Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/11/2018 Qui - Basata sull'intramontabile romanzo omonimo (uno dei più celebri) di Agatha Christie, sceneggiata da Sarah Phelps e diretta da Craig Viveiros, Dieci piccoli indiani (And Then There Were None) è una miniserie televisiva britannica (composta originariamente da tre puntate e poi da due nell'edizione italiana) del 2015, una miniserie che, offrendo allo spettatore un adattamento contemporaneamente nuovo e fedele, non delude né i fan del romanzo, né quelli delle produzioni BBC (che negli ultimi anni sta proponendo discreti prodotti), perché riesce tenere incollato allo schermo anche chi conosce già la trama del giallo più venduto al mondo. Come in molti altri romanzi della Regina del Giallo, la scelta di una location circoscritta fa sì che il responsabile dei crimini si nasconda necessariamente fra i protagonisti, la miniserie infatti ci racconta di otto sconosciuti che vengono convocati dai misteriosi coniugi Owen nella loro tenuta (una villa principesca ed isolata, posta su di un isola al largo della costa del Devon), lì gli otto si uniranno ad una coppia di domestici che già si trova sul posto (10 personaggi, 10 piccoli indiani, come nella filastrocca per bambini), tutti che in attesa di incontrare i padroni di casa, ad uno ad uno però i convenuti iniziano a cadere come mosche (scatenando in questo modo fra i sopravvissuti la caccia all'assassino). Non era dunque facile mantenere alta la suspense, ma la realizzazione impeccabile, l'ottima recitazione degli attori, le atmosfere inquietanti e la colonna sonora adeguata costringono anche lo spettatore più consapevole a chiedersi se davvero il mistero si risolverà come da copione, quest'ultimo infatti offre tre ore di giallo/mystery ad alta dose di tensione emotiva. Così tanta che ci si ritrova comunque ad empatizzare con i personaggi, non così tanto innocenti. Perché anche non avendo letto il libro, quest'opera calligrafica, attenta alla confezione ed elegante nella forma e curata nella messa in scena, riesce davvero ad affascinare e coinvolgere.
Certamente i 180 minuti sono eccessivi se si pensa che il primo (e forse più riuscito) film tratto dal romanzo (era 1946) durava 86 minuti circa. Quindi un prodotto pensato per la tv, che tuttavia, anche concedendosi numerosi flashback nel tentativo di raccontare gli scheletri negli armadi di ogni personaggio, riesce nell'impresa di non perdere tensione nonostante la dilatazione dei tempi. Tensione (l'escalation degli omicidi) che rimane costante non tanto per i soliti escamotage (carrellate negli anfratti più nascosti della casa, rumori improvvisi e via dicendo), e non tanto in verità dal ritmo narrativo, seppur in costante accelerazione (da atmosfere sempre più cupe e da inquadrature via via più claustrofobiche che trasformano i preziosi, curatissimi interni in una prigione senza via di fuga) ma "solamente" ben cadenzato, quanto per le performance degli interpreti (su cui svettano la poliedrica Maeve Dermody, il carismatico Aidan Turner e un Charles Dance sempre meravigliosamente impenetrabile, non dimenticando tra gli altri Toby Stephens, Sam Neil e Douglas Booth) che si accusano l'un l'altro, non ammettono le proprie colpe, non vogliono espiare i propri peccati, ma verranno inchiodati alle rispettive responsabilità in modi non proprio ortodossi, attraverso il solito meccanismo di una morte dopo l'altra, fino allo svelamento finale, che meritava in verità un po' più di impegno. E insomma un lavoro che, seppur lontano dal far sobbalzare dalla poltrona, incuriosisce, convince e si fa valere abbastanza, anche perché tralasciando l'adattamento del romanzo della Christie, And Then There Were None è l'esempio di perfetto giallo. La miniserie infatti spalma la sua storyline equilibrando le due puntate in maniera eccelsa senza appesantirsi totalmente nella parte finale. La sempre presente cura al dettaglio, non solo scenografico, e interpretazioni ponderate, ma potenti e di grande impatto, sono difatti la formula perfetta per un prodotto televisivo ben riuscito, tanto da essere incredibilmente migliore dell'adattamento cinematografico fatto da Kenneth Branagh ad uno dei romanzi più famosi della scrittrice britannica, quel Assassinio sull'Orient Express che ha spaccato critica e pubblico, rimasto leggermente deluso da un adattamento carino ma freddo e non del tutto convincente. Voto: 6,5
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