Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/03/2019 Qui - Non sapendo cosa vedere, in una settimana in cui aspettavo completassero la messa in onda alcune serie che vedrò e recensirò prossimamente, ho puntato su una serie tv d'autore, una serie che raccontava la storia di una ricca famiglia di imprenditori del settore dei media che sembravano ricordare i Murdoch ma che non erano, ovviamente, i Murdoch, ma ho sbagliato cavallo. La serie pur non essendo un qualcosa di orrido, ma soltanto qualcosa di discreto interesse, non mi ha soddisfatto, tanto che per la prima volta potrei non vedere e non concludere un serial, dato che la serie è stata rinnovata per una seconda stagione. In ogni caso, realizzata dall'emittente televisiva statunitense HBO, Succession è creata da Jesse Armstrong e prodotta tra gli altri (anche dallo stesso creatore ed ideatore) da Adam McKay, sì proprio lui regista de La grande scommessa e di Vice, lui che firma anche come regista il primo episodio e da Will Ferrell, con Brian Cox nei panni di un magnate a capo di una famiglia disfunzionale e di un impero mediatico multimilionario. Succession (andata in onda su Sky Atlantic tra ottobre e novembre scorsi, ma comunque sempre disponibile su on demand) è infatti un cosiddetto family drama, a conferma di quanto ancora, paradossalmente, la famiglia nelle sue varie articolazioni interessi gli autori delle fiction e di conseguenza del pubblico, soprattutto in America da dove arriva anche il maggior numero di sit-com con storie di padri, madri e figli a confronto. Il più delle volte la famiglia è rappresentata come un modello astratto da accettare o rifiutare, invece che una realtà concreta da vivere, mettendo in ombra o addirittura in cattiva luce la famiglia cosiddetta tradizionale a beneficio di altre aggregazioni. Ma questa è una storia che conosciamo bene. Tornando invece a Succession, la storia che racconta, ambientata a New York, è quella della famiglia Roy, guidata dal patriarca ottantenne Logan (il rammentato Brian Cox, in verità l'unico personalmente parlando impeccabile nel suo ruolo), che nel giorno del suo ottantesimo compleanno, a seguito di un malore, finisce in coma all'ospedale in terapia intensiva. Da quel momento, tra i quattro figli (tre maschi e una femmina) accorsi al capezzale, si scatena la lotta per la successione, ignari che il colosso di famiglia, la "Waystar Royco", navighi in acque tutt'altro che tranquille. La ricerca del successore e il futuro dell'azienda diventano così il motore di tutte le vicende che animano la serie tv (di dieci puntate), anche quando tra lo stupore generale il vecchio Logan riapre improvvisamente gli occhi.
Cominciamo col dire che la serie ha un ritmo frenetico, per colpa di personaggi caratterialmente sempre in conflitto con se stessi, brillanti (anche se inutilmente volgari e troppo teatrali) dialoghi ed anche una buona colonna sonora che fa anche da titoli di testa (anche se questo leitmotiv ossessivo dopo un po' stanca parecchio), ma in questo family drama molto non va. Perché va bene che Succession è tutto il contrario di quello che di solito siamo abituati a vedere: qui non è l'amore e la comunione che regge i legami ma i giochi di potere, il massacro, l'odio e la paura a volte iniettata con cattiva ironia (con Dynasty tuttavia non regge il confronto), perché va bene che cinismo e sarcasmo sono gli ingredienti principali di una serie spietata in cui nessuno è perfetto, tutti hanno dei difetti e per lo spettatore è impossibile affezionarsi a qualcuno (con Billions tuttavia non regge il confronto, anche per quanto riguarda la "ricchezza" esercitata), ma è una riproposizione di stereotipi continui (droga, sesso, finanza e potere, con scene di nessun particolare impatto), con attori carismatici zero. Jeremy Strong, anche se il suo ruolo è quello di mostrare la sua incapacità di farsi rispettare, tutta la sua sofferenza per le attenzioni non avute, tutta la sua voglia di dimostrare più che di essere, dà solo ai nervi, Kieran Culkin (il fratello di Kevin), sfacciato, sfrontato, scapestrato figlio di Logan, che è l'immagine di ogni ricco, dà sui nervi anche lui, ed anche Sarah Snook (l'unica vera "luce"), come tutti gli altri, attori famosi e non, proprio non convincono. Solo il cugino Greg (Nicholas Braun), una figura ingenua all'apparenza, ma paradossalmente l'ennesimo squalo di una famiglia di squali, è un piacere seguire. Non particolarmente piacevole tutto il tessuto narrativo, anche perché Succession è una serie che vive dei suoi personaggi e della loro interazione, per questo devono essere tanti, la scena deve essere sempre piena di persone, di situazioni, di azioni, di parole, ecco, troppe persone, troppe situazioni, troppe azioni e troppe parole in una prima stagione che si chiude con rabbia e frustrazione, come la mia nei confronti di una serie sicuramente matura e di qualità (ideale forse per chi è stanco della serialità pop), ma che non fa e faceva per me, almeno non in questo modo non proprio personalmente interessante, che invece di intrattenere scontenta solamente. Voto: 5
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