Con il termine pubblicità si intende quella forma di comunicazione di massa usata dalle imprese per creare consenso intorno alla propria immagine ovvero per conseguire i propri obiettivi di marketing. La caratteristica principale della comunicazione pubblicitaria è di diffondere messaggi preconfezionati a pagamento attraverso i mass-media. L'obiettivo è che il consenso si trasformi in atteggiamenti o comportamenti positivi da parte del pubblico o consumatore che non consistono solo o semplicemente nell'acquisto del prodotto o servizio.
La pubblicità informa, persuade, seduce il pubblico ed è ritenuta
corretta se fidelizza l'utente finale in base a principi civili e
umanizzanti. Si tante belle parole, tante cose giuste e buone per sintetizzare il suo concetto, però adesso basta, non se ne può più di tutte queste pubblicità in giro, nelle strade, nelle tecnologie, nei giornali, ovunque sei, ovunque stai. Certo è normale di questi tempi, ma mi da molto fastidio che usino qualunque mezzo per raggiungere i loro obiettivi, le odiose pubblicità prima nei video di youtube per non parlare di internet, letteralmente invaso, come nei cellulari, smartphone, tablet soprattutto nei giochi, in televisione, veramente seccante durante i film (per fortuna con mysky qualunque cosa registro posso togliere la pubblicità andando avanti), nei giornali di qualunque genere ma anche e soprattutto nelle strade, con cartelloni affissi ovunque, davanti pure a monumenti, chiese per coprire i lavori, indecenti. Pensare poi che uno dei posti più famosi e visitati al mondo come si evince dalla foto è Times Square di New York, praticamente una pubblicità a cielo aperto, certo bello lo è sicuramente ma è veramente incredibile a che punto siamo arrivati. Ci sono ovviamente diversi tipi di pubblicità e tra le classificazioni della pubblicità, forse la più semplice e basilare è la classificazione in relazione al fine ultimo profit/non profit, e cioè se la réclame è più o meno a scopo di lucro: quella commerciale (la forma di pubblicità più diffusa, più pressante e opprimente); quella sociale (la più utile e importante); quella pubblica (anch'essa in certi casi utile); quella politica (in verità propaganda); la 'Advocacy advertising', cioè quella volta a promuovere un consenso relativo a tematiche su cui esiste una divergenza di opinioni; e tante molte altre classificazioni, che non necessariamente si escludono a vicenda. Si può andare da
classificazioni molto generiche, come ad esempio quella in relazione al
tipo di medium (mezzo) che veicola la réclame fino a classificazioni piuttosto specifiche come ad esempio quelle in relazione al tipo di target (ossia il destinatario). Insomma tante e diverse, alcune fastidiose altre utilissime ma sempre opprimenti, il problema però è, a chi dare la 'colpa' di tutto ciò? chi ha inventato questo 'malefico' mezzo così da prenderlo a cinghiate?
Difficile da capire e sapere precisamente, perché la pubblicità ha radici antiche, ed è intimamente collegata con lo sviluppo delle prime attività commerciali e dalle relative iscrizioni, insegne o simboli merceologici. A Pompei per esempio si possono leggere ancora oggi delle scritte, sui muri delle case romane distrutte dal vulcano nel 79 d.C., che invitano i passanti a votare per un certo candidato alle elezioni. La situazione poi si evolverà in Europa con l'invenzione della stampa. Dal 1400 i primi opuscoli e annunci pubblicitari. Con la rivoluzione industriale poi e l'aumento della produzione di merci si è imposto il modello pubblicitario che noi conosciamo: il prodotto di una scienza che usa tecniche raffinate e si avvale dell'apporto di psicologi, artisti, disegnatori e registi famosi. Un fenomeno che coinvolge soprattutto adesso, masse enormi di persone, un'industria che investe ingenti capitali, impiega intelligenze sopraffine e dà lavoro a milioni di persone (l'unico elemento che davvero conti, perché nonostante sia odiosa produce tanti posti di lavoro). In Italia la situazione era più complessa, poiché alla fine del XIX vi era un'alta percentuale di analfabetismo. Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate réclame) iniziano a diffondersi con la nascita dei giornali tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, sulle ultime pagine dei quotidiani. All'inizio solo con testi e disegni, poi e spesso si usavano i verbi all'imperativo: 'Bevete', 'Prendete'. Con la pubblicità murale invece la comunicazione si è sviluppata diversamente e, grazie all'opera di vari cartellonisti è diventata una vera e propria forma d'arte. Sempre in Italia però la cultura del secondo dopoguerra, che vedeva la réclame come un qualcosa di negativo, ha dato vita ad una forma di pubblicità televisiva paradossalmente molto creativa e unica al mondo: Carosello, avvincente, bello, istruttivo e anche divertente oltre che simpatico. Ma uno dei quesiti di fondo della pubblicità è: la pubblicità funziona? (ovvero: la pubblicità serve, oppure il mercato funzionerebbe alla stessa identica maniera anche senza di essa?).
Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto stabilire cosa s'intende per pubblicità efficace, e quindi stabilire qual è lo scopo della pubblicità stessa. È innegabile che agli occhi di un utente (ad esempio un'azienda) una pubblicità efficace è quella che fa guadagnare soldi, perciò lo scopo della pubblicità, il motivo per cui s'investe denaro in uno spot televisivo o altro, è quello di vendere di più il proprio prodotto. Sebbene questa concezione sia legittima, non è corretta, per il semplice fatto che, tra la messa in circolazione di una réclame e il momento in cui un consumatore finalmente compra il prodotto pubblicizzato, intercorrono talmente tante variabili che non ha senso collegare questi due punti con una semplice freccia. È pur vero che per una certa categoria di prodotti uno schema così semplice come quello stimolo-risposta («vedi la pubblicità/compri il prodotto») può anche essere appropriato, ma i prodotti in questione sono quasi sempre beni che comportano un minimo investimento economico e soprattutto scarse implicazioni a livello emotivo: sono di solito beni di largo consumo impiegati per le esigenze quotidiane (come l'acqua minerale, la benzina o la carta igienica), e che vengono acquistati quindi con una certa regolarità e che hanno delle alternative altrettanto valide. E in ogni caso le forti associazioni, gli automatismi che si possono instaurare nella mente del consumatore grazie a questo tipo di pubblicità («il livello delle vendite è in funzione della quantità di pubblicità») sono assai fragili e contingenti. Per tutto il resto la questione è assai più complessa. Innanzitutto fra lo stimolo e la risposta c'è una persona che pensa, che ha un suo modo di reagire ai tentativi di persuasione, che ha un suo modo di percepire la pubblicità, che ha le sue motivazioni nei confronti del prodotto reclamizzato, e che ha i suoi atteggiamenti nei confronti della marca in discussione. Più in generale che ha una propria personalità e che reagisce alla pubblicità in base ai tratti di tale personalità. Ma tutto dipende dal mittente, dal tipo di mezzo di comunicazione, dal messaggio stesso e fondamentalmente dal prodotto. Bisogna poi mettere in conto, la creatività, a chi la rivolgi e il contesto. Tante variabili che non rispondono alla domanda, personalmente non mi fa un grande effetto, però in certi casi funziona. Addirittura grazie ad una famosa pubblicità non solo ha funzionato a meraviglia, ma ha creato e valorizzato il mito di Babbo Natale, incredibile e pazzesco.
Sottolineo poi un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti, che la pubblicità sia onnipresente: si calcola che una persona in una giornata media veda, a seconda delle stime, un qualcosa che oscilla tra i trecento e i tremila annunci. Alcuni individui e movimenti sono contrari all'influenza di questo fenomeno, e militano contro di esso (e fanno forse bene). Criticando il contenuto e il contenente, gli abusi, il sessismo e l'essenza stessa del fenomeno Pubblicità, convinti della grande potenza persuasiva della pubblicità stessa. Poiché sempre secondo questi individui (in certi casi giustamente) la pubblicità influisce in modo incisivo sugli atteggiamenti e sui comportamenti dei consumatori, riesce a manipolare, senza che il consumatore ne sia consapevole, la sua volontà, considera il consumatore passivo e sostanzialmente stupido, ed è in grado di incidere sia sulle vendite di singole marche sia sulla vendita di interi settori merceologici, ispirandosi ad una strategia d'attacco per essere più efficace. Non tutti ovviamente sono d'accordo con questa teoria, però resta il fatto che ha rivoluzionato il modo di pensare e agire, cambiando in modo significativo il mercato. Curiosamente poi le riviste che nel mondo si occupano di pubblicità a vari livelli sono numerose, così come i dizionari enciclopedici dedicati totalmente o in significativa parte alla pubblicità o alla grafica pubblicitaria, ma anche saggi e libri sull'argomento. Un argomento complesso, lungo e intricato, quindi per adesso può bastare così. Comunque quello che ho scritto non è tutta farina del mio sacco, è quello che ho trovato, scovato e cercato in Internet, sono fatti veri e coadiuvati da molte fonti storiche e non. Alla fine però come la si vuol vedere, nel mondo ci sono, in ogni caso, pubblicità belle e divertenti, alcune pazze e sceme, irriverenti e ripetitive, e quelle a cui siamo affezionati, come quella della foto di questa porzione di post. Ma non è l'unica, negli anni 90 c'è stato un boom (con Mediaset) e tante pubblicità erano, sì meno curate di adesso, ma più vere e strutturate in modo quasi impeccabile. Diversi modi, stili ma sempre con uno scopo preciso, non solo far divertire per farla funzionare a dovere, ma attirare l'attenzione anche con certi espedienti o novità. Personalmente odio quelle dei profumi, quelle ingannevoli di certi prodotti potenzialmente buoni ma deludenti, e tutte quelle che interrompono qualcosa, rompendo quindi le scatole. Vorrei poi infine soffermarmi su alcune pubblicità di cui si parla tanto: ma secondo voi quanti soldi hanno dato a Bruce per sembrare scemo? e perché Banderas si è ridotto in quel modo? quando finiranno di rifilarci i soliti cliché pubblicitari a ripetizione? e infine come fa l'individuo della macchina con il retrovisore incorporato (di una famosa marca) a passare in mezzo tra la moto e la macchina appena dopo averla parcheggiata a 5 centimetri dalla moto del tizio assomigliante a Babbo Natale? mistero. Ma in fin dei conti il problema non sono le ditte o aziende che fanno pubblicità, è che anche noi come persona siamo mezzi di comunicazione, senza accorgerci, perché quello che compriamo o facciamo indirizza la gente sui gusti degli altri, noi blogger per esempio siamo veicoli per pubblicizzare noi stessi e il nostro blog. Il fenomeno però è in continua crescita ed evoluzione, è questo il problema più importante, ma noi siamo davvero pronti ad essere, ancora e per sempre, minacciati dall'invasione sempre più aggressiva e onnipresente della pubblicità che già ci attanaglia da secoli? Dobbiamo tenerci pronti e sopportare. Ma dopo aver esaminato a fondo la vicenda, io proporrei un editto pubblico (petizione) per abolire la pubblicità, chi è con me?
Difficile da capire e sapere precisamente, perché la pubblicità ha radici antiche, ed è intimamente collegata con lo sviluppo delle prime attività commerciali e dalle relative iscrizioni, insegne o simboli merceologici. A Pompei per esempio si possono leggere ancora oggi delle scritte, sui muri delle case romane distrutte dal vulcano nel 79 d.C., che invitano i passanti a votare per un certo candidato alle elezioni. La situazione poi si evolverà in Europa con l'invenzione della stampa. Dal 1400 i primi opuscoli e annunci pubblicitari. Con la rivoluzione industriale poi e l'aumento della produzione di merci si è imposto il modello pubblicitario che noi conosciamo: il prodotto di una scienza che usa tecniche raffinate e si avvale dell'apporto di psicologi, artisti, disegnatori e registi famosi. Un fenomeno che coinvolge soprattutto adesso, masse enormi di persone, un'industria che investe ingenti capitali, impiega intelligenze sopraffine e dà lavoro a milioni di persone (l'unico elemento che davvero conti, perché nonostante sia odiosa produce tanti posti di lavoro). In Italia la situazione era più complessa, poiché alla fine del XIX vi era un'alta percentuale di analfabetismo. Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate réclame) iniziano a diffondersi con la nascita dei giornali tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, sulle ultime pagine dei quotidiani. All'inizio solo con testi e disegni, poi e spesso si usavano i verbi all'imperativo: 'Bevete', 'Prendete'. Con la pubblicità murale invece la comunicazione si è sviluppata diversamente e, grazie all'opera di vari cartellonisti è diventata una vera e propria forma d'arte. Sempre in Italia però la cultura del secondo dopoguerra, che vedeva la réclame come un qualcosa di negativo, ha dato vita ad una forma di pubblicità televisiva paradossalmente molto creativa e unica al mondo: Carosello, avvincente, bello, istruttivo e anche divertente oltre che simpatico. Ma uno dei quesiti di fondo della pubblicità è: la pubblicità funziona? (ovvero: la pubblicità serve, oppure il mercato funzionerebbe alla stessa identica maniera anche senza di essa?).
Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto stabilire cosa s'intende per pubblicità efficace, e quindi stabilire qual è lo scopo della pubblicità stessa. È innegabile che agli occhi di un utente (ad esempio un'azienda) una pubblicità efficace è quella che fa guadagnare soldi, perciò lo scopo della pubblicità, il motivo per cui s'investe denaro in uno spot televisivo o altro, è quello di vendere di più il proprio prodotto. Sebbene questa concezione sia legittima, non è corretta, per il semplice fatto che, tra la messa in circolazione di una réclame e il momento in cui un consumatore finalmente compra il prodotto pubblicizzato, intercorrono talmente tante variabili che non ha senso collegare questi due punti con una semplice freccia. È pur vero che per una certa categoria di prodotti uno schema così semplice come quello stimolo-risposta («vedi la pubblicità/compri il prodotto») può anche essere appropriato, ma i prodotti in questione sono quasi sempre beni che comportano un minimo investimento economico e soprattutto scarse implicazioni a livello emotivo: sono di solito beni di largo consumo impiegati per le esigenze quotidiane (come l'acqua minerale, la benzina o la carta igienica), e che vengono acquistati quindi con una certa regolarità e che hanno delle alternative altrettanto valide. E in ogni caso le forti associazioni, gli automatismi che si possono instaurare nella mente del consumatore grazie a questo tipo di pubblicità («il livello delle vendite è in funzione della quantità di pubblicità») sono assai fragili e contingenti. Per tutto il resto la questione è assai più complessa. Innanzitutto fra lo stimolo e la risposta c'è una persona che pensa, che ha un suo modo di reagire ai tentativi di persuasione, che ha un suo modo di percepire la pubblicità, che ha le sue motivazioni nei confronti del prodotto reclamizzato, e che ha i suoi atteggiamenti nei confronti della marca in discussione. Più in generale che ha una propria personalità e che reagisce alla pubblicità in base ai tratti di tale personalità. Ma tutto dipende dal mittente, dal tipo di mezzo di comunicazione, dal messaggio stesso e fondamentalmente dal prodotto. Bisogna poi mettere in conto, la creatività, a chi la rivolgi e il contesto. Tante variabili che non rispondono alla domanda, personalmente non mi fa un grande effetto, però in certi casi funziona. Addirittura grazie ad una famosa pubblicità non solo ha funzionato a meraviglia, ma ha creato e valorizzato il mito di Babbo Natale, incredibile e pazzesco.
Sottolineo poi un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti, che la pubblicità sia onnipresente: si calcola che una persona in una giornata media veda, a seconda delle stime, un qualcosa che oscilla tra i trecento e i tremila annunci. Alcuni individui e movimenti sono contrari all'influenza di questo fenomeno, e militano contro di esso (e fanno forse bene). Criticando il contenuto e il contenente, gli abusi, il sessismo e l'essenza stessa del fenomeno Pubblicità, convinti della grande potenza persuasiva della pubblicità stessa. Poiché sempre secondo questi individui (in certi casi giustamente) la pubblicità influisce in modo incisivo sugli atteggiamenti e sui comportamenti dei consumatori, riesce a manipolare, senza che il consumatore ne sia consapevole, la sua volontà, considera il consumatore passivo e sostanzialmente stupido, ed è in grado di incidere sia sulle vendite di singole marche sia sulla vendita di interi settori merceologici, ispirandosi ad una strategia d'attacco per essere più efficace. Non tutti ovviamente sono d'accordo con questa teoria, però resta il fatto che ha rivoluzionato il modo di pensare e agire, cambiando in modo significativo il mercato. Curiosamente poi le riviste che nel mondo si occupano di pubblicità a vari livelli sono numerose, così come i dizionari enciclopedici dedicati totalmente o in significativa parte alla pubblicità o alla grafica pubblicitaria, ma anche saggi e libri sull'argomento. Un argomento complesso, lungo e intricato, quindi per adesso può bastare così. Comunque quello che ho scritto non è tutta farina del mio sacco, è quello che ho trovato, scovato e cercato in Internet, sono fatti veri e coadiuvati da molte fonti storiche e non. Alla fine però come la si vuol vedere, nel mondo ci sono, in ogni caso, pubblicità belle e divertenti, alcune pazze e sceme, irriverenti e ripetitive, e quelle a cui siamo affezionati, come quella della foto di questa porzione di post. Ma non è l'unica, negli anni 90 c'è stato un boom (con Mediaset) e tante pubblicità erano, sì meno curate di adesso, ma più vere e strutturate in modo quasi impeccabile. Diversi modi, stili ma sempre con uno scopo preciso, non solo far divertire per farla funzionare a dovere, ma attirare l'attenzione anche con certi espedienti o novità. Personalmente odio quelle dei profumi, quelle ingannevoli di certi prodotti potenzialmente buoni ma deludenti, e tutte quelle che interrompono qualcosa, rompendo quindi le scatole. Vorrei poi infine soffermarmi su alcune pubblicità di cui si parla tanto: ma secondo voi quanti soldi hanno dato a Bruce per sembrare scemo? e perché Banderas si è ridotto in quel modo? quando finiranno di rifilarci i soliti cliché pubblicitari a ripetizione? e infine come fa l'individuo della macchina con il retrovisore incorporato (di una famosa marca) a passare in mezzo tra la moto e la macchina appena dopo averla parcheggiata a 5 centimetri dalla moto del tizio assomigliante a Babbo Natale? mistero. Ma in fin dei conti il problema non sono le ditte o aziende che fanno pubblicità, è che anche noi come persona siamo mezzi di comunicazione, senza accorgerci, perché quello che compriamo o facciamo indirizza la gente sui gusti degli altri, noi blogger per esempio siamo veicoli per pubblicizzare noi stessi e il nostro blog. Il fenomeno però è in continua crescita ed evoluzione, è questo il problema più importante, ma noi siamo davvero pronti ad essere, ancora e per sempre, minacciati dall'invasione sempre più aggressiva e onnipresente della pubblicità che già ci attanaglia da secoli? Dobbiamo tenerci pronti e sopportare. Ma dopo aver esaminato a fondo la vicenda, io proporrei un editto pubblico (petizione) per abolire la pubblicità, chi è con me?
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