Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/02/2018 Qui - E chi l'avrebbe mai detto che il finale della terza stagione di Gomorra (il perfetto coronamento di una season che, tra alti e, pochi, bassi, mi ha lasciato sconvolto ed emozionato), la serie di Matteo Garrone ispirata dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano ed orfana alla regia di Stefano Sollima e Claudio Giovannesi ma non della brava Francesca Comencini e del discreto Claudio Cupellini (tornato al cinema con l'emozionante dramma Alaska), sarebbe stato ancora più destabilizzante del finale della seconda stagione? (qui la mia recensione), ma soprattutto chi se l'aspettava che questa terza stagione sarebbe stata anche la migliore? Perché la serie, che chiude con i fuochi d'artificio una terza stagione che, col senno di poi, si è rivelata essere solo una stagione di transizione, di cambiamento, e in cui si possono perdonare certi eccessi quali il rapido risorgere di Genny e l'ascesa repentina di Sangue Blu, necessari comunque per seppellire il passato e cominciare ad edificare un futuro (diverso ma uguale a sé stesso), ha regalato sorprese a non finire. In un finale di stagione davvero sorprendente e di gran caratura (che è difficile da trovare, specie in una serie italiana che però ha davvero poco da invidiare ad alcune tra le più celebri saghe criminali d'oltreoceano), anche se tutto ciò che avviene era qualcosa che prima o poi sarebbe destinato ad accadere ugualmente, forse in modi e maniere del tutto differenti, però così è andata e così doveva andare. I personaggi di Ciro e Genny infatti, amici fraterni, arrivano al loro punto di non ritorno, un "traguardo" che non vede vincitori, né perdenti. Dopotutto, lo spaccato d'Italia dipinto da Gomorra (in costante equilibrio su di un filo di rasoio) è sempre stato politicamente scorretto e capace di dare vita a discussioni e giudizi differenti. Difatti l'intera terza serie è sempre stata costruita su equilibri narrativi fragilissimi e non sorprende scoprire come questi equilibri siano infine stati fatti in mille pezzi, come un bicchiere di cristallo che si infrange al suolo.
Il finale di questa terza stagione di Gomorra non è tuttavia solo un susseguirsi di sconvolgenti colpi di scena che destabilizzeranno gli equilibri e le certezze (soprattutto per la prossima stagione che vedrà probabilmente, in un campo diverso e in cui si muoveranno i protagonisti, qualcosa di completamente diverso rispetto al passato), bensì è anche un'opera registica e attoriale di livello realmente alto. Salvatore Esposito, Cristiana Dell'Anna, Ivana Lotito, Marco D'Amore e Cristina Donadio, ma anche Marco de Caro, Gianfranco Gallo, Arturo Muselli e Loris De Luna sono pedine di una scacchiera in cui lo "Scacco Matto" vorrebbe dire chiudere una partita durata fin troppo a lungo. Del resto si sa, ogni cosa ha il suo prezzo e in Gomorra - La Serie questo prezzo è la vita, meglio se sacrificata per un bene più grande, per far capire che affari e sete di potere non vanno mai messi a paragone con gli affetti, né con la famiglia. Perché anche se "chi se ne era già andato" era già morto da tempo ormai, in questa (emozionante) stagione il suo lungo addio viene mascherato da una nuova ardimentosa impresa. Tornando invece al secondo quesito, questa terza stagione in primis è la migliore perché ha saputo sopperire alla mancanza di un personaggio carismatico come quello di Don Pietro Savastano. Il fantasma del Don aleggia sullo sfondo di questa terza stagione, imperituro nella memoria del figlio Genny (Salvatore Esposito) e dello spettatore e costantemente riecheggiato nell'innocenza e nel nome del figlio di Gennaro. Don Pietro è morto nella carne ma non nello spirito, la sua presenza è palpabile, nonostante che venga direttamente nominato pochissime volte.
Riecheggia anche nel personaggio di Patrizia (Cristiana Dell'Anna), che avevamo visto diventare sua amante nelle ultime puntate della seconda stagione, donna forte e affascinante che, ancor più che nella stagione precedente, diventa fondamentale per le sorti della famiglia Savastano. Ma, al tempo stesso, viene egregiamente sostituito da una pletora di altri personaggi meravigliosamente scritti ed interpretati, uno su tutti quello di Sangue Blu, Enzo Villa (Arturo Muselli), un giovane malavitoso che ricorda, per incoscienza e fame di potere, non solo il nostro caro Gennaro, soprattutto per il fatto che entrambi sono "figli d'arte", se così si può dire, ma anche un certo Ragnar Lothbrok (e non solo per l'aspetto da vichingo). È la migliore grazie ad una scrittura (quasi sempre) egregia, che lascia i giusti dubbi e le giuste perplessità nel pubblico, che, così, si vede costretto ad elaborare teorie di settimana in settimana e ad affezionarsi ulteriormente ai personaggi e alla storia, salvo poi sciogliere tutti quei dubbi e quelle perplessità con colpi di scena ora spiazzanti e ora telefonati (anche se questi ultimi si contano sulla punta delle dita di mezza mano). Anche perché la sceneggiatura schiaffeggia lo spettatore con un'atmosfera perennemente cupa, che sembra quasi anticipare un imminente "Armageddon", ma sa anche accarezzarlo, soprattutto quello appassionato di cinema, con frequenti strizzate d'occhio al cinema di gangster che tutti (almeno nella maggior parte dei casi) amano. È la migliore anche grazie ad uno straordinario Ciro Di Marzio (interpretato con tanta passionalità e intensità da un Marco D'Amore le cui qualità attoriali mancheranno alla serie), mai tanto protagonista quanto in questa incredibile stagione.
È la migliore grazie a dei villain mai così spietati e crudeli, soprattutto Giuseppe Avitabile (Gianfranco Gallo), il suocero di Gennaro, che sembra Satana sceso in terra, un uomo disposto a tutto pur di raggiungere i suoi scopi, anche far del male (fortunatamente non fisicamente) alla figlia Azzurra ed al nipote Pietro. Anche Scianel, alias Donna Annalisa Magliocca (Cristina Donadio), diventa, come Patrizia, ancora più importante che in passato, anche lei spietata come Don Avitabile. La terza stagione di Gomorra infatti gode, anche pensando ai fratelli Capaccio (uno più pacato e calcolatore, l'altro più irruento, capace di sfondare la faccia di una persona sbattendola su un tavolo senza alcuna esitazione, sempre in cerca di sangue da spargere e di morti da mandare al Creatore), dei migliori antagonisti in assoluto, più doppiogiochisti e violenti che mai. Sia chiaro, questa terza stagione non è affatto esente da difetti (uno su tutti, certi momenti sì importanti ma narrati non al meglio e resi piuttosto noiosi), tuttavia i pregi, quali anche la nuovamente stupenda colonna sonora dei Mokadelic, sono parecchi. Tanti che inutile è sprecare parole per le interpretazioni eccezionali dei personaggi, perché Gomorra ci ha sempre molto ben abituati. In ogni caso mi preme sottolineare comunque alcuni aspetti alquanto negativi, innanzitutto la scelta di quasi forzare lo spettatore a mettere i sottotitoli per seguire meglio le parole dei protagonisti, non è qualcosa di cui andare fieri, anche perché non tutti capiscono per filo e per segno tutto quello che dicono, soprattutto se in dialetto stretto. In secondo luogo, una scelta di narrazione abbastanza strana, fa storcere parecchio il naso.
Un'aspetto della sceneggiatura infatti, messo così forzatamente in atto, lascia perplessi. Sto parlando dell'inutile, perché superflua ai fini del racconto, storia omosessuale tra l'avvocato e il suo amante. Un fatto che sembra davvero cozzare con lo spaccato qui in essere, dato che, come accennato all'inizio, Gomorra è sempre stato politicamente scorretto, e perciò davvero strano è stato riscontrare anche in una serie italiana di questo livello una presa di posizione politicamente corretta come questa. Sarà che ormai per fare scalpore se non ci infili una cosa del genere non sei nessuno, ma quando in verità non serve, perché metterlo? Posso capirlo in The Deuce, d'altronde il sesso ha molte facce, posso capirlo in AHS, anche nell'ultima, dato il tema del femminismo, l'attrice protagonista e il produttore Ryan Murphy, ma come riscontrato in TWD e come sto riscontrando in parecchi altri casi, tutto è asservito a cavalcare solo le mode e basta, senza un'adeguata profondità e utilità. Al contrario, profondo, intenso e utilissimo è il finale di stagione che ha il retrogusto dell'addio, piuttosto che dell'arrivederci. Una chiusa, quella di Gomorra - La Serie, destinata a commuovere lo spettatore con alcuni colpi di scena sorprendenti e per nulla prevedibili, capaci da soli di incuriosire circa il futuro di un'epopea che ha fatto del senso del potere, della fiducia e del tradimento il suo punto di forza, ispirandosi sempre e comunque a uno spaccato d'Italia ancora troppo reale. In conclusione quindi, se ancora non avete visto questa stagione, magari in attesa che si concludesse per vederla tutta d'un fiato, recuperatela immediatamente, perché ancora una volta il coinvolgimento, l'emozione è tanta. Voto: 7,5
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