mercoledì 27 novembre 2019

Euphoria (1a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/11/2019 Qui
Tema e genere: Scritta e diretta da Sam Levinson e prodotta dal rapper Drake, Euphoria è l'adattamento dell'omonima versione israeliana andata in onda tra il 2012 e il 2013. Siamo di fronte a un teen drama spregiudicato e a tinte forti pensato per un pubblico adulto, che tocca diverse tematiche complesse. C'è il tema della dipendenza, della sessualità, ci sono le dinamiche genitori/figli, la depressione e la malattia mentale.
Trama: Senza entrare troppo nel dettaglio (per evitare di fare spoiler, anche se poi è facile intuire alcune storie), Euphoria racconta semplicemente le vicende di un gruppo di liceali alle prime armi con droghe, sesso, identità, traumi, amore e amicizia.
Recensione: Primo teen drama di HBO, la serie Euphoria racconta le nuove generazioni in maniera schietta, a volte anche cruda ed estrema, con immagini esplicite dal contenuto sessuale o violento che non la rendono adatta, a dispetto del genere, agli adolescenti o giù di lì. Euphoria (trasmessa in Italia per intero da Sky Box e a puntate su Sky Atlantic da settembre scorso) parla infatti (senza filtri) di droghe, relazioni tossiche, rapporti familiari complicati, depressione e sessualità senza edulcorazioni. Nonostante i personaggi abbiano tra i sedici e i diciotto anni non ci sono prime volte, o sono rare, perché gli adolescenti protagonisti hanno già provato quasi tutto. Ogni puntata si apre con la presentazione di uno di loro, offrendo una panoramica dell'infanzia e della famiglia. Un quadro che evidenzia spesso un trauma in grado di spiegare, almeno in parte, perché sono diventati quelli che sono. Tutto viene filtrato dalle parole di Rue, narratrice e protagonista principale, interpretata dall'attrice Zendaya, nota finora per aver preso parte a prodotti di tutt'altro genere, a cominciare dagli show targati Disney fino all'approdo al cinema con Spider-Man - Homecoming e poi con il musical The Greatest Showman. La serie comincia proprio con la sua storia: la giovane soffre di attacchi di panico sin da bambina e ha cominciato presto a fare uso di droghe. Tale situazione si è aggravata al punto da costringerla a trascorrere l'estate in un rehab dopo essere entrata in coma per un'overdose. Le dipendenze che Euphoria affronta però non sono soltanto quelle da sostanze stupefacenti, riguardano anche la sfera emotiva, legate alla voglia di primeggiare, non deludere le aspettative e al desiderio, che si rivela illusione, di avere il controllo sugli altri e su se stessi. E però non seguiamo solo le vicende di Rue e della sua nuova "amica" Jules (una giovane transgender appena trasferitosi). Euphoria si sofferma puntata dopo puntata sulle storie degli altri protagonisti: facciamo così la conoscenza di Nate e di suo padre Cal, di Maddy, di Cassie e di Kat. I loro percorsi e le loro storie si intrecciano con quella di Jules e Rue. Festa dopo festa, dramma dopo dramma, vediamo l'amicizia tra le due crescere e le protagoniste cambiare, evolversi, avvicinarsi e allontanarsi con gli alti e bassi tipici dell'adolescenza. Parallelamente partecipiamo alle storie degli altri protagonisti, in un'altalena di emozioni che culmina in un finale aperto che getta le basi per la seconda stagione. Perché Rue è sì la figura centrale e a lei viene riservato un po' più di spazio, ma riusciamo a conoscere tutti i protagonisti, tramite un approfondimento psicologico importante (gli adulti sono nel migliore dei casi inutili, nel peggiore dannose e pericolose per i ragazzi che appaiono fragili e soli), e tramite problematiche diverse. Appunto, ciascuno di loro, nella propria storyline, porta avanti una tematica, una problematica specifica. È il modo migliore per perseguire l'intento di tracciare il quadro (certo, non universale) di una generazione (anche se poi non si sa quanto può essere davvero verosimile tutto quello che si vede).

Euphoria è insomma un teen drama che, un po' come Tredici, spinge a fare i conti con temi complessi e di forte impatto per lo spettatore. E lo fa calcando la mano: nella scrittura, nella regia e nella scelte tecniche. Sam Levinson dimostra una certa abilità sia come sceneggiatore che come regista: la serie ha una sceneggiatura con qualche difetto ma per lo più solida che è il punto di partenza per una regia di impatto. La narrazione e la regia hanno una coerenza interna apprezzabile: tutto ciò che vediamo in scena è raccontato in modo crudo e tagliente. Non c'è delicatezza, non c'è "tatto", tutto scorre sotto i nostri occhi (come detto) senza filtri. Euphoria mette infatti a nudo gli adolescenti, anche letteralmente parlando e soprattutto i maschi, mostrando dick pics, foto di nudes o sex tapes (forse anche troppo), che come spiega Rue sono ormai diventati la nuova moneta di scambio dell'amore. La telecamera indugia sui particolari, anche sui più intimi, senza nascondere nulla. I personaggi stessi sono scritti molto bene: ci troviamo sì di fronte a delle figure un po' stereotipate e prevedibili, ma non in modo fastidioso e retorico. Buona, la scelta di riservare uguale importanza alla storia personale di ciascun protagonista: tutte le puntate (ad eccezione del finale di stagione) sono impostate su uno dei personaggi. Il montaggio conferisce ritmo e dinamismo alla narrazione: i numerosi flashback arricchiscono il racconto senza frammentarlo e sono sempre funzionali allo sviluppo della storia. Apprezzabile anche la fotografia, con un predominio assoluto dei toni cromatici del blu e del porpora e un uso della luce come strumento per richiamare lo sguardo dello spettatore sui dettagli di una scena, esaltandoli. Tuttavia, l'immersiva e impattante messa in scena, non riesce a distrarci (collegandosi ai difetti dello script) dalla ripetitività di certi schemi narrativi datati in campo di teen drama (la giovane cicciottella con gli occhiali poco attraente per i coetanei che per essere "vista" è costretta a togliersi una maschera e indossarne un'altra, l'atleta frustrato con problemi di accettazione della sessualità, il padre di famiglia che reprime il figlio e ha una doppia vita con tanto di sex tape), e se da un lato promuove un modello di società aperta e progressista, dall'altro sembra ancora legata a quei meccanismi patriarcali tossici, a un tipo di racconto ormai superato, comportandosi come un adolescente che sbatte la porta in faccia alla ragione. Ma l'obbiettivo (forse ambizioso) di ridefinire certe regole di questo genere narrativo è centrato, e in modo brutalmente realistico (e senza indorare la pillola), affrontando tematiche difficilissime, con un impianto stilistico e tecnico a dir poco unici nel panorama del genere.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Per quanto Euphoria metta in campo temi molto complessi e si lanci in analisi spesso ficcanti, il suo stile (psichedelico, anche in campo musicale, quest'ultimo nel complesso affascinante) non è sempre così efficace, la serie è popolata da virtuosismi stilistici non sempre necessari che spesso appesantiscono il racconto, in particolare nella parte finale in cui i montaggi musicali e i ralenti tolgono forza allo show risultando nient'altro che uno sfoggio di mezzi abbastanza ombelicale. Nonostante questi difetti, Euphoria rimane una serie più che dignitosa e da non sottovalutare, che riesce a raccontare personaggi estremamente contemporanei sebbene a volte ecceda nell'essere smaccatamente "catchy", non di rado offrendo rappresentazioni femminili esageratamente erotizzate volte ad accattivare lo sguardo maschile e che non hanno alcuna controparte. La serie, comunque, può contare su interpretazioni intense. A tal proposito tra gli attori troviamo volti già noti come quello di Sydney Sweeney (quest'ultima già intravista in alcune serie tipo The Handmaid's Tale), che di recente ha avuto un piccolo ruolo in C'era una volta a...Hollywood, e quello dell'attore Algee Smith, visto in Detroit. Ma ovviamente è Zendaya la vera gemma di Euphoria. Spogliata della frizzantezza che l'aveva resa la bellezza inavvicinabile, ma comunque amorevole di cui rimanere conquistati, l'attrice (che dall'innocenza di Disney Channel è passata al divertissement di Spider-Man ed ai musical) mostra un altro volto. Un modo ben più strutturato e toccante con cui far esprimere la sua Rue, che nell'apatia anestetizzante della droga e della depressione svela una Zendaya dai movimenti e dalle espressioni accentuate, capaci però di scalfirti anche dove sembrava impossibile. E così nel complesso si può dire che Euphoria è una serie ben scritta e ben confezionata, che colpisce nei modi della narrazione e nei toni spregiudicati della messa in scena. Viene da chiedersi se e come nella seconda stagione (la serie tv HBO è infatti già stata rinnovata per una seconda stagione) Sam Levinson riuscirà a mantenere alto l'interesse del pubblico sulle vicende dei protagonisti. La cifra stilistica sembrerebbe quella giusta: Euphoria colpisce e non annoia, anche grazie a un uso sapiente di un certo tipo di umorismo.
Commento FinaleEuphoria tratta argomenti ormai abusati ma in maniera originale sia dal punto di vista narrativo che visivo, mostrando l'adolescenza con le sue fragilità e contraddizioni. Il risultato è disturbante, talvolta grottesco, ma efficace.
Consigliato: Sì, per la capacità di analizzare e approfondire i drammi di una generazione nata e cresciuta nel periodo del boom tecnologico.
Voto: 7

Aggiornamento alla Stagione 1 - Prima Parte

Commento pubblicato su Pietro Saba World il 22/02/2021 Qui - Poco più di un anno fa, l'ultimo episodio di Euphoria, teen drama spregiudicato e a tinte forti che, pensato per un pubblico adulto, toccava diverse tematiche complesse, il risultato era disturbante, talvolta grottesco, ma alquanto efficace. Tanto che anch'io ne rimasi discretamente ammaliato, e al netto dei difetti, la promossi a buoni voti. La notizia (due mesi fa) di uno speciale "natalizio" (diviso in due parti dedicate a Rue e Jules, i due personaggi più in vista della serie) mi spiazzò, per le atipiche modalità e il momento scelto, Sam Levinson veniva a patti con le restrizioni covid, con due attori e un solo set svuotato trasformava Euphoria in un quadro di Edward Hopper, un episodio minimale negli eventi ma strabordante di parole che non mi attirava granché. Stavo insomma per rinunciarci ma alla fine ho visto il primo "Trouble don't last always" e vedrò probabilmente anche il secondo, e ho fatto bene. È un episodio toccante e la bravura di due attori che intrattengono lo spettatore per l'intera durata della visione, senza annoiare è da sottolineare e ammirare, davvero bravi (Colman Domingo è Alì, sponsor di Rue). Lo spettatore si ritrova catturato da questo profondo e sofferto dialogo che analizza nel dettaglio la situazione attuale dei due personaggi, tormentati dalla loro vita. Si sentono prigionieri e carnefici di loro stessi e della loro malattia, perché è questo che è la tossico dipendenza, una malattia. Zendaya si riconferma una brava attrice che ha dimostrato di essere maturata molto in ambito artistico tanto da aggiudicarsi un Emmy Awards proprio per il ruolo di Rue in questa serie. Perfettamente in linea con la prima stagione, il risultato di questo primo episodio è infatti più che discreto, la conferma del mio voto/giudizio dategli a suo tempo.

Aggiornamento alla Stagione 1 - Seconda Parte

Commento pubblicato su Pietro Saba World il 26/03/2021 Qui - E' tornato, con il secondo episodio speciale, Euphoria, stavolta incentrato su Jules, dal titolo F*ck Anyone Who's Not a Sea Blob. Il primo era incentrato su Rue, nel quale la ragazza esprimeva le sue emozioni in modo crudo al suo sponsor, questo secondo si concentra invece sulla prima seduta di analisi della transessuale Jules (Hunter Schafer), nella quale ella si apre con difficoltà e ci permette di esplorare in modo più profondo la sua personalità e i suoi dilemmi interiori. I due episodi sono inoltre collegati tra di loro, verso la fine vediamo infatti un evidente legame tra i due episodi. Ma mentre il primo speciale si mostrava studiato e calibrato su ogni singolo fotogramma, questo secondo titolo si rivela meno dinamico e magnetico, più legato a necessità riepilogative piuttosto che a un vero prodotto artistico autonomo. La seduta di analisi ci porta nelle problematiche di un adolescente in transizione, con le sue paure e le sue fragilità, attraverso un viaggio tormentato identitario e sessuale, travagliato da un rapporto con il materno devastato dall'alcolismo del genitore. Insomma, se il primo speciale di Euphoria ci mostrava la tragedia e la lotta perpetua di una persona con dipendenze, il secondo mira a mostrarci effetti e conseguenze nella vita dei suoi cari. La spessa rete di delusioni, affetto, paure e odio che Jules prova verso sua madre porta la ragazza alla ricerca di una figura simile su cui proiettare l'amore che per autodifesa non può rivolgerle. La qualità dei dialoghi è altissima e la regia pienamente adeguata, il tema trasversale della transessualità, poi, si dimostra molto ben costruito e preciso nel restituirne le complesse sfaccettature. Ciò nonostante, questo spaccato di storia non riesce a prendere e a trascinare così come ha dimostrato di essere in grado di fare il capitolo dedicato a Rue. In ogni caso questo nuovo speciale si dimostra all'altezza delle aspettative, confermando il buon livello della serie.

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