sabato 23 novembre 2019

Ballers (4a stagione)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/10/2019 Qui - In attesa della quinta (ed apparentemente) ultima stagione, ecco la quarta stagione di Ballers, la serie tv ambientata nel mondo del football, dove presenza dominante è sempre Dwayne "The Rock" Johnson, l'attore più pagato al mondo, che qui troviamo sempre più centrato che nei vari film muscolari per adolescenti (e non). Nelle prime tre stagioni (quiqui e qui) l'azione si svolgeva a Miami, nell'ambiente che ruotava intorno ai Dolphins e alle vicende di Spencer Strasmore, ex campione con ambizioni nel mondo della finanza. Giocatori, procuratori, groupie, giornalisti, gente senza arte né parte che vivono delle briciole della NFL. La forza della serie era (ed è) proprio questa: una notevole credibilità nel raccontare i meccanismi imprenditoriali e mediatici dello sport, con ironia (molti personaggi sono al confine della macchietta, alla fine anche il socio di Strasmore, Rob Corddry) e un certo senso critico. La NFL e soprattutto la NCAA ne escono (soprattutto in questa stagione) a pezzi, un po' monopolisti e un po' maneggioni, o comunque con l'immagine di un circolo di pescecani bianchi che si arricchiscono sulla pelle degli atleti afroamericani, cioè del 75% del personale della NFL. La questione razziale è non a caso un grande asso nella manica di Ballers: sempre latente e a volte manifesta, mette in contrasto soprattutto i neri integrati con quelli che del sistema sfruttano soltanto i soldi ma senza crederci. Tema ben trattato, tranne che nella quarta serie (questa), ambientata per lo più a Los Angeles, piena di pistolotti anti-Trump e in palese malafede, come quando si vuole dimostrare che la base del trumpismo sono le élite (invece è certificato che sono i bianchi di classe media e bassa).
Il motivo per cui la quarta serie è piaciuta di meno non è però questo, ma l'improbabilità della storia: consulenti di giocatori di football che si trasformano in imprenditori televisivi di una rete che punta su surf e skateboard, roba degna del leggendario Usa Today condotto da Giorgio Mastrota. Speriamo che nella quinta stagione si torni a Miami o che comunque si torni a raccontare il lato meno conosciuto del più americano degli sport americani. Rimane il fatto che molti personaggi siano centratissimi, a partire dal protagonista: l'ex campione che vuole dimostrare di non essere stato grande solo in campo, ma privo della concretezza di chi campione non è stato. I preferiti sono però Reggie, di professione amico del giocatore (tutti conosciamo nella realtà decine di Reggie, dispensatori di notizie e richiedenti seriali di favori), e Ricky Jerret, giocatore sul viale del tramonto e pieno di contraddizioni (interpretato sempre bene da John David Washington, che in BlacKkKlansman ha dato prova del suo gran talento). Fra i personaggi minori menzione d'onore per TTD, assistente-amico di Ricky, e Jay Glazer nei panni di sé stesso, cioè un giornalista (sia pure con altro nome) famoso. Oltre a Glazer tanti i personaggi del football e dello sport americano nei panni di sé stessi, a seconda degli episodi. E comunque tra i "nuovi" personaggi, da segnalare uno interpretato da Russell Brand, ovviamente uno sopra le righe. Unico limite di Ballers, limite gestito nelle prime tre stagioni e diventato fastidioso nella quarta, è il politicamente corretto stile Hollywood, che va paradossalmente contro le proprie, ufficialmente buone, intenzioni. Se vuoi dimostrare che i neri sono considerati dalla società americana solo quando giocano a football o fanno i rapper, non puoi mostrare che il 90% dei medici e il 50% degli avvocati che si vedono in Ballers è nero. In un paese, oltretutto, in cui può definirsi afroamericana circa il 13% della popolazione. Detto questo, non siamo di fronte al capolavoro ma certo ad una serie da cui è (ancora) impossibile staccarsi. Voto: 5,5

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