Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/11/2017 Qui - "Ci rivedremo tra 25 anni", la promessa è stata mantenuta. E Twin Peaks 25 anni dopo (anche se ho recuperato le prime due e il film solo a giugno scorso, qui la mia eccezionalmente lunghissima recensione), riesce a stupire un'altra volta, l'ennesima. David Lynch e Mark Frost hanno rivoluzionato la TV, di nuovo, soprattutto nei dettagli, da il titolo di ogni puntata senza titolo (solo una parte di lungo film) fino ai "saluti" finali con una canzone, dei musicisti, a tema, senza dimenticare che a livello di narrazione si assiste ad una specie di revival/reboot/sequel/prequel, che non ha probabilmente eguali. In ultimo, questa terza (e ultima?) stagione ci lascia con parecchie domande (irrisolte) e scene memorabili, d'altronde il finale, è un meraviglioso riassunto della filosofia di Lynch, un capolavoro ipnotico a livello visivo e un enigma irrisolvibile a livello narrativo, qualcosa che non tutti hanno la capacità di realizzare. Anche perché la domanda iniziale "Questo è il futuro o è il passato?" che ci perseguiterà per l'intero ciclo di episodi, non trova risposta, anche se in fondo c'era da aspettarselo, dare risposte e risolvere misteri non è nello stile di David Lynch. Al contrario, il suo obbiettivo è rimettere tutto in questione, lasciarvi nel dubbio, farvi vivere un sogno assurdo dove non esistono verità assolute, ma sempre con uno sguardo ironico, grottesco, come a dirci che così è la vita. Chi cercava una fine "tradizionale" infatti, avrebbe dovuto lasciar perdere la terza stagione di Twin Peaks fin dall'inizio, se invece già sapevate, certamente avrete amato i 18 episodi confezionati dal regista assieme al "socio". A tal proposito da ricordare è che l'originale Twin Peaks terminava con la vittoria del male sul bene, con l'eroe soggiogato dal nemico, e il prequel Fuoco Cammina Con Me andava anche oltre. Se viaggerete nuovamente o per la prima volta fino a Washington difatti (lo Stato, non D.C.) con la speranza di un lieto fine, le vostre aspettative, al termine del viaggio, saranno tristemente tradite (nonostante ci sia un barlume di lieto fine).
Perché come sappiamo, Twin Peaks è una serie diversa, troppo, dal panorama a cui siamo abituati. Non è facile stargli dietro, non è facile darle un significato, non è facile farsela piacere, ma una volta che si è entrati nel meccanismo rimane una storia che ti rimane dentro. Qualcosa su cui ti ritrovi a rimuginare e di cui vorresti parlare in continuazione. Eppure, quel genio visionario di nome David Lynch è riuscito, ancora, a dare un nuovo significato alla parola serialità. Perché questa terza stagione è un unico film di quasi 18 ore. Un lungometraggio spezzettato, distorto, diverso in ogni sua forma che, comunque, non ha fatto altro che stupire (nonostante la lentezza di certe situazioni, alcuni personaggi "inutili" e tutto quello lasciato in sospeso). Dalla partenza un po' in sordina al finale riuscitissimo (come vedremo tra poco), David Lynch ha infatti chiuso quel cerchio iniziato 25 anni fa e che ci aveva lasciato un senso di malessere fin dal ritrovamento del corpo senza vita di Laura Palmer. Ribadendo così a tutti, dopo l'incredibile finale, come Twin Peaks sia stata "La Serie" del ventesimo secolo, resettando a sua volta lo standard per le serie TV anche nel nuovo millennio. Per di più, questo potrebbe essere un addio, così come è stato concepito, oppure no. Tutto sta a (la nuova casa di produzione Showtime) David Lynch, Mark Frost e alla loro incredibile immaginazione.
Immaginazione che ci permette di ritrovare vecchi amici, alcuni parteciperanno attivamente, altri passivamente, Shelly Briggs (Mädchen Amick), Bobby Briggs (Dana Ashbrook), Benjamin Horne (Richard Beymer), Margaret Lanterman (La Signora Ceppo), interpretata da Catherine E. Coulson, Audrey Horne (Sherilyn Fenn), Andy Brennan (Harry Goaz), Norma Jennings (Peggy Lipton), James Hurley (James Marshall), Ed Hurley (Everett McGill), Lucy Brennan (Kimmy Robertson), Nadine Hurley (Wendy Robie), Albert Rosenfield (Miguel Ferrer), Dr. Lawrence Jacoby (Russ Tamblyn), "Hawk" (Michael Horse) e Sarah Palmer (Grace Zabriskie), e ritrovare altresì nuovi personaggi, anch'essi parteciperanno sia attivamente che passivamente, Sceriffo Frank Truman (Robert Forster), fratello di Harry, Rebecca "Becky" Burnett (Amanda Seyfried), Tamara "Tammy" Preston (Chrysta Bell), Bradley Mitchum (Jim Belushi), Rodney Mitchum (Robert Knepper), Detective D. Fusco (David Koechner) e tanti altri. Perché davvero tanta carne al fuoco c'è, tante situazioni, tanti momenti che è altamente complicato parlare di tutto e tutti, anche perché Twin Peaks stagione 3 ha uno straccio di sinossi e una miriade di personaggi, dentro le quasi 18 ore di visione disperde luoghi e facce e fatti/non fatti come polline nel vento, si deposita nell'occhio di chi guarda, contamina.
Se dovessi raccontare adesso (ma cosa?), in questa recensione, direi semplicemente che descrive un lungo riavvicinamento, quello tra l'agente Cooper e il suo doppio (un sempre straordinario Kyle MacLachlan). Anche se qui la tragedia di Laura Palmer (Sheryl Lee) e il giallo di Windom Earle (Kenneth Welsh) lasciano spazio anche alle disavventure di Dougie/Cooper con la moglie Janey-E (un'immensa Naomi Watts) e alle indagini paranormali di (un fenomenale) Gordon Cole (Lynch stesso) e della finalmente visibile Diane (incarnata ovviamente dalla musa-feticcio Laura Dern). E poi puntata dopo puntata un moltiplicarsi di prospettive e memorie e misteri che non sono mai la frammentazione di un'unita da ricomporre, ma una partizione infinita, una riproduzione fuori controllo e che rimarrà in sospeso. D'altronde se la seconda stagione si era conclusa in sospeso, con Cooper intrappolato nella Loggia Nera e il suo doppio posseduto da BOB a piede libero, questa non è da meno. [Attenzione Spoiler] Resteremo infatti ad arrovellarci sulle ultime parole del protagonista "Che anno è questo?", rivolte a una donna che potrebbe (come no) essere Laura Palmer. I due sono in una deserta e buia Twin Peaks (oppure no), davanti alla casa dei Palmer (forse no), ora abitata da una famiglia che non ha idea di chi siano. Ma prima di arrivare a quel punto (e capire meglio), fantastico è quello che succede nelle ultime puntate, che lasciano infiniti siparietti irrisolti e in dove ritornano invece le Strade perdute, e con loro anche gli scambi di identità e l'alternarsi di dimensioni parallele.
La forza dei due capitoli finali raggiunge l'apice quando Lynch introduce paradossi temporali, andando perfino a modificare immagini del primo Twin Peaks. Nel primo il Cooper malvagio viene ucciso e BOB rispedito nella Loggia Nera grazie al (super) pugno di Freddie Sykes. Il vero Coop saluta tutti, riuniti alla stazione dello sceriffo Truman (incluso Gordon Cole con la sua squadra e gli impagabili fratelli Mitchum), e parte per un viaggio nel passato per salvare Laura Palmer. Incredibile, sembra di essere di fronte a un vero e proprio happy ending. L'immagine del volto di Cooper in bianco e nero sovra-impressa sullo schermo però ci ricorda che nel regno di Lynch nulla è come sembra. Dato che lui torna alla notte del suo omicidio (grazie a un montaggio di scene del film Fuoco cammina con me) e la porta via prima che finisca nelle mani "sbagliate". Da questo momento la storia cambia il suo corso. Dale la prende per mano (rimaniamo paralizzati dall'emozione), lei ricorda di averlo sognato, parte la classica "Laura Palmer's Theme" di Angelo Badalamenti (bravo anche in quest'ultima stagione) e scende una lacrima, anche più di una. Laura chiede: "Dove stiamo andando?" e Dale risponde: "Andiamo a casa". E' potentissimo. Per qualche minuto Laura Palmer è salva. Non è mai morta. Non c'è nessun cadavere avvolto nella plastica, solo una ragazza salvata dal buon Cooper e portata fuori dal bosco. Non siamo di certo in un film di J.J. Abrams no, a Lynch non interessa il plot, lui cerca la poesia in quella forza visiva. E la trova. Però mentre attraversano il bosco per mano, Laura scompare con un urlo di terrore.
Nella seconda ora, Coop e Diane (quella vera), intraprendono un altro viaggio e oltrepassano uno dei portali che collegano la Terra con le altre dimensioni. Trascorrono la notte in un motel, dove fanno l'amore, e la mattina dopo l'agente trova un biglietto d'addio di Diane, peccato che sia firmato da Linda e rivolto a Richard: hanno forse assunto due nuove identità? L'agente arriva a Odessa, in Texas, dove bussa alla porta di una donna identica a Laura (la interpreta Sheryl Lee), il suo nome è Carrie Page e non sa di cosa Coop stia parlando, ma lo segue fino a Twin Peaks (anche perché in casa ha un cadavere, ma non fateci caso). Si ritrovano davanti alla villetta dei Palmer, bussano alla porta, ma di Sarah Palmer non c'è traccia e gli attuali inquilini non li conoscono. Cooper indietreggia, non capisce, finché si chiede disorientato: "Che anno è questo?", mentre Carrie/Laura lancia un altro urlo da brivido. Twin Peaks finisce così. Che cosa diavolo è successo? [Fine Spoiler] Inutile chiederselo, tuttavia al grande esperto Moz qualcosa ho chiesto e qualcosa ho capito dalle sue risposte, ma forse era ed è meglio godersi il viaggio, senza fretta, assaporando ogni singolo minuto di questa pellicola di 18 ore, dove Lynch non si è fatto mancare niente. Come il meraviglioso ottavo episodio, dove spiega la nascita del male a Twin Peaks a partire dal progetto Manhattan e dallo scoppio della prima bomba atomica.
La forza dei due capitoli finali raggiunge l'apice quando Lynch introduce paradossi temporali, andando perfino a modificare immagini del primo Twin Peaks. Nel primo il Cooper malvagio viene ucciso e BOB rispedito nella Loggia Nera grazie al (super) pugno di Freddie Sykes. Il vero Coop saluta tutti, riuniti alla stazione dello sceriffo Truman (incluso Gordon Cole con la sua squadra e gli impagabili fratelli Mitchum), e parte per un viaggio nel passato per salvare Laura Palmer. Incredibile, sembra di essere di fronte a un vero e proprio happy ending. L'immagine del volto di Cooper in bianco e nero sovra-impressa sullo schermo però ci ricorda che nel regno di Lynch nulla è come sembra. Dato che lui torna alla notte del suo omicidio (grazie a un montaggio di scene del film Fuoco cammina con me) e la porta via prima che finisca nelle mani "sbagliate". Da questo momento la storia cambia il suo corso. Dale la prende per mano (rimaniamo paralizzati dall'emozione), lei ricorda di averlo sognato, parte la classica "Laura Palmer's Theme" di Angelo Badalamenti (bravo anche in quest'ultima stagione) e scende una lacrima, anche più di una. Laura chiede: "Dove stiamo andando?" e Dale risponde: "Andiamo a casa". E' potentissimo. Per qualche minuto Laura Palmer è salva. Non è mai morta. Non c'è nessun cadavere avvolto nella plastica, solo una ragazza salvata dal buon Cooper e portata fuori dal bosco. Non siamo di certo in un film di J.J. Abrams no, a Lynch non interessa il plot, lui cerca la poesia in quella forza visiva. E la trova. Però mentre attraversano il bosco per mano, Laura scompare con un urlo di terrore.
Nella seconda ora, Coop e Diane (quella vera), intraprendono un altro viaggio e oltrepassano uno dei portali che collegano la Terra con le altre dimensioni. Trascorrono la notte in un motel, dove fanno l'amore, e la mattina dopo l'agente trova un biglietto d'addio di Diane, peccato che sia firmato da Linda e rivolto a Richard: hanno forse assunto due nuove identità? L'agente arriva a Odessa, in Texas, dove bussa alla porta di una donna identica a Laura (la interpreta Sheryl Lee), il suo nome è Carrie Page e non sa di cosa Coop stia parlando, ma lo segue fino a Twin Peaks (anche perché in casa ha un cadavere, ma non fateci caso). Si ritrovano davanti alla villetta dei Palmer, bussano alla porta, ma di Sarah Palmer non c'è traccia e gli attuali inquilini non li conoscono. Cooper indietreggia, non capisce, finché si chiede disorientato: "Che anno è questo?", mentre Carrie/Laura lancia un altro urlo da brivido. Twin Peaks finisce così. Che cosa diavolo è successo? [Fine Spoiler] Inutile chiederselo, tuttavia al grande esperto Moz qualcosa ho chiesto e qualcosa ho capito dalle sue risposte, ma forse era ed è meglio godersi il viaggio, senza fretta, assaporando ogni singolo minuto di questa pellicola di 18 ore, dove Lynch non si è fatto mancare niente. Come il meraviglioso ottavo episodio, dove spiega la nascita del male a Twin Peaks a partire dal progetto Manhattan e dallo scoppio della prima bomba atomica.
Guai però a dimenticare il surreale Dougie Jones, l'alter ego "addormentato" di Cooper che conquista tutti (anche se irritante seppur divertente), il ballo di Audrey Horne, che danza sognante sulle note della sua canzone simbolo (e probabilmente è diventata pazza), i siparietti di Gordon Cole & soci, i fratelli Mitchum (fantastico Jim Belushi) e le loro conigliette, le visioni del Gigante, l'Uomo Senza Braccio nella Loggia Nera. E si potrebbe andare avanti. Tuttavia Twin Peaks è difficile, lento fino allo sfinimento, non segue alcuna logica e non ha un ritmo seriale (anzi, non ha alcun ritmo), insomma, non è per tutti. Eppure, chi ama Lynch e riesce a vedere il mondo con i suoi occhi, non potrà che sognare assieme a lui. Lui che ci ricorda altresì che nel corso di diciassette episodi avevamo dimenticato una lezione fondamentale: Cooper non è di certo un supereroe. Né tantomeno è invincibile. Anzi forse non è affatto l'eroe designato per cambiare le sorti del destino e sconfiggere il male supremo. Avremmo dovuto ricordare il finale davanti allo specchio di ventisei anni fa. Coop aveva già perso in quel momento, spaesato davanti le creature della loggia. Adesso Twin Peaks si congeda ancora una volta davanti a un protagonista spaesato. Intrappolato in un'altra dimensione in cui la cittadina che amiamo e che ci terrorizza è abitata da perfetti sconosciuti.
Un quadro d'angoscia incasellato perfettamente dall'urlo di Laura Palmer. In quegli ultimi secondi Sheryl Lee è straordinaria, la vediamo prendere coscienza del suo status di vittima. Succede tutto in un momento e improvvisamente il risveglio dall'incubo ha una destinazione finale, anche noi con Laura ci risvegliamo dentro un lago di dolore. Ci vorrà tempo per metabolizzarlo. Perché come detto il finale di Twin Peaks 3 lascia i fan (e tutti) con dubbi, incertezze e un nuovo mistero da svelare, lasciando intendere che la battaglia tra Bene e Male continuerà ad esistere in eterno. Se la serie dovesse finire così, resteremo con l'amaro in bocca, ma si sa, l'estetica di David Lynch è così (e una nuova stagione sarebbe superflua, perché questa si chiude in modo tanto spiazzante quanto perfetto), voleva condurci attraverso un lungo viaggio nei meandri della mente (come aveva fatto Inland Empire), a cavallo tra sogno e realtà (come in Mulholland Drive) senza riuscire a distinguere le due cose. Eppure molte cose sono rimaste in sospeso, BOB è stato davvero sconfitto? Ci sono altre forze che governano Twin Peaks? In ogni caso, non lo sapremo mai. Per citare Monica Bellucci (una dei tanti camei della serie insieme a David Duchovny, Madeline Zima, Michael Cera, Ashley Judd, David Bowie, Meg Foster, Josh McDermitt, Sara Paxton, Tom Sizemore, Jennifer Jason Leigh e Tim Roth), nell'episodio 14 del revival: "Siamo sognatori. Ma chi è il sognatore?". In definitiva quindi, eccezionali gli artisti musicali, il cast, le visioni oniriche, intrigante l'aspetto visivo (tra cui macabri corpi e un corpo nudo) e sonoro (bellissimo riascoltare la "vecchia" sigla), un po' meno le sotto-trame e tanti situazioni fine a sé stessi, ma nel complesso ottimo ritorno. Voto: 8-
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