Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/09/2018 Qui - Ebbi modo, praticamente due anni fa, in occasione della mia recensione sulla seconda stagione di Outlander (qui), la serie tv ispirata alla celebre saga letteraria di Diana Gabaldon, di constatare come la natura ibrida ed eclettica dello show (dato che all'interno della generica cornice romance contiene moltitudini: period drama, feuilleton d'avventura, sci-fi, commedia e dramma intimista, solo per citarne alcuni) rendi alquanto difficile decifrare il tutto nella sua interezza (dato che la sua mutevolezza apre continuamente nuove storyline al proprio interno e connette presente e passato, ricordi e profezie, piccoli dettagli con eventi fondamentali per il corso delle vicende), ma è anche ciò che lo rende piacevole da guardare e capace di intrattenere tutti (dopotutto duelli cappa e spade, corse forsennate fra le lande desolate della Scozia, intrighi, misteri, sotterfugi e profezie di morte, sono queste alcune delle caratteristiche più particolari che hanno reso tale il successo della serie). Infatti superficialmente Outlander è una storia d'amore tormentata, incorniciata in una vicenda da romanzo d'appendice piena di avventure e colpi di scena, a un livello più profondo è la storia di un eroe e di un'eroina che puntano a ridefinire i ruoli tradizionali grazie a una storia d'amore tutt'altro che anticonvenzionale ma ad un uso totalmente anticonvenzionale del sesso, e ancora un grande racconto sul potere e sugli imperi, sui mutamenti culturali, sul ruolo dell'uomo e della donna attraverso i secoli visti con la lente di una prospettiva contemporanea e debitrice del femminismo anche se mai esplicitamente femminista, di una scrittura mai a tesi ma sempre profondamente immersa nella vicenda che vuole raccontare. E in tal senso la forza di Outlander, al terzo giro diretta ancora una volta da Ronald D. Moore, il papà di Battlestar Galactica, e con la supervisione dell'autrice, sta proprio nel riuscire a coniugare tutti questi diversi intenti senza mai distanziarsi dalla capacità di intrattenimento, e difatti anche quest'anno le avventure di Jamie (Sam Heughan) e Claire (Caitriona Balfe), si confermano un crogiolo di grande intrattenimento, un dedalo infinito di emozioni dove storia, mito e fiction si confondono in un vortice di usi e costumi di un'epoca che fu.
In questa terza stagione, divisa a metà dall'atteso ricongiungimento dei due innamorati, Outlander ha infatti prima traghettato i propri lettori/spettatori in parallelo tra le separate avventure dei due protagonisti rispettivamente nella Scozia post-Culloden e negli Stati Uniti degli anni '50 e '60, e poi con il vento in poppa, si son attraversati i sette mari per approdare sulle coste della Giamaica, e nonostante in tal senso la narrazione perda un po' ritmo dilatando i suoi tempi di fruizione, gli ultimi tre episodi della stagione (seppur essi sono caratterizzati da un esotismo un po' raffazzonato e dalla stessa debolezza che nella seconda stagione aveva caratterizzato la sotto-trama parigina, soffocata dalla quantità di personaggi e intrighi che finivano per mettere in secondo piano la relazione tra Jamie e Claire, vero punto di forza della serie) sono stati degni di nota. Outlander ha insomma la sagacità di saper raccontare una storia forte e vibrante, che si intreccia episodio dopo episodio e, quello che è accaduto nella stagione 3, non ha fatto altro che confermare le caratteristiche vincenti delle annate precedenti. Il suo punto di forza è saper tratteggiare una storia d'amore unica nel suo genere, un amore che vince sulle avversità, che lotta contro le stesse leggi del tempo e che si ritrova, alla fine, ancora più irruento di prima (un amore così ben gestito e costruito dallo show che riesce a far passare inosservati dettagli che in qualsiasi altro sarebbero incongruenze irreparabili, uno su tutti, il fatto che nessuno dei due sia visibilmente invecchiato). E quel sentimento che è nato fra Claire e Jamie quest'anno ha vacillato pericolosamente, salvo poi rafforzarsi ancor di più. A tal proposito la terza stagione è stata densa di avvenimenti, forse ancora di più rispetto alla precedente, dato che la linea narrativa (costituita da 13 episodi) è stata costruita come un grande puzzle di eventi incastonati in una cornice in continuo movimento. E tuttavia per questo non tutto va a gonfie vele, perché anche se poche sono le note di demerito che si possono scrivere nei riguardi di Outlander, dato che, la stagione 3, è stata complessa (anche troppa), accattivante, erotica, intensa, emozionante e curata nei minimi dettagli, improbabili colpi di scena e cambi di rotta improvvisi (un arrivederci forte all'affascinante ambientazione scozzese) fanno perdere le sue sicurezze a livello narrativo. Comunque si può dire che questa terza annata di Outlander non ha perso nulla della propria identità originaria, mixando bene (ma non perfettamente) fatti realmente accaduti ad una buona dose di romanticismo, non ha infatti perso di vista il proprio centro nevralgico: Jamie e Claire, ma soprattutto la soddisfazione e l'intrattenimento del proprio pubblico. Sperando che tutto, a parte il sentimento dei due che sicuramente riuscirà a sopravvivere anche a questo, non venga svilito da una quarta stagione (che vedrà i due affrontare le inside del Nuovo Mondo) deludente. Si vedrà, ma nel frattempo, seppur la terza stagione non raggiunga l'eccellenza, è anche leggermente migliore della precedente. Voto: 6,5
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