posto sicuro, incarnando così più di altri il tragico dell'esistenza. Perché in Babylon Berlin, Twyker e soci ci restituiscono lo stesso clima di decadenza in un noir fantapolitico, un'opera frutto di immaginazione, certo, eppure aderente allo spirito dell'epoca presa in esame.
Dove la musica (a partire dall'efficace e discreta sigla), in questa giostra di rivelazioni e svelamenti, gioca un ruolo, non secondario, di strumento liberatorio, di trasformazione ritualizzata. Cinematograficamente poi ci sono accenni all'espressionismo, alle modalità del cinema muto e all'avanguardia russa, mentre nella colonna sonora (curata anche dallo stesso regista) si ascoltano pezzi jazz, blues, canzoni alla Kurt Weill e brani colti e sperimentali che vedono anche la comparsa del theremin (uno dei primi strumenti elettronici di sempre). Tuttavia la grande protagonista, di una serie discreta ed affascinante ma comunque non perfetta, è però la Berlino del 1929, riprodotta con ossessiva cura dei dettagli. Scopriamo così la vecchia Alexanderplatz (gli esterni invece ricostruiti negli studi cinematografici Babelsberg), ricostruita in digitale insieme a decine di strade, angoli e palazzi distrutti dai bombardamenti del '45. E così alla luccicante e rigogliosa zona Ovest, in cui fiorisce una straordinaria stagione artistica, musicale e cinematografica, fanno da contraltare i bassifondi della zona Est, fra emarginazione, degrado, depravazione, agitazioni comuniste e scontri di piazza. E poi c'è il leggendario Moka Efti (ricostruita nei locali di un ex cinema muto, sotto la guida attenta del pluripremiato scenografo Uli Hanisch), caffè, ristorante e sala da ballo, teatro di una sfrenata vita notturna.
Un locale popolato da un demi-monde di cui anche Charlotte fa parte (è qui che si esibisce la contessa Sweta Sorokina, alias Severija Janušauskaité, le sue performance sul palco sono davvero incredibili, in particolare quella di "Zu Asche, zu Staub", tema musicale inusuale ma eccezionale della serie). Metropoli di oltre 4 milioni di abitanti, turbolenta e libertina, culla dei consumi e della cultura tedesca così come della violenza politica e del crimine organizzato, osservando in scena infatti le contraddizioni brucianti della sua capitale, non si ha certo la sensazione di un destino già segnato per la Germania Weimariana, piuttosto, che sarebbe potuto succedere davvero di tutto. Babylon Berlin comunque si conclude proprio alla vigilia della svolta, negli ultimi giorni dell'epoca d'oro di Weimar. Un espediente narrativo efficace anche perché i tre autori e registi della serie (Tom Tykwer, Henk Handloegten, Achim von Borries) si sono ben guardati dall'instillare nei protagonisti il senno del poi. La serie per questo, intrigante ed affascinante (seppur non sempre) è davvero bella, anche se non siamo ai livelli di tante altre grandi produzioni, ma siamo però di fronte ad una serie tv che, grazie ad una profondità nella ricostruzione storica di un periodo così importante nella nostra storia, merita di essere vista ed apprezzata. Voto: 7,5
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