Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/01/2019 Qui - Sì è dovuti aspettare due anni, ma alla fine anche Marte, la serie tv di National Geographic Channel, ha avuto una seconda stagione per confermare quanto di buono aveva fatto nella prima stagione. Sì perché, andata in onda su Sky per 6 settimane dal 22 novembre scorso, sempre prodotta da Brian Grazer e Ron Howard, e sceneggiata da Dee Johnson (Nashville), questa atipica serie tv, conferma quanto di buono la prima aveva proposto, anche se per raggiungere l'obiettivo deve rinunciare in parte alla sua peculiarità. Lo fa crescendo, alla ricerca del modo migliore di diventare adulta. Soprattutto la serie tv deve decidere quale aspetto della sua duplice natura privilegiare: la parte di finzione o quella documentaristica. E saggiamente sceglie di non scegliere. Ciò che aveva fatto di Mars un ammirevole unicum era la capacità di portare avanti due discorsi in parallelo alternando e fondendo una storia fantascientifica ambientata su Marte in un futuro non remoto con gli sforzi che qui e ora si stanno compiendo per togliere il suffisso "fanta" all'aggettivo usato qui sopra. Stabilitisi ormai sul pianeta rosso (la nuova stagione non a caso viene ambientata a circa 9 anni dal primo sbarco umano su Marte), questo gioco di specchi non poteva essere portato avanti allo stesso modo. Infatti, il lavoro primario degli scienziati odierni è teso a realizzare il primo passo, mentre cosa fare dopo è un tema ancora poco approfondito. Entrando quindi nel regno nebuloso di futurologi più o meno credibili (ma quelli scelti dalla serie sono ovviamente i più quotati e più scientificamente affidabili). Per questo motivo, intelligentemente il parallelo diventa un altro. Non più cosa fare oggi per rendere possibile il domani. Ma piuttosto immaginare un domani dove sia possibile correggere gli sbagli prima che sia troppo tardi. Per fare poi di questa speranza un monito per un oggi dove gli errori potrebbero essere ormai irreparabili. Mars diventa allora un messaggio da un futuro di fantasia per un presente reale. Poteva far storcere il naso nella prima stagione di Mars l'assenza di una storia forte dal momento che il tema dello sbarco su Marte e della sua colonizzazione era dopotutto stato esplorato a lungo in prodotti precedenti. Non del tutto immotivate (ma comunque fuori centro) erano, quindi, le critiche pedanti di chi lamentava una certa insufficienza dell'aspetto più fiction della serie. Consapevoli di questa (più o meno perdonabile) pecca, gli autori decidono di ovviare scrivendo una sceneggiatura che non rinuncia alla sua missione educativa, ma al tempo stesso è capace di reggersi in maniera autonoma.
Merito di una attenzione approfondita allo sviluppo dei personaggi che devono affrontare non più il pericolo dell'ignoto, ma le difficoltà di un presente ben diverso dall'idillio del successo iniziale. E infatti la seconda stagione si arricchisce di personaggi (interpretati tra gli altri da Jihae, Alberto Ammann, Clementine Poidatz e Sammi Rotibi) con caratteri, ideali, motivazioni differenti (tra incomprensioni, contrasti e società private, la "Lukrum", nomen omen, che pensa ad altro che alla scienza). Proprio questa diversità dona alla serie nuove dinamiche che rendono ancora più interessante e autonoma la componente più prettamente seriale. Come detto, Mars è prodotta da Nat Geo Channel, e di questa genitorialità la serie va fiera non rinunciando mai alla qualità eccelsa della sua parte documentaristica. Lo splendore per gli occhi che le immagini rappresentano e la vividezza appassionata delle interviste non devono tuttavia far tacere che il gioco di alternanza tra qui e ora e lì e domani è meno armonioso della prima stagione. Il motivo è però strettamente legato allo scopo nobile che gli autori decidono di assegnare alla parte realistica della serie. Che non è più illustrare le ricerche in corso per rendere possibile un sogno di Marte, ma piuttosto gli sforzi titanici che pochi fanno per preservare il domani della Terra. I contrasti tra la IMSF e la Lukrum riecheggiano nella quotidianità della cronaca che vede continui attentati all'ambiente in nome del profitto. Le voci preoccupate dei ricercatori che si battono per proteggere chi vive troppo vicino a trivellazioni spericolate. Peccato che il discorso che viene affrontato, quello di ricordare che l'umanità un domani potrà anche creare mondi nuovi, ma prima di tutto deve salvarne oggi uno: la nostra Terra, appaia troppe volte stucchevole ed esasperato. Come se non bastasse alcuni accadimenti, senza entrare nello specifico per non spoilerare, sono causati da azioni estremamente ingenue, mentre la risoluzione degli stessi appare esageratamente veloce e banalmente semplice. La conclusione dei nuovi episodi è inoltre all'insegna del buonismo più scontato. E tuttavia, anche se sarebbe stato meglio avere una narrazione maggiormente dettagliata, questa seconda stagione riesce a farsi valere, riesce a reggersi, riesce ad agguantare facilmente la sufficienza e meritare chissà un'altra occasione. Voto: 6,5
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