mercoledì 27 novembre 2019

The Handmaid's Tale (3a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/11/2019 Qui
Tema e genere: Terza stagione per la distopica (drammatica) serie di produzione Hulu tratta dal romanzo Il Racconto dell'Ancella di Margaret Atwood.
Trama: June ha messo al sicuro sua figlia Nichole in Canada insieme all'amica Emily, ma è rimasta a Gilead per cercare di salvare anche la sua prima figlia, Hannah. La situazione a casa Waterford prevedibilmente precipita e June viene affidata a un nuovo comandante, Joseph Lawrence, lo stesso che aveva avuto in affidamento Emily. Lawrence è stato un importante ideologo del regime e tutt'ora riveste una posizione di grande potere, anche se in realtà nutre grandi sensi di colpa. La sua prima preoccupazione però non è la propria coscienza, bensì la salute della moglie, sull'orlo della follia. Nel mentre Serena Waterford inizia a tessere il proprio piano per riavvicinarsi a Nichole.
Recensione: La terza stagione di The Handmaid's Tale si riconferma come uno show di grande effetto e di grande impatto, sia sul piano contenutistico sia sul piano estetico (Gilead è ancora lì, sui piccoli schermi, e da lontano ci osserva, ci minaccia e ci inquieta). Questa stagione infatti (disponibile su TimVision), è il perfetto terzo atto di un racconto la cui evoluzione rispecchia sempre di più i nostri tempi. La prima stagione dell'acclamata serie Hulu aveva colpito per il mondo distopico che era riuscita a portare in scena: dal libro di Margaret Atwood (che a quanto pare starebbe lavorando ad un sequel letterario) alla serie tv, The Handmaid's Tale aveva scosso l'opinione pubblica, acceso dibattiti e fatto pensare che non sarebbe stato possibile essere ancora più cupi. La smentita è arrivata con la seconda stagione, sicuramente non perfetta ma non una passeggiata dal punto di vista emotivo, che è servita a porre le basi per il terzo atto rappresentato, appunto, dalla terza stagione. Se nella seconda stagione la protagonista, ormai chiamata definitivamente con il suo nome di battesimo e non da Ancella, ha affrontato una gravidanza, la rassegnazione e quindi il distacco dalla figlia appena nata, nella terza deciderà di alzare la testa (non è un caso che il suo sguardo ora sia decisamente ben differente da quello che sì è conosciuto). The Handmaid's Tale 3 è difatti la stagione della rivolta, tanto auspicata nelle prime due stagioni ma vista ancora da lontano. Ora, invece, è arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti: la prima a pensarla così è proprio la protagonista, che sceglie di non scappare in Canada e salvarsi, ma di affidare la figlia ad Emily (Alexis Bledel) e di restare a Gilead per combattere il nemico dall'interno. Ad aiutarla, oltre ad alcune Ancelle ribelli, anche un insolito alleato, il Comandante Joseph Lawrence (Bradley Whitford), ed alcune Marte.

E' così che The Handmaid's Tale cambia nuovamente forma e passa da una semplice seppur ipnotica rappresentazione dei fatti ad un thriller in cui l'azione determinerà il futuro dei suoi protagonisti. Un vento di ribellione, quello a cui assistiamo, che soffia in due direzioni: una è quella dei personaggi sottomessi (leggasi le Ancelle e le Marte), l'altra è quella dell'intero universo femminile della serie. Vista come la nemesi di June nelle prime due stagioni, Serena (Yvonne Strahovski), ora, non diventa alleata della Rivoluzione ma inizia a percepire che qualcosa di sbagliato, nel regime che ha sostenuto, c'è. Ed anche in Canada, dove ritroviamo Moira (Samira Wiley), gli echi di quanto sta succedendo in Gilead arrivano, influenzando pareri ed alimentando timori. All'ottima confezione presente fin dalla prima stagione, The Handmaid's Tale ha aggiunto, nella seconda stagione prima e nella terza ora, dei tasselli che hanno alimentato quel corpo da cui è composto la serie. Se prima era immobile, pian piano si è messo in moto, e la sensazione che debba ancora iniziare a correre. The Handmaid's Tale 3 diventa così una stagione di transizione, che non lascia nulla al caso e che, soprattutto, riesce sempre più inquietantemente a raccontare una realtà da cui scappare, quella Gilead che, a leggere alcune notizie, non è solo lì, sui piccolo schermi, ma anche qui, tra le nostre città. Certo, ci sono ugualmente le note negative, una su tutte quella riguardante Ann Dowd, alla cui Zia Lydia viene riservato un banale episodio di approfondimento e poco altro, ma il compito di uscire da alcune secche dell'annata precedente è riuscito, infatti dopo i primi episodi di assestamento ci riesce piuttosto bene, portando June a mettere alla prova i propri limiti morali. Se difatti la seconda stagione era spesso una sequenza, anche stancante e discutibile, di torture e uccisioni, in questa nuova annata il tormento si fa (e torna ad essere) più psicologico. Non che manchino passaggi di orrore tra impiccagioni e menomazioni ma l'intreccio è più complesso, sottile e meno ripetitivo. Ed è così che The Handmaid's Tale torna a colpire, sullo stomaco e nel cuore, rimanendo una delle serie più angoscianti degli ultimi tempi.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Nonostante la stagione 3 di The Handmaid's Tale non torni a toccare le vette stilistiche e narrative della prima (anche se la messa in scena comunque mantiene una gran cura formale e sia Mike Barker, che dirige diversi episodi, sia le registe chiamate a portare uno sguardo più femminile, si avvalgono di inquadrature a piombo e di composizioni visive che valorizzano le peculiarità dei sinistri costumi delle ancelle, l'atmosfera a cui danno vita questi tableaux vivants è forse diventata famigliare, ma continua a essere quello che rende The Handmaid's Tale una serie unica), essa riesce a scrollarsi di dosso alcuni dei problemi della seconda stagione, uscendo dal triangolo DiFred/Serena/Fred e ampliando i suoi punti di vista, andando a visitare nuovi luoghi, nuovi personaggi, nuovi incastri e nuove situazioni. Tuttavia, nonostante questo sviluppo del mondo del racconto, i tredici episodi sembrano comunque troppi e d'accordo che il ritmo di The Handmaid's Tale è sempre stato interiore e rarefatto, anche perché racconta in sostanza di una prigionia dove il tempo sembra non trascorrere mai, ma arrivati alla terza stagione il risultato è piuttosto risaputo. Si tenta come in passato di scuotere il racconto con l'inserimento di brani pop, a volte con esito felice e a volte molto meno. Straordinaria come sempre Elisabeth Moss ed efficace anche Bradley Whitford, ma la nuova stagione non offre grandi occasioni (anche se odiosa nel suo essere odiosa) ad Ann Dowd. L'episodio dedicatole, con vari flashback sul passato di Zia Lydia, svela la banalità del male ma per questa ragione è anche poco avvincente, nonostante l'ottima prova dell'attrice. Lo stesso si può dire della puntata dedicata alla ripresa dal trauma di Emily, che cerca di ristabilire un rapporto con la precedente compagna: un episodio teoricamente importante ma in pratica privo dell'urgenza necessaria a questo punto della serie, anche perché poi Emily non si vedrà quasi più.
Commento Finale: La terza stagione di The Handmaid's Tale si dimostra in linea con le parti precedenti e ne rimane piuttosto coerente. Il cast riconferma le sue doti ammirevoli e i contenuti piuttosto grevi sono sostenuti da un'estetica convincente e in linea con il contesto del genere distopico. Tuttavia, lo sviluppo di alcuni passaggi della trama e dello sviluppo di alcuni personaggi, convincono un po' meno per il continuo cambio di direzione che essi subiscono. Poco convincenti sono gli episodi di raccordo, che minacciano il futuro sviluppo della storia: diluire troppo o creare troppe parentesi diventa un'operazione dispersiva, anche nelle migliori serie. Proprio per questo, per quanto ci si possa affezionare a questa complessa e durissima serie, ci si augura sinceramente che non venga tirata esageratamente per le lunghe per meri interessi commerciali.
Consigliato: Una terza parte brutale e coerente con le precedenti, ma con qualche piccola pecca. Tuttavia consigliabile in toto ai fan.
Voto: 8--

Nessun commento:

Posta un commento